Come da previsioni, il leader del partito “Libera patria” si è imposto al ballottaggio delle presidenziali sul ministro degli Esteri uscente Masis Mayilyan. I primi dati ufficiali della Commissione Elettorale Centrale lo danno sopra l’84% dei voti in un turno di ballottaggio che, vuoi per il risultato scontato vuoi per la paura del Covid 19, ha visto un’affluenza alle urne di gran lunga inferiore al primo turno del 31 marzo dove Harutyunyan aveva sfiorato con oltre il 49% l’elezione diretta. Succede all’uscente Bako Sahakyan.

Nato a Stepanakert 46 anni fa (14 dicembre 1973), Harutyunyan ha ricoperto la carica di Primo ministro dal settembre 2007 al settembre 2017. Quindi per alcuni mesi ha assunto il ruolo di Ministro di Stato. In precedenza tra il 1995 e il 1997 è stato ministro delle Finanze.

Laureato in economia, ha partecipato alla guerra di liberazione unendosi all’esercito di difesa a soli 19 anni. Nel 2005 ha fondato il partito “Libera patria” (orientamento di centro-destra) che oggi è di gran lunga la principale forza politica del Paese. E’ sposato e ha due figli.

RISULTATO TURNO DI BALLOTTAGGIO

  • Harutyunyan voti 39.860 (84,5%)
  • Mayilyan voti 5.428 (12,1%)
  • bianche/nulle 1.877 (3,4%)

IL COMUNICATO STAMPA DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DELLA REPUBBLICA DI ARTSAKH

“Oggi ricorre il 28° anniversario del massacro di civili nell’insediamento armeno di Maragha, nella regione di Martakert, nella Repubblica di Artsakh, commesso dalle forze armate dell’Azerbaigian.

Il massacro di Maragha è un crimine di guerra senza precedenti commesso dalla Repubblica dell’Azerbaigian, sulla base dell’odio contro gli armeni finalizzato all’annientamento della popolazione armena.

Il 10 aprile 1992, dopo diverse ore di bombardamenti, le unità armate azere invasero Maragha. Prima di questo, una parte significativa della popolazione era stata evacuata, ma le persone che erano rimaste nel villaggio furono sottoposte a torture disumane e massacri da parte dei militari azeri. Le forze di autodifesa di Artsakh riuscirono a liberare Maragha, ma due settimane dopo le truppe azere attaccarono di nuovo l’insediamento e commisero nuovi crimini contro i civili che erano tornati per seppellire i loro parenti. Maragha fu catturata dalle forze armate azere e fino ad oggi è sotto l’occupazione dell’Azerbaigian.

Secondo vari dati, inclusi i rapporti delle organizzazioni per i diritti umani Human Rights Watch e Amnesty International, a seguito dei crimini di guerra commessi dalle forze armate azere a Maragha, oltre 50 civili, tra cui 30 donne, sono stati brutalmente uccisi. Circa altre 50 persone, tra cui 29 donne e 9 bambini, sono state catturate e il destino di 19 civili è ancora sconosciuto. Come testimoniato dal membro ed ex vicepresidente della House of Lords of Great Britain, l’attivista per i diritti umani Baronessa Caroline Cox, che ha visitato il villaggio con i rappresentanti dell’organizzazione Christian Solidarity Worldwide immediatamente dopo la tragedia, i corpi dei residenti brutalmente assassinati di Maragha furono smembrati, mutilati e bruciati. Lady Cox ha definito Maragha “Golgota contemporaneo molte volte”.

Il massacro degli armeni di Maragha divenne un’altra manifestazione della coerente politica di pulizia etnica attuata dalle autorità azere contro il popolo armeno, prima a Sumgait, Baku e altri insediamenti dell’Azerbaigian nel 1988-1990, e successivamente nel Nord Artsakh. Il fatto che il comandante delle unità armate azere Taghiyev Shahin Taliboglu, che aveva commesso il massacro a Maragha, abbia ottenuto il titolo di eroe nazionale dell’Azerbaigian testimonia che la responsabilità di questo crimine ricade interamente sulle autorità azere.

