Nel corso della sua visita di Stato in Italia (20-22 novembre), il Primo Ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan ha tenuto un discorso all’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) di Milano. Del suo intervento estrapoliamo la seconda parte incentrata sulla questione del Nagorno Karabakh-Artsakh. Il grassetto è nostro redazionale.

Tutti voi qui sapete che l’Armenia si trova in una regione instabile con molti rischi e sfide per la sicurezza. I conflitti irrisolti, che stanno producendo continue tensioni, una corsa agli armamenti e una politica di odio, sono ancora vivi nel Caucaso meridionale.

Trenta anni dopo la caduta del muro di Berlino, due dei quattro confini dell’Armenia – quelli con Turchia e Azerbaigian – sono rimasti sigillati da circa tre decenni. Rifiutando di stabilire relazioni diplomatiche con l’Armenia e aiutando apertamente l’Azerbaigian contro l’Armenia e il Nagorno Karabakh, la Turchia rimane una grave minaccia alla sicurezza per l’Armenia e per il popolo armeno che ha subito il primo genocidio del 20° secolo nell’Impero ottomano e continua ad affrontare la feroce negazione di verità e giustizia.

Sebbene le altre due frontiere con i nostri amici, la Georgia e l’Iran, siano aperte, tuttavia, in termini di efficienza economica, possono essere considerate solo aperte a metà. Le sfide di politica estera dei nostri due vicini limitano il potenziale delle relazioni esterne della nostra economia e minano le possibilità di una cooperazione regionale su vasta scala.

Ma la più grande sfida alla sicurezza per noi è il conflitto nel Nagorno Karabakh. Resta ancora irrisolto diventando una fonte di tensione permanente e minacciando di degenerare in un altro scoppio di ostilità.

Chiunque sia interessato al conflitto del Nagorno Karabakh dovrebbe conoscere le origini del conflitto. Questo conflitto non è una disputa territoriale, in quanto alcuni hanno cercato di presentarlo in modo semplificato. Riguarda il diritto all’autodeterminazione, i diritti umani e la sicurezza fisica delle persone che vivono lì.

Le radici del conflitto risalgono ai primi giorni dell’Unione Sovietica quando una regione armena con il 95% della popolazione armena fu assegnata all’Azerbaigian con una decisione arbitraria del partito comunista. Ciò è accaduto a seguito di un accordo raggiunto tra la Russia bolscevica e la Turchia kemalista nei primi anni ’20.

Durante l’era sovietica il conflitto si manifestò con una discriminazione sistematica e violenta contro la popolazione armena che formulò la sua offerta di autodeterminazione nel 1988, proprio alla vigilia della fine dell’Unione Sovietica. In risposta alle aspirazioni degli armeni del Nagorno Karabakh, le autorità dell’Azerbaigian sovietico hanno adottato misure severe per reprimere questo movimento con l’uso delle forze di polizia. La pulizia etnica con atrocità di massa contro gli armeni è stata esercitata in molte aree del Nagorno Karabakh e dell’Azerbaigian.

Quindi, mentre l’impero sovietico era in procinto di disintegrazione, l’Azerbaigian, come altre repubbliche, iniziò il suo ritiro dall’URSS. In conformità con la Costituzione sovietica, se una repubblica membro dichiarava la propria intenzione di separarsi dall’URSS, le regioni autonome sotto la sua giurisdizione avevano il diritto di determinare il loro status, che includeva la secessione da quella repubblica.

Facendo uso della Costituzione sovietica, la regione autonoma del Nagorno Karabakh ha esercitato il suo diritto all’autodeterminazione. Il Nagorno Karabakh dichiarò l’indipendenza dall’Azerbaigian esattamente nello stesso modo in cui l’Azerbaigian si separò dall’Unione Sovietica.

Questa volta, le autorità azere hanno usato forze militari contro gli armeni. Hanno intrapreso una guerra su vasta scala minacciando l’esistenza stessa del popolo del Nagorno Karabakh. In risposta alla minaccia esistenziale, gli armeni, che costituivano circa l’80% della popolazione totale del Nagorno Karabakh, ricorsero all’autodifesa. Sono riusciti a proteggere la loro terra e hanno fatto in modo che l’Azerbaigian venisse a patti con la nuova situazione. Di conseguenza, il 12 maggio 1994 fu firmato un accordo di cessate il fuoco tra Azerbaigian, Nagorno Karabakh e la Repubblica di Armenia.

