Ecco di chi è la colpa degli scontri fra armeni e azeri

Guida ragionata all’ennesima follia turco- azera nel Caucaso

Come noto, nei giorni scorsi è nuovamente esplosa la tensione fra armeni e azeri. A differenza di quanto avvenuto nel 2016 (la cosiddetta “Guerra dei quattro giorni”), questa volta gli incidenti non hanno riguardato la linea di contatto fra la repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh e la repubblica di Azerbaigian ma il confine internazionale fra quest’ultima (regione di Tovuz) e la repubblica di Armenia (regione di Tovush).

Da domenica 12 luglio e per cinque giorni i combattimenti sono stati molto intensi, vi sono stati morti e feriti e sono risultate coinvolte anche le popolazioni residenti a ridosso della linea di demarcazione.

Facciamo un breve ripasso di cosa è accaduto e sulle responsabilità.

Confine labile – Occorre innanzitutto sottolineare come la linea di frontiera tra i due Paesi sia molto incerta. Si sono consolidate delle posizioni difensive da una parte e dall’altra che non rispecchiano più l’originario confine ma sono il frutto di scaramucce risalenti alla fine delle repubbliche socialiste sovietiche. Con lo scoppio della guerra del Nagorno Karabakh, nel 1992, le ripercussioni si sono avute anche su quel bordo, sono sparite le exclave sia in territorio azero che armeno anche perché la popolazione ha ritenuto opportuno scappare e rifugiarsi nel proprio Paese d’origine. Il confine è militarizzato, postazioni difensive si trovano disseminate specie nei punti in altura che consentono un miglior controllo del territorio nemico.

Domenica 12 – Verso le 13,30 di domenica 12 luglio un gruppo di incursori azeri ha tentato di entrare in territorio armeno. È stato respinto. Nel pomeriggio sono cominciati pesanti bombardamenti azeri con colpi di mortaio da 82 e 120 mm non solo verso le postazioni difensive armene ma anche contro gli insediamenti civili a ridosso del confine (in particolare il villaggio di Chinari). Un fuoristrada UAZ è abbandonato dagli azeri nella zona cuscinetto (la cosiddetta “terra di nessuno”) dove mai avrebbe dovuto trovarsi.

Altre incursioni respinte – Nella notte si registrano altre incursioni azere in territorio armeno. La difesa respinge gli assalitori che lasciano sul campo, sempre nella zona cuscinetto ma anche entro i confini dell’Armenia, una dozzina di soldati scelti. Gli armeni contano quattro vittime. Movimento di carri armati azeri viene registrato poco oltre la linea di contatto. La gravità degli scontri è tale che il Gruppo di Minsk dell’Osce rilascia immediatamente un comunicato con il quale invita le parti a cessare gli scontri. Si muove anche Mosca.

Mammadyarov silurato – Lo storico ministro degli Esteri dell’Azerbaigian, Elmar Mammadyarov, in carica dal 2004, viene silurato all’improvviso da Aliyev proprio nel bel mezzo della crisi politica e militare. Il dittatore di Baku non avrebbe gradito un atteggiamento “troppo morbido” nelle trattative (poche settimane prima si era lamentato dei negoziati) e alcune critiche all’operazione militare contro l’Armenia. Al suo posto nomina un falco, il ministro dell’Educazione Jeyhun Bayramov, quello che nei libri scolastici ha introdotto l’armenofobia.

Civili target e scudi umani – Gli azeri continuano a bombardare con colpi di mortaio le case dei villaggi armeni prossimi al confine provocando il danneggiamento di una cinquantina di abitazioni. Colpiscono anche una fabbrica tessile che produce mascherine anti-Covid: siamo in piena pandemia e disattendendo le raccomandazioni degli organismi internazionali, l’Azerbaigian non solo si avventura in una operazione di guerra ma addirittura colpisce i presidi che servono a contenere la diffusione del virus. Al tempo stesso, posiziona i propri mortai tra le abitazioni dei villaggi facendosi scuso dei civili (pratica vietata dalle convenzioni internazionali) salvo poi denunciare che gli armeni stanno intenzionalmente colpendo gli obiettivi civili…