L’impunità dei crimini commessi dall’Azerbaigian contro gli armeni e la mancanza di un’adeguata valutazione politica e giuridica da parte della comunità internazionale hanno creato condizioni favorevoli per radicare un’atmosfera di odio verso gli armeni e tutti gli armeni a livello statale in Azerbaigian.

Ventiquattro anni dopo, nell’aprile 2016, durante l’aggressione scatenata contro Artsakh, l’Azerbaigian ha tentato di utilizzare gli stessi metodi per compiere nuovi atti di genocidio in Artsakh che sono stati impediti dalle azioni decisive dell’Esercito di difesa della Repubblica di Artsakh.

I massacri di civili a Maragha sono un crimine contro l’umanità senza statuto di limitazioni e devono essere condannati dalla comunità internazionale e i loro organizzatori ed esecutori devono essere giustamente puniti.

Oggi chiniamo la testa in commemorazione delle vittime del massacro di Maragha e assicuriamo che le autorità della Repubblica di Artsakh prenderanno tutte le misure per garantire l’inalienabile diritto del popolo dell’Artsakh di vivere liberamente e in sicurezza nella sua terra natale”.

[Traduzione e grassetto redazionale. Per rispetto delle vittime abbiamo deciso di non accompagnare l’articolo con alcuna foto del massacro]

Il ministero degli Affari esteri della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) ha rilasciato il seguente comunicato stampa nel quarto anniversario della “guerra dei quattro giorni”:

«Quattro anni fa, il 2 aprile 2016, in flagrante violazione dell’accordo di cessate il fuoco, le forze armate azere hanno attaccato la Repubblica di Artsakh. Hanno preso di mira non solo le posizioni in prima linea dell’esercito di difesa di Artsakh, ma anche i civili. L’intensità e l’ampiezza delle ostilità, il numero di forze e attrezzature militari dispiegate dall’Azerbaigian, nonché le azioni della parte azera intraprese prima dell’attacco per intensificare deliberatamente le tensioni e interrompere il processo di pace indicano che l’aggressione del 2 aprile è stata un’operazione militare attentamente pianificata e preparata.

L’aggressione dell’Azerbaigian è stata accompagnata da gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle regole di guerra. Questi crimini sono stati documentati in dettaglio dall’Ufficio del difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh e presentati alla comunità internazionale in due rapporti speciali.

L’aggressione nell’aprile 2016 è stato un altro tentativo dell’Azerbaigian di risolvere con la forza il conflitto tra l’Azerbaigian e il Karabakh. Solo grazie alle azioni decisive dell’Esercito di difesa dell’Artsakh, nonché al sostegno di tutti gli armeni, è stato possibile interrompere i piani militari di Baku e costringere la parte azera a conformarsi al regime del cessate il fuoco.

L’attacco dell’Azerbaigian all”Artsakh è diventato una sfida non solo per la nostra Repubblica, ma anche per il processo di pace sotto gli auspici della co-presidenza del Gruppo Minsk dell’OSCE, per la soluzione pacifica del conflitto tra l’Azerbaigian e il Karabakh. È interessante notare che poco prima dell’aggressione di aprile, il 19 marzo 2016, il presidente dell’Azerbaigian ha accusato apertamente i co-presidenti del gruppo di Minsk di “usare le loro attività distruttive per congelare il conflitto, e quindi la fede del popolo azero nelle loro attività è completamente minato ”.

L’Azerbaigian ha la responsabilità legale internazionale sia per aver scatenato l’aggressione di aprile sia per gli atti criminali commessi dai suoi militari durante l’aggressione contro Artsakh. Il fatto che i militari azeri, che avevano commesso crimini di guerra, siano stati personalmente premiati dal presidente dell’Azerbaigian è un’altra conferma che queste azioni sono state commesse su istruzioni o sotto la guida o il controllo delle autorità azere. Dato che tali crimini non hanno statuto di limitazioni, la Repubblica di Artsakh continuerà a compiere sforzi coerenti per consegnare i responsabili alla giustizia.

L’aggressione di aprile non ha fatto altro che rafforzare la determinazione del popolo e delle autorità della Repubblica di Artsakh di continuare il percorso prescelto per l’ulteriore consolidamento e sviluppo del loro Stato, che è la migliore garanzia per l’esistenza sicura e lo sviluppo pacifico della popolazione di Artsakh.