Il processo di negoziazione per la risoluzione del conflitto è stato avviato nel 1992, anche prima della firma dell’accordo di cessate il fuoco. Il Gruppo di Minsk dell’OSCE, incaricato dalla comunità internazionale di mediare la risoluzione del conflitto, ha definito la presenza di tre parti in conflitto: Azerbaigian, Nagorno Karabakh e Armenia. Questo fatto è stato ribadito da molti documenti internazionali dei primi anni ’90. In effetti, per molto tempo, il Nagorno Karabakh ha partecipato come parte al processo di negoziazione. All’inizio degli anni ’90 si sono tenuti anche numerosi incontri tra i leader del Nagorno Karabakh e dell’Azerbaigian, nonché i ministri della difesa dell’Azerbaigian, del Nagorno Karabakh e della Repubblica di Armenia.

A proposito, un eminente politico e diplomatico italiano Mario Raffaelli, che ha compiuto molti sforzi per normalizzare la situazione nella regione, era il Presidente della Conferenza di Minsk – il primo ufficiale internazionale incaricato di affrontare il conflitto nei primi anni ’90. Le riunioni del gruppo di Minsk, alle quali tra le altre due parti in conflitto hanno partecipato anche i rappresentanti eletti del Nagorno Karabakh, si sono tenute a Roma, nella capitale d’Italia.

Sfortunatamente, nonostante gli sforzi decennali dei mediatori internazionali, il conflitto del Nagorno Karabakh rimane ancora irrisolto.

Quali sono i motivi alla base di questa situazione?

Innanzitutto, le autorità azere si rifiutano di negoziare con i rappresentanti del Nagorno Karabakh. Sostengono che il Nagorno Karabakh dovrebbe essere considerato una parte indivisibile dell’Azerbaigian. Ma questa è davvero una posizione molto strana. Da un lato, le autorità azere vogliono che il Nagorno Karabakh faccia parte della loro integrità territoriale. D’altra parte, non vogliono dialogare con i rappresentanti del Nagorno Karabakh. Non è un po’ strano?

Cosa significa questa posizione? Ciò significa che le autorità azere in realtà non vogliono negoziare con il popolo del Nagorno Karabakh, solo perché vogliono solo i territori ma non le persone. Per essere più precisi – territori, senza le persone. Significa che sperano di risolvere il conflitto con mezzi militari: occupare il territorio del Nagorno Karabakh, condurre pulizie etniche e sbarazzarsi di entrambi gli armeni e del problema stesso.

La soluzione militare non è esclusa” – questa era una tipica dichiarazione fatta dal presidente Aliyev in molte occasioni. “Ogni volta che possiamo risolvere il problema con mezzi militari“, è stata la dichiarazione rilasciata dal presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev nel gennaio 2017, durante la riunione del governo che parlava dello sviluppo economico del paese. “Aumenteremo il nostro potere militare e credo che sia uno dei fattori più importanti per i negoziati“. Questa è stata la dichiarazione rilasciata dal presidente Aliyev il 5 novembre 2018. In un’altra occasione, il 17 dicembre 2018, ha detto questo, cito, “… le nostre forze militari e il nostro potere sono i fattori chiave tra tutti i fattori per la risoluzione sul conflitto del Nagorno-Karabakh ”, fine della citazione.

In effetti, ci sono molte ragioni per credere che le autorità azere stiano preparando la loro società a una guerra. Questo è il motivo per cui stanno infiammando sentimenti anti-armeni tra la loro gente. Questo è il motivo per cui stanno spendendo enormi risorse in armamenti. Questo è il motivo per cui il discorso sull’odio anti-armeno è diventato in realtà una politica ufficiale in Azerbaigian. Questo è il motivo per cui l’armenofobia è diventata una politica statale in Azerbaigian.

Porterò alcuni esempi concreti di tale politica in azione.