Metzamor – Tanto per abbassare la tensione arriva la dichiarazione di un portavoce del ministero della Difesa di Baku che minaccia di colpire la centrale nucleare armena di Metzamor. Il che non sarebbe un gran colpo di genio dal momento che la conseguente radioattività colpirebbe le vicine Turchia e Georgia arrivando presumibilmente anche nello stesso Azerbaigian… Ma alla stupidità non c’è mai limite. Proteste internazionali e dietrofront: se gli armeni colpiscono la diga di Mingachevir allora noi colpiremo la centrale… Patetici…

Erdogan & Aliyev – L’aggressione militare dell’Azerbaigian contro l’Armenia ha ricevuto immediato appoggio da parte della Turchia: non poteva essere diversamente vista la fratellanza di sangue fra turchi e azeri. Il dittatore di Ankara ama rimestare nel torbido in questi ultimi mesi: entra a piedi uniti nella crisi libica, mostra i muscoli contro Cipro (e l’Unione europea) per lo sfruttamento marino, richiama gli ufficiali in congedo minacciando un attacco militare alla Grecia (sempre per questioni legate allo sfruttamento dei fondali); il tutto dopo gli sconquassi creati nella gestione della crisi siriana e l’aiuto fornito a organizzazioni paraterroristiche. Il progetto dei due è fin troppo chiaro, spazzare via gli armeni provocandoli fino a una guerra risolutiva e cosi “completare il lavoro fatto per secoli dai nostri padri” così come ha recentemente dichiarato Erdogan: tradotto, sterminare tutti gli armeni, ricucire l’unione territoriale fra Turchia e Azerbaigian e rinnovare il sogno del panturanesimo. E pensare che c’è gente che in Italia dà loro corda…

Droni e milioni – L’avventura di Aliyev di metà luglio è costata al regime azero l’abbattimento di non meno di 14 droni (alcuni da osservazione, altri di fabbricazione israeliana da combattimento); una bella mazzata da circa trenta milioni di dollari. Causa moria di droni azeri, Baku è corsa a rifornirsi di altri sei mezzi dalla Turchia. I cinque giorni di scontri lasciano 5 soldati armeni caduti e almeno una dozzina di azeri (probabilmente molti di più, ma Baku è sempre reticente sui dati; secondo alcuni osservatori militari i caduti potrebbero arrivare anche a una quarantina). Inoltre gli azeri hanno perso almeno due postazioni difensive in altura nel contrattacco armeno.

ECCO LE RESPONSABILITA’ DEGLI AZERI

  1. Corpi e mezzi azeri rimasti nella terra di nessuno dove mai si sarebbero dovuti trovare se non avessero tentato di penetrare in territorio armeno; è la prova principe, la pistola fumante diremmo, della responsabilità di Baku nell’attacco
  2. Solitamente chi attacca ha un maggior numero di perdite rispetto a chi si difende
  3. Prima incursione azera intorno alle 13,30 di domenica. Un orario – dopo pranzo domenicale – che per i cristiani armeni poteva essere un segno di minor attenzione nella giornata della festa. Sarà stato solo un caso?
  4. Aliyev da giorni si lamentava dei negoziati a suo dire inconcludenti. Con l’attacco militare voleva spaventare gli armeni e spostare le trattative dalla sua parte, colpendo non più lungo la linea di contatto con l’Artsakh ma specificatamente l’Armenia. Oppure voleva semplicemente innescare la provocazione per un conflitto su scala regionale, magari con il coinvolgimento turco
  5. Il siluramento di Mammadyarov (responsabile dei negoziati e reo, a quanto pare, di critiche sull’operazione militare) è significativo del clima che si respira sul Caspio…
  6. Per giudizio unanime di osservatori politici internazionali, l’Armenia (e anche l’Artsakh) non ha alcun interesse ad attaccare l’Azerbaigian alimentando la tensione. Più va avanti lo status quo e più si consolida la statualità della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh). Gli azeri hanno maggior disponibilità di mezzi e militari e l’economia armena non può permettersi di stare al passo del riarmo nemico.