Oggi rendiamo omaggio a tutti coloro che sono deceduti, respingendo l’aggressione azera nell’aprile 2016 o diventando vittime innocenti dell’avventura militare di Baku. Esprimiamo anche la nostra gratitudine a tutti coloro che hanno sostenuto la popolazione di Artsakh durante questi tragici giorni».

La repubblica di Artsakh è andata al voto per eleggere i trentatré membri dell’Assembla nazionale e contemporaneamente il nuovo presidente della repubblica così come stabilito dal nuovo assetto istituzionale dello Stato dopo la riforma costituzionale del 2017.

Si è trattato di un ulteriore conferma della statualità della repubblica di Artsakh e del livello di democrazia raggiunto. Quattrodici candidati alla presidenza della repubblica, dieci partiti più due coalizioni per il parlamento.

Gli stizziti comunicati dei governi di Azerbaigian e Turchia (Paesi ormai ridotti a livello di dittature) premiano ancora di più il percorso democratico della piccola repubblica armena.

Come indicato dai sondaggi della vigilia, Arayik Harutyunyan, già Primo ministro dal 2007 al 2017 e poi Ministro di Stato fino al giugno 2018, leader del partito “Patria libera”, è stato il più votato con il 49,26% dei consensi (36.076 voti). Dietro di lui, il ministro degli Esteri uscente Masis Mayilyan con il 26,4% (19.360). al terzo posto figura Vitali Balasanyan che ha ottenuto 10.755 voti pari al 14,7%.

Saranno pertanto HARUTYUNYAN e MAYILYAN a sfidarsi al secondo turno delle presidenziali previsto per il prossimo 14 aprile

AFFLUENZA – Alle ore 20 l’affluenza finale è risultata pari al 73,53% per complessivi 76.728 su 104.348 aventi diritto. Nel corso della giornata era stata rilevata la seguente affluenza: 24,9% (ore 11), 48,3% (ore 14), 63,8% (ore 17). Per le lezioni presidenziali del 2012 (nel 2017 il mandato transitorio a Sahakyan fu votato dai deputati) l’affluenza finale fu del 73,4%, alle elezioni parlamentari del 2015 fu del 70,8%

VARIE – Centouno cittadini si sono rivolti al dipartimento passaporti della Polizia di Stato per problemi legati ai documenti identità scaduti. 53 hanno ricevuto immediatamente documenti in sostituzione, 17 erano membri di seggio elettorale a Yerevan, 23 con periodo di registrazione temporanea scaduto (in 21 casi dei quali è stato rinnovato).

LE ELEZIONI IN ARTSAKH – Dalla sua nascita nella repubblica dell’Artsakh (fino al 2017 denominata repubblica del Nagorno Karabakh) si sono tenute sei elezioni presidenziali, sette elezioni parlamentari, sette elezioni amministrative e tre referendum costituzionali.

COMUNICATO DEL GRUPPO MINSK – A un’ora dalla chiusura dei seggi il Gruppo di Minsk dell’Osce ha rilasciato il consueto comunicato stampa che accompagna tutte le elezioni in Artsakh. Nel comunicato si legge tra l’altro che «i co-presidenti [del GM] riconoscono il ruolo della popolazione del Nagorno Karabakh nel decidere il proprio futuro in conformità con i principi e gli elementi ribaditi nella dichiarazione dei co-presidenti del 9 marzo 2019. I co-presidenti notano, tuttavia, che il Nagorno Karabakh non è riconosciuto come uno Stato indipendente e sovrano da nessuno dei paesi co-presidenti o di qualsiasi altro paese. Di conseguenza, i co-presidenti non accettano i risultati di queste “elezioni” che incidono sullo status giuridico del Nagorno Karabakh e sottolineano che i risultati non pregiudicano in alcun modo lo status finale del Nagorno Karabakh o l’esito dei negoziati in corso per portare una soluzione duratura e pacifica al conflitto del Nagorno Karabakh

SEGUONO AGGIORNAMENTI RISULTATI

Il servizio stampa della Commissione elettorale centrale ha fornito oggi i dati relativi agli osservatori e ai media che seguiranno le elezioni generali in Artsakh in programma il 31 marzo.