Ogni straniero che visita il Nagorno Karabakh è nella lista nera dell’Azerbaigian. Questo elenco comprende già più di 850 persone. I cittadini di qualsiasi paese che hanno un cognome armeno o sospettati di avere un’origine etnica armena non possono entrare in Azerbaigian. Questo è stato il caso di una giornalista di Bloomberg della cittadinanza americana Diana Markosyan che è stata bandita per entrare in Azerbaigian nel 2011.

Nel 2014 questo è stato il caso di un musicista di orchestra turca, Rafer Noyan, che aveva un cognome simile ad un armeno. Nel 2016 è successo con una bambina di otto anni Luka Vardanian e nel 2018 con una pensionata di ottant’anni dalla Russia Olga Barseghian.

Nel 2017, una donna di origine armena con il suo bambino di 4 anni è stata trattenuta nell’aeroporto di Baku per tre ore e poi deportata. Questo elenco può essere continuato.

Ma probabilmente il caso più noto è accaduto con il giocatore dell’Arsenal Henrikh Mkhitaryan, che ha perso la partita finale della Lega Europea a Baku, capitale dell’Azerbaigian, pochi mesi fa. Le autorità azere hanno addirittura vietato le magliette con il nome di Mkhitaryan. E le persone che li indossavano sono state fermate dalla polizia nelle strade di Baku.

Questa politica a volte ha anche manifestazioni ridicole. Solo pochi giorni fa, un autista è stato arrestato a Baku solo per aver ascoltato una canzone pop armena.

Ma il caso più tragico e cinico è stato quello con Ramil Safarov che ha ucciso con un’ascia il suo compagno di classe armeno di un seminario NATO a Budapest. Safarov ha ucciso il suo compagno di classe armeno mentre dormiva. Safarov è stato condannato all’ergastolo, poi estradato in Azerbaigian dalle autorità ungheresi, salutato come eroe nazionale dell’Azerbaigian, graziato dal presidente Ilham Aliyev e rilasciato, promosso in rango militare e dotato di un appartamento.

Nonostante tutte queste circostanze, nonostante la politica anti-armena delle autorità azere, l’Armenia sta compiendo passi concreti per trovare una soluzione reciprocamente accettabile al conflitto. A tal fine, circa un anno fa ho dichiarato pubblicamente che qualsiasi soluzione al conflitto del Nagorno Karabakh deve essere accettabile per il popolo dell’Armenia, del Nagorno Karabakh e del popolo dell’Azerbaigian.

Sono stato il primo leader armeno a dare voce a tale posizione. Sono stato fortemente criticato nel mio Paese per una formula del genere che pone le tre parti in conflitto su un piano di parità. Tuttavia, credo fermamente che questo sia l’unico modo per una soluzione pacifica e duratura del conflitto, perché offre una possibilità di compromesso, rispetto reciproco ed equilibrio.

Per andare avanti, mi aspettavo una dichiarazione simile dall’Azerbaigian. Se dovessimo ascoltare una simile dichiarazione del presidente Aliyev, questa sarebbe una vera svolta nel processo di negoziazione.

Tuttavia, le più alte autorità dell’Azerbaigian rimangono nella loro posizione, il che mira a una soluzione del conflitto accettabile solo per il popolo dell’Azerbaigian. Mi dà un ulteriore motivo per credere che l’Azerbaigian stia nutrendo speranze di risolvere il conflitto con mezzi militari e non vuole trovare una soluzione al tavolo dei negoziati.

Tuttavia, le autorità azere dovrebbero comprendere che non esistono alternative ai colloqui di pace e alla soluzione pacifica del problema.

Prima di tutto, è assolutamente inutile parlare con Artsakh, con Nagorno Karabakh e Armenia in una lingua di minaccia. È un percorso verso il nulla. L’Azerbaijan una volta ha cercato di parlare la lingua della forza violenta con il popolo del Nagorno Karabakh e ha affrontato gravi conseguenze nonostante la sua enorme superiorità sul Nagorno Karabakh in termini sia di popolazione che di armamento. I tentativi di vendicare questo fallimento militare non porteranno a nulla di buono.

Un’escalation militare nella nostra regione avrà conseguenze disastrose anche con un impatto globale. Apparentemente, l’Azerbaigian, essendo impegnato in ostilità, potrebbe fornire un terreno fertile per quei terroristi che hanno perso terreno in Siria e Iraq e ora sono alla ricerca di nuovi territori per avviare le loro operazioni. Geograficamente, l’Azerbaigian potrebbe diventare una base perfetta per loro di penetrare in tutte e quattro le direzioni verso sud, nord, est e ovest.

Il Nagorno Karabakh è una questione molto complicata e dolorosa per i popoli della regione. È impossibile risolverlo senza un lavoro duro e coerente, senza compromessi, rispetto reciproco ed equilibrio. Ma se ci assumiamo la responsabilità per il futuro dei nostri popoli, dobbiamo compiere sforzi per realizzare cambiamenti reali. Intendo il governo dell’Azerbaigian, il governo del Nagorno Karabakh e il governo dell’Armenia.

Siamo sinceri nella nostra aspirazione alla pace nella regione e siamo aperti a un dialogo per raggiungere una soluzione al conflitto, che sarà accettabile per i popoli dell’Armenia, del Nagorno Karabakh e dell’Azerbaigian. Questo è il nostro approccio e siamo pronti a negoziare sulla base di questo nuovo paradigma.

Concludendo il mio discorso, vorrei dirvi che prima di venire da voi ho visitato il sito web dell’istituto e uno dei titoli delle discussioni che ho trovato ha attirato la mia attenzione. Si legge come segue: «L’inchiostro è meglio del sangue». C’era abbastanza sangue in questo conflitto. Abbiamo bisogno di inchiostro e mani ferme per metter fine a questo e per portare la pace ai popoli della nostra regione.

Dopo mesi di relativa calma si rialza la tensione lungo la linea di contatto tra Artsakh (Nagorno Karabakh) e Azerbaigian. E gli azeri lasciano un caduto nella terra di nessuno.

L’Esercito di Difesa dell’Artsakh ha infatti respinto un tentativo di penetrazione in territorio armeno di soldati azeri. Ne dà notizia il ministero della Difesa che indica in un punto non precisato del settore sud orientale il luogo di azione nemica.

Il fatto, peraltro sembrerebbe documentato da telecamere di sorveglianza, è accaduto domenica 22 intorno alle 16,15 ora locale. Le forze azere sono state respinte indietro alle loro postazioni ma hanno lasciato in zona neutrale un caduto.

Il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha respinto le accuse armene circa un tentativo di penetrazione ma ha ammesso la perdita di un soldato, Ramin Abdulrahmanov. Questi si troverebbe in effetti nella terra di nessuno tra le opposte postazioni difensive al punto che gli azeri avrebbero chiesto l’intervento della Croce Rossa Internazionale per rimuovere il corpo. Nei suoi comunicati ufficiali Baku non ha fornito alcuna spiegazione riguardo la presenza del soldato in quella porzione di territorio neutrale.

Si tratta del primo grave episodio di violazione del regime di cessate-il-fuoco dopo mesi di relativa calma. Per la cronaca, nella giornata di lunedì 23 a New York, a margine dei lavori della Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, si incontrano i ministri degli Affari esteri di Armenia e Azerbaigian.



Un rapporto nazionale volontario della Repubblica di Artsakh (Repubblica del Nagorno Karabakh) sull’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti nell’agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile del 2030 è stato diffuso nell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) come documento ufficiale .

Il rapporto presenta la politica generale delle autorità di Artsakh riguardo alla costruzione di un Paese democratico e della garanzia dello sviluppo economico, sociale e culturale in virtù del diritto all’autodeterminazione del suo popolo.

Fornisce informazioni sui progressi compiuti nell’attuazione di obiettivi specifici nel campo dello sviluppo sostenibile, che sono stati raggiunti nonostante le gravi sfide alla sicurezza e le minacce all’esistenza fisica della sua popolazione proveniente dall’Azerbaigian.

Il rapporto nazionale è stato preparato su iniziativa del ministero degli Affari esteri della Repubblica di Artsakh e approvato dal Consiglio nazionale per lo sviluppo sostenibile di Artsakh.

La sua diffusione ufficiale in ambito delle Nazioni Unite (che ha provocato l’inevitabile forte protesta delle autorità dell’Azerbaigian) rappresenta un passaggio politico molto importante per l’Artsakh.

973 culle si sono riempite in Artsakh nei primi sei mesi dell’anno. Bilancio demografico positivo se si considera che nello stesso periodo i decessi sono stati 573 con un saldo di natalità di 400 nuovi cittadini della repubblica.