Non sembrano avere seguito al momento le voci che davano possibile un rinvio della consultazione elettorale a causa dell’emergenza coronavirus.

Complessivamente sono state accreditate quindici organizzazioni con 904 osservatori da Artsakh e Armenia per svolgere la missione di osservazione. Più specificatamente nove ONG con 437 osservatori sono state accreditate dall’Artsakh mentre sei ONG con un totale di 467 osservatori risultano accreditate dall’Armenia. Sul sito web della Commissione Elettorale Centrale è attualmente menzionata solo un’organizzazione internazionale di osservazione, vale a dire l’Istituto di studi politici e sociali della regione del Mar Nero-Caspio, con un solo osservatore. Il processo di accreditamento degli osservatori internazionali è ancora in corso per quanto l’emergenza coronavirus ha di fatto interrotto le richieste di viaggio e accreditamento.

Per quanto riguarda i media, ne risultano accreditati 37: tredici con 74 rappresentanti sono locali, 21 con 114 rappresentanti arrivano dall’Armenia e tre con nove componenti provengono da altre nazioni.

Cento anni fa, le unità armate della prima repubblica dell’Azerbaigian hanno tentato di risolvere il problema del Karabakh che era già stato inserito nell’agenda internazionale, usando la forza e l’uccisione di massa della popolazione civile

A partire dal 22-23 marzo e per almeno una decina di giorni, più di ventimila armeni furono trucidati dalle orde azere o costretti a lasciare la città di Sushi; tutta la parte armena della quale fu rasa al suolo e incendiata.

Le antiche mura di Sushi furono riempite con i corpi di donne e bambini.

Sushi, un importante centro economico, spirituale e culturale della regione, chiamata all’epoca la “Parigi del Caucaso“, fu sottoposta a indicibili violenze nel più classico stile turco-azero. Queste atrocità, commesse con una crudeltà senza precedenti, furono guidate da Khosrov bey Sultanov, che in seguito, durante la seconda guerra mondiale, partecipò attivamente alla formazione della legione azera nei ranghi delle truppe naziste.

Dei circa 40.000 abitanti, la metà furono trucidati; decine di chiese e monumenti armeni furono distrutti. La furia genocidiaria si estese anche ad altri territori dell’Artsakh.

Tuttavia, il piano di rendere Artsakh una parte della prima repubblica dell’Azerbaigian con la spada e il fuoco fallì. A Sushi come in tutte le altre località nelle quali la violenza azera cercò di annientare la fierezza del popolo armeno e il diritto all’autodeterminazione. Tutta la popolazione armena valida (con l’aiuto anche di alcune milizie volontarie provenienti dal Zangezur (Syunik) allestì una strenua difesa e ricacciò indietro gli invasori mantenendo integra, sia pure a carissimo prezzo, la propria sovranità nazionale.

Nel mese di aprile 1920, il nono Congresso del popolo ancora una volta proclamò solennemente l’Artsakh come parte essenziale dell’Armenia.

Ora, un secolo dopo, rendiamo omaggio alla memoria di tutte le vittime innocenti e ribadiamo la determinazione del popolo armeno a vivere e prosperare in una patria libera e in pace.

«Prendendo atto dell’attuale sospensione delle operazioni di monitoraggio da parte del Rappresentante personale del Presidente in esercizio dell’OSCE a causa dell’eccezionale situazione creata dalla diffusione di COVID-19, i copresidenti del Gruppo Minsk dell’OSCE (Igor Popov della Federazione Russa, Stéphane Visconti della Francia e Andrew Schofer degli Stati Uniti d’America) fanno appello alle parti per riaffermare il loro impegno a osservare rigorosamente il cessate il fuoco e ad astenersi da qualsiasi azione provocatoria che possa aumentare ulteriormente le tensioni durante questo periodo»

Questo si legge in una nota diffusa dal Gruppo di Minsk dell’Organizzazione.