Il che significa che in proiezione annua la popolazione del Nagorno Karabakh dovrebbe aumentare di oltre 800 unità.

Piccoli Stati crescono… Anche se, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, i dati mostrano una leggera flessione: sono nati 146 bambini in meno (-13%) ma sono anche morte 82 persone in meno (-12,5%) con una crescita naturale (il saldo vivi/morti) che è diminuito di 64 unità (13,8%) pur rimanendo, come abbiamo visto, ampiamente positivo.

Nei primi sei mesi del 2019 ci sono stati 12 parti gemellari rispetto ai 24 dell’anno scorso, l’età media delle madri è stata di 27,8 anni con le primipare a 24,8 anni; tradotto, ci si pensa bene prima di fare un figlio.

La casistica dei nomi più gettonati vede per le femminucce vincere Maria, seguita da Mariam, Nare, Anna e Mari; le culle dei maschietti hanno visto invece prevalere David e poi Tigran, Gor, Mark e Arthur.

Detto dei vivi, parliamo purtroppo dei morti. Tra le cause di decesso, diminuiscono le malattie all’apparato circolatorio ma aumentano leggermente le neoplasie e le malattie respiratorie. Aumenta lievemente la percentuale di decessi sotto i 70 anni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ma, per fortuna, si tratta di numeri modesti, per cui bastano un paio di casi per modificare le statistiche.

L’importante è che l’Artsakh abbia una crescita demografica sana e costante, che si consolidi come Stato garantendo ai propri cittadini le migliori condizioni possibili anche da un punto di vista sanitario. Sotto questo aspetto il welfare e l’assistenza sanitaria sono enormemente migliorati negli ultimi anni e fanno ben sperare per il futuro.

Si sono aperti con una solenne e coreografica cerimonia inaugurale i giochi estivi pan-armeni giunti alla loro settima edizione.

Per la prima volta le competizioni – che vedono impegnati 5244 atleti provenienti da 35 diversi Paesi del mondo – sono ospitate anche nella repubblica di Artsakh.

Il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan ha dichiarato ufficialmente aperti i 7 ° Giochi estivi pan-armeni a Stepanakert.
Nel suo discorso Nikol Pashinyan ha osservato che oggi è una celebrazione nella nostra Patria, perché migliaia di bambini della nostra nazione provenienti da Europa, Asia, Australia, Nord e Sud America si sono riuniti nella roccaforte della dignità armena – l’Artsakh – e ci stiamo godendo la gioia di essere uniti, di stare insieme.

«Ci siamo riuniti in Artsakh per godere e sentire il potere dell’unità, per capire che siamo imbattibili quando stiamo insieme. Ci siamo riuniti per registrare che abbiamo una storia, che abbiamo identità, che abbiamo statalità e volontà di continuare la millenaria marcia trionfante della nostra Nazione per i nuovi millenni. Oggi, migliaia di rappresentanti dei settimi Giochi pan-armeni promuoveranno, rafforzeranno e svilupperanno la volontà e le capacità di vincere della nostra Nazione. Auguro la vittoria in concorrenza leale a tutti i partecipanti ai Giochi pan-armeni. Pertanto, dichiaro aperti i settimi Giochi pan-armeni» ha affermato il Primo Ministro armeno.

Il presidente della Repubblica Artsakh Bako Sahakyan ha tenuto un discorso di benvenuto durante la solenne cerimonia di apertura dei 7 ° Giochi estivi pan-armeni.
La decisione di fare di Artsakh un paese ospitante dei settimi Giochi pan-armeni è stata presa dopo la guerra di quattro giorni del aprile 2016, ha dichiarato il presidente Bako Sahakyan, sottolineando il significato simbolico della mossa.

In un discorso all’apertura dell’evento sportivo a livello nazionale, Sahakyan ha anche descritto la giornata come un momento straordinario in termini di unificazione dei connazionali nella patria ancestrale.
«Stepanakert ospita numerosi atleti e allenatori, fan e solo persone che amano gli sport da Madre Armenia, Artsakh e Diaspora. Non abbiamo ospiti qui; tutti sono a casa, nel loro focolare ancestrale. Benvenuti in Artsakh!
Il popolo armeno ha un atteggiamento enfatizzato verso lo sport. Nell’antichità, in Armenia si svolgevano partite a livello nazionale e atleti armeni partecipavano a vari tornei sportivi, tra cui i giochi olimpici antichi, come riportano i documenti conservati.
Per loro natura, i giochi pan-armeni sono un collegamento importante che collega il nostro passato sportivo, presente e futuro
», ha osservato il Capo dello Stato.
Sahakyan ha affermato di considerare l’idea di condurre i giochi anche nella seconda repubblica armena come una specie di risposta speciale all’aggressione e alla violenza dell’Azerbaigian. «Lo sport unisce forza, forza di volontà, organizzazione e unificazione, allo stesso tempo in netto contrasto con l’odio e l’ostilità. Lo sport non riconosce alcun confine», ha aggiunto il presidente.

L’evento è stato accompagnato da un programma di concerti. La cerimonia si è conclusa con uno spettacolo pirotecnico.

Secondo quanto riportato dal sito web ufficiale del Comitato Nazionale Armeno Americano (ANCA), l’amministrazione Trump sta prendendo di mira il programma di aiuti umanitari in Artsakh, tentando di porre fine ai finanziamenti statunitensi per il programma di sminamento di HALO Trust che ha salvato innumerevoli vite in tutta la Repubblica.

Due deputati degli Stati Uniti, Brad Sherman (D-CA) e TJ Cox (D-CA), stanno invero conducendo una campagna congressuale per incoraggiare il responsabile di USAID, Mark Green, a invertire tale rotta e a mantenere il programma di sminamento del Nagorno Karabakh. L’amministratore di USAID, Green, ha testimoniato davanti alla Commissione per gli Affari esteri il 9 aprile di quest’anno che USAID era impegnata a completare lo sminamento di mine antiuomo e ordigni inesplosi all’interno dei confini tradizionali del Nagorno Karabakh.

«Il presidente Trump ha torto a inchinarsi alla richiesta sconsiderata del dittatore azero Ilham Aliyev affinché l’America metta fine agli aiuti umanitari statunitensi all’Artsakh», ha dichiarato il direttore esecutivo dell’ANCA Aram Hamparian. «Una spesa modesta che rappresenta un investimento importante per la pace, questo è il programma di aiuti dall’anno fiscale 1998, che ha fornito una assolutamente necessaria assistenza sanitaria materna, portato alle famiglie acqua potabile pulita e liberato fattorie e villaggi da mine mortali. Ringraziamo tutti i legislatori statunitensi che stanno cercando di far avanzare gli interessi e i valori americani negli Stati Uniti continuando gli aiuti umanitari statunitensi all’Artsakh di fronte ai tentativi stranieri di intromettersi nel processo decisionale americano».

È evidente come tale politica statunitense nella regione, se confermata, creerebbe squilibri e darebbe un pessimo segnale alle parti coinvolte nel negoziato per la risoluzione del conflitto.

Qualche avvisaglia preoccupante circa i rapporti tra Trump e Aliyev si era invero già avuta in passato; e proprio di recente, il dittatore azero nel corso di un messaggio di felicitazioni al presidente americano in occasione della festa dell’indipendenza del 4 luglio non aveva mancato di dedicare buona parte della lettera al conflitto del Nagorno Karabakh ponendo l’accento sulla “aggressione armena”.

Non sappiamo se i timori sollevati dalla foltissima comunità armena negli Stati Uniti siano confermati o meno; di certo fra un paio d’anni ci sono le elezioni presidenziali USA e …

QUI L’ARTICOLO DELL’EX AMBASCIATORE EVANS RIGUARDO AI RAPPORTI TRA AMMINISTRAZIONE TRUMP E REPUBBLICA DEL NAGORNO KARABAKH

Prendono il via il primo giugno i campionati europei di calcio CONIFA, organismo che raggruppa le selezioni calcistiche di Stati, gruppi etnici e realtà regionali che non sono affiliati alla FIFA o alla UEFA.