«Riconoscendo che le risorse mediche della regione dovrebbero essere dedicate esclusivamente alla lotta contro la diffusione del virus e al trattamento delle persone colpite, esortiamo le parti a esercitare la massima moderazione possibile per ridurre il rischio di escalation, anche sfruttando al massimo i collegamenti di comunicazione diretta esistenti . Nonostante le pesanti restrizioni ai viaggi internazionali, i co-presidenti continueranno i loro sforzi di mediazione senza interruzione, restando in stretto contatto tra loro e con le parti».

Il 31 marzo si tengono in Artsakh le elezioni generali politiche. Le prime dopo la riforma costituzionale del 2017 che ha segnato il passaggio da repubblica parlamentare a presidenziale.

Mentre il vicino Azerbaigian (che reclama, a torto, il possesso del Nagorno Karabakh-Artsakh) sprofonda sempre più nella dittatura ed è appena reduce dall’ennesima elezione farsa, la piccola repubblica armena “de facto” si distingue per un confronto politico e democratico come mai era avvenuto nella sua quasi trentennale storia.

Sono ben quattordici i candidati alla presidenza della repubblica e ben dodici liste (dieci partiti e due alleanze) in lizza per il rinnovo dei trentatré seggi dell’Assemblea nazionale. Complessivamente 361 candidati che si stanno confrontando in una campagna elettorale tanto appassionata quanto corretta.

Seguiremo queste elezioni che marcano ancora una volta la differenza abissale che passa tra l’Artsakh e la dittatura azera.

Buon voto a tutti!

I CANDIDATI ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA (in ordine alfabetico)

  • Amiryan Sergey
  • Babayan David
  • Badasyan Vahan
  • Balasanyan Vitaly
  • Balayan Christine
  • Dadian Ashot
  • Ghulyan Ashot
  • Harutyunyan Arayik
  • Ishkhanyan David
  • Israelian Ruslan
  • Khanumyan Hayk
  • Lalayan Bella
  • Mayilyan Masis
  • Poghosyan Melsik

LISTA DEI PARTITI IN LIZZA PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE

  • Partito della rinascita nazionale
  • Partito Patria unita
  • Partito della generazione dell’indipendenza
  • Federazione rivoluzionaria armena
  • Partito rivoluzionario di Artsakh
  • Alleanza dei partiti “Patria Libera – CPD”
  • Partito della Giustizia dell’Artsakh
  • Partito democratico di Artsakh
  • Partito Armenia unita
  • Partito conservatore di Artsakh
  • Partito comunista del Nagorno Karabakh
  • Alleanza di partiti “Nuovo Artsakh”

Trentadue anni fa, il 27-29 febbraio 1988, le autorità della Repubblica Socialista Sovietica Azera hanno perpetrato il massacro e la deportazione forzata della popolazione armena nella città di Sumgait, accompagnata da atrocità commesse con crudeltà senza precedenti. Il Dipartimento per l’informazione e le relazioni pubbliche del Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) lo ha osservato in un commento sul 32° anniversario del massacro degli armeni a Sumgait, Azerbaigian.

«I tre giorni di pestaggi di massa, omicidi e atti violenti sono stati la risposta delle autorità di Baku alle pacifiche e legittime richieste degli armeni di Artsakh (Karabakh) di realizzare il loro diritto inalienabile all’autodeterminazione», si legge anche nel commento. «Vi sono ampie prove che i massacri degli armeni a Sumgait sono stati accuratamente preparati e pianificati dalle autorità azere. Parlando alle manifestazioni tenute alla vigilia dei massacri, rappresentanti di alto rango delle autorità cittadine hanno invitato la folla a punire gli armeni e hanno chiesto “di uccidere e deportarli da Sumgait e dall’intero Azerbaigian”. Quasi ogni discorso si è concluso con il canto di “Morte agli armeni!“. Tra l’ovvia inazione delle autorità e delle forze dell’ordine, oltre a essere guidati da queste ultime, centinaia di azeri a Sumgait, ispirati alle richieste di odio e violenza contro gli armeni, hanno iniziato attacchi senza impedimenti agli appartamenti degli armeni che vivono a Sumgait, utilizzando gli elenchi di indirizzi a loro disposizione.

L’impunità dei veri organizzatori e autori dei crimini contro l’umanità commessi a Sumgait ha creato un terreno fertile per la pulizia etnica degli armeni in tutto la Repubblica Socialista Sovietica Azera negli anni successivi – a Kirovabad, Baku e in un certo numero di altre città popolate di armeni. Migliaia di armeni sono diventati vittime di questa politica e centinaia di migliaia sono diventati rifugiati.