Membro della CONIFA (Confederation of Independent Football Associations) è anche l’Artsakh che quest’anno ha l’onore di ospitare i campionati europei che dal primo al 9 giugno vedranno impegnate otto ‘nazionali’ che si contenderanno il titolo negli stadi di Stepanakert, Martakert e Askeran. Gran gala di apertura sabato 1 giugno con un concerto in piazza della Rinascita con artisti armeni e internazionali, poi via agli incontri (su questa pagina gli aggiornamenti del torneo).

Una piccola competizione tra squadre che hanno desiderio di giocare al calcio, superare barriere e divisioni. Un calcio che unisce.

Quale contrasto con la ben più prestigiosa finale di Europa League organizzata in Azerbaigian e caratterizzata dall’ossessione armenofoba delle autorità di Baku. La presenza nelle file dell’Arsenal del centrocampista armeno Henrikh Mkhitaryan ha evidenziato ancora una volta l’odio etnico degli azeri. Il nazionale armeno è rimasto a casa per ragioni di sicurezza, tifosi inglesi con la sua maglietta sono stati fermati dalla solerte polizia azera ed è stato negato il visto di ingresso a tutti coloro che disgraziatamente avevano un cognome con suffisso -ian o -yan (terribilmente simile a quello dei cognomi armeni e quindi da perseguitare con ogni mezzo…).

In Artsakh la coppa CONIFA è occasione per unire gli appassionati di calcio sia pure di piccole realtà; oltre confine, in Azerbaigian, il calcio diviene l’ennesimo strumento di odio contro gli armeni.

E ancora una volta, caso mai non fosse sufficientemente chiaro, si dimostra che mai il popolo armeno del Nagorno Karabakh-Artsakh potrà essere sottomesso al giogo azero.

Non ci resta che seguire le gesta calcistiche della nostra squadra e gridare con forza, anche da quaggiù, FORZA ARTSAKH!

RISULTATI INCONTRI

Prima giornata (2 giugno): ARTSAKH- Lapponia 3-2, Abcasia – Ciamuria 3-1 per il girone A. Per il girone B Padania – Terra dei Siculi 4-0, Armenia Occidentale – Ossezia del sud 1-2

L’intervento del Primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, in occasione dell’anniversario dell’entrata in vigore dell’accordo trilaterale di cessazione delle ostilità nel conflitto del Nagorno Karabakh.

« Il 12 maggio 2019 segna il 25° anniversario dell’entrata in vigore dell’accordo di cessate-il-fuoco in Karabakh. Un documento importante sulla risoluzione del conflitto è stato firmato dal Ministro della Difesa dell’Azerbaigian Mamedrafi Mamedov il 9 maggio 1994, dal Ministro della Difesa armeno Serzh Sargsyan il 10 maggio e dal Comandante dell’esercito di difesa del Nagorno Karabakh Samvel Babayan l’11 maggio.

L’accordo scritto di cessate il fuoco è entrato in vigore a mezzanotte del 12 maggio 1994. Durante questi anni, la parte armena è sempre stata impegnata e continuerà ad aderire all’attuazione di questo importante accordo.

Da allora è trascorso un quarto di secolo, ma sfortunatamente non si è mai trasformato in una pace duratura. Sottolineando l’importanza di preparare i nostri popoli a una soluzione pacifica del conflitto, desidero rimarcare ancora una volta che lo scenario di risoluzione [del conflitto, NdR] dovrebbe essere accettabile per tutte e tre le parti – i popoli di Armenia, Artsakh e Azerbaigian.

Negoziati e risultati oggettivi sono possibili solo se Artsakh è impegnata nel processo che determinerà in definitiva il suo status e fornirà garanzie di sicurezza per le persone che vivono lì.

Siamo convinti che un accordo trilaterale sia la sola base reale su cui costruire una pace e una cooperazione durature.

Vorrei sottolineare che, in qualità di Primo Ministro della Repubblica di Armenia, sono pronto a garantire che l’Armenia continui ad applicare l’accordo di cessate il fuoco e ad adoperarsi per risolvere il problema e raggiungere la pace nella regione e continuare ad essere il garante di sicurezza del Nagorno Karabakh.

La continua osservanza del cessate il fuoco e del dialogo sono probabilmente gli strumenti più importanti per risolvere il problema. È necessario astenersi da passi che possano favorire l’incitamento all’odio, l’intolleranza e le tensioni.

Non c’è nazione al mondo riluttante alla pace; non esiste un genitore che non desideri cieli limpidi e senza nuvole per il suo bambino in piedi sul confine.

Convinti che le popolazioni armena e azera meritino pace e progresso, con la presente esortiamo tutti noi a contribuire a questi obiettivi».

Il 5 maggio 1994, a Bishkek capitale del Kirghizistan, venne firmato l’omonimo accordo di cessate il fuoco a conclusione delle ostilità nel Nagorno Karabakh.

Dopo due anni di guerra, 30.000 morti, almeno 50.000 feriti e centinaia di sfollati, le parti in causa convennero di cessare lo scontro armato.

Non fu un trattato di pace ma solo un patto di cessazione degli scontri (con efficacia a partire dal 12 maggio).

Venticinque anni dopo la repubblica del Nagorno Karabakh, nel frattempo divenuta repubblica di Artsakh attende di poter porre la parola fine alla guerra definita silenziosa, congelata ma che negli ultimi cinque lustri ha mietuto centinaia di vittime e conosciuto momenti di recrudescenza come nell’aprile del 2016 allorché le forze armate azere attaccarono le postazioni di difesa armene tentando in penetrare nel territorio dello Stato.

L’Azerbaigian persevera con una retorica improntata alla militarizzazione dello scontro, continua ad armarsi sempre di più e – nonostante il paziente lavoro diplomatico del Gruppo di Minsk dell’Osce – non sembra aver abbandonato l’idea di una soluzione finale di stampo bellico.

La piccola repubblica armena dell’Artsakh costruisce giorno dopo giorno la propria indipendenza statuale e mai e poi mai potrà essere amministrata da un governo azero.

L’unica soluzione è un riconoscimento formale!

Ci pare altresì doveroso ricordare come l’accordo di Bishkek venne firmato tra gli altri anche da Karen Baburyan, all’epoca presidente del Soviet del Nagorno Karabakh e per tale carica considerato il terzo Presidente della neonata repubblica. Quando oggi gli azeri dichiarano di non voler modificare il format negoziale e di non volere al tavolo delle trattative rappresentanti del governo di Stepanakert, dimenticano che proprio quell’accordo fu firmato da Armenia, Azerbaigian e Nagorno Karabakh.

Nessun cambio di format negoziale dunque! Ma solo la necessità di far decidere del suo futuro il popolo che più di ogni altro è interessato al negoziato.

La repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) è dal 2018 indipendente dal punto di vista energetico. Lo scorso anno, infatti, sono stati prodotti 388 milioni di KWh a fronte di un consumo di 385 milioni di KWH. Lo ha dichiarato nei giorni scorsi l’ex Primo ministro e Ministro di Stato Arayik Harutyunyan nel corso di una conferenza al dipartimento Tecnologia dell’Università di Shushi.

Si tratta di un risultato molto importante anche dal punto di vista politico e che attesta la validità e il successo del piano di sviluppo energetico varato a sostegno della repubblica.

Basti pensare che tra il 2000 e il 2007 l’Artsakh produceva solo 90 milioni annui di Kilovattora a fronte di un consumo medio intorno ai 200 milioni di KWh. Con l’avvio del programma di sviluppo dell’energia idroelettrica e la costruzione dei primi piccoli impianti la produzione di energia elettrica è andata esponenzialmente crescendo fino a superare lo scorso anno il fabbisogno nazionale.

Per il 2019 si prevede una produzione di 522 milioni di KWh e un consumo di 385 milioni; per il 2023 il programma energetico prevede un ricavo di un miliardo di kilovattora a fronte di un consumo di circa 500 milioni di KWH: in pratica si produrrà il doppio dell’energia effettivamente consumata con un evidente beneficio anche sui conti pubblici dello Stato giacché il surplus potrà essere rivenduto (presumibilmente all’Armenia o via Armenia) e quindi generare ricchezza.

L’Artsakh ha raggiunto dunque il traguardo dell’autosufficienza energetica utilizzando quasi esclusivamente impianti idroelettrici di piccola e media portata ma diffusi capillarmente su tutto il territorio. Niente energia da carbon fossile o da nucleare.

Lo scorso anno inoltre sono state avviate le prime installazioni sperimentali in alcuni villaggi di pannelli fotovoltaici per la produzione di acqua calda.