Attualmente, purtroppo, le autorità azere continuano la loro politica di incitamento all’odio e alla xenofobia contro gli armeni, eroizzando e glorificando l’ufficiale azero che ha brutalmente ucciso un ufficiale armeno in Ungheria nel 2004. Un’altra manifestazione di tale politica è diventata la gratificazione dell’ufficiale azero dal presidente dell’Azerbaigian per aver decapitato un militare dell’Esercito di difesa Artsakh durante la guerra di aprile del 2016 scatenata contro la Repubblica di Artsakh, nonché le gravi violazioni delle norme del diritto umanitario e dei crimini di guerra commessi dalle forze armate azere.

Ci inchiniamo al ricordo delle vittime innocenti del crimine di Sumgait. La comunità internazionale dovrebbe condannare e fornire una valutazione chiara e inequivocabile delle azioni di genocidio commesse dalle autorità azere contro la pacifica popolazione armena, che non solo impedirà la ripetizione di tali atrocità in futuro, ma contribuirà anche a sanare la situazione in Azerbaigian.»

(traduzione e grassetto redazionale)

– Il premier dell’Armenia ritorna in argomento riguardo l’incontro con il presidente azero e il successivo pubblico dibattito a Monaco di Baviera affermando che la discussione abbia rappresentato un punto di svolta.

«Da maggio 2018, l’Azerbaigian ha cercato di convincere l’intera comunità internazionale che l’Armenia ha una posizione distruttiva sulla questione del Karabakh» ha affermato. «Questa conversazione [di Monaco, NdR] ha chiaramente dimostrato alla comunità internazionale che l’Armenia ha una posizione costruttiva sulla questione del Karabakh, mentre l’Azerbaigian ha una posizione distruttiva, persino razzista, sulla questione del Karabakh; questo è il risultato più importante

Per il Primo Ministro, il secondo risultato più importante è che ha adempiuto una delle sue più importanti promesse al popolo armeno. «Ho detto che non avrò segreti del popolo armeno nel processo di negoziazione sulla questione del Karabakh» ha osservato Pashinyan. «L’intero popolo armeno deve essere consapevole del contenuto della questione del Karabakh».

Inoltre, ha detto, è successa una cosa molto importante a seguito di quell’incontro: «È in fase di elaborazione un nuovo contenuto dei negoziati sulla questione del Karabakh, che per convenzione chiamo Principi di Monaco».

Nikol Pashinyan ha sottolineato che se esiste una proposta per uno strumento di sicurezza altrettanto efficace, tale proposta dovrebbe essere formulata e il popolo armeno discuterà se sia accettabile o meno per loro. «Diciamo che questo status quo, quando è stato formato, quando le forze di autodifesa di Artsakh hanno preso il controllo di quei territori [i territori fuori dalla oblast del Nagorno Karabakh, NdR], hanno fatto in modo che le azioni aggressive dell’Azerbaigian venissero allontanate dal Nagorno-Karabakh per quanto possibile per renderle inaccessibili. Se esiste una proposta per uno strumento di sicurezza ugualmente efficace, sia formulata tale proposta e il popolo armeno discuterà se sia accettabile o meno per esso».

Il Primo Ministro armeno ha ribadito che il Nagorno Karabakh ha ottenuto l’indipendenza proprio come l’Azerbaigian. «Quando parlano del principio di integrità territoriale, parlano del principio di integrità territoriale di quale paese?» chiede Pashinyan che aggiunge. «Quando l’Azerbaigian ottenne l’indipendenza, mantenne l’integrità territoriale dell’Unione Sovietica? Una contro domanda può essere espressa considerando che lo stato dell’Unione Sovietica non esiste più. Ma anche lo stato in cui Nagorno Karabakh faceva parte non esiste più; quello stato era la Repubblica socialista sovietica dell’Azerbaigian. Questo discorso ha sottigliezze che devono essere prese in considerazione».

Queste le dichiarazioni alla televisione pubblica dell’Armenia

(traduzione redazionale)