A rischio altro patrimonio armeno in Artsakh!

Il Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) ha rilasciato, il 2 aprile,  la seguente dichiarazione:

Il 24 marzo 2022, a seguito dell’aggressione azerbaigiana, l’area intorno al villaggio di Parukh nella regione di Askeran della Repubblica dell’Artsakh, l’ex insediamento di Karaglukh e l’omonima altura, sono stati occupati dal nemico e le Forze armate azere hanno immediatamente dato seguito al noto copione della distruzione del patrimonio storico e culturale armeno nel territorio occupato.

Oltre alla sua importanza strategica, la zona è importante anche per il suo ambiente storico-culturale e storico-naturale unico. Secondo l’elenco statale dei monumenti immobili di cultura e storia, nei suddetti territori sono ufficialmente censiti circa 20 monumenti, di cui 2 chiese (una di queste è la chiesa della “Santa Madre di Dio” del XIII secolo, foto allegata), la famosa fortezza di Shikakar-Karaglukh, monumenti culturali di valore archeologico, cimiteri, khachkar [(croci di pietra)], lapidi. Qui si trova anche la grotta di Shikakar, dove nel 2011 è stata condotta una ricerca dalla spedizione archeologica internazionale di Azokh.

Va però sottolineato che l’area non è stata ancora sufficientemente studiata, come confermano anche le ricerche condotte nell’area nel dicembre 2021, a seguito delle quali sono stati scoperti altri trenta monumenti.

Attesa l’amara esperienza della politica dell’odio anti-armeno dell’Azerbaigian, allorchè quel Paese organizza e incoraggia al più alto livello il vandalismo culturale nei territori occupati dell’Artsakh, possiamo dichiarare con sicurezza che anche il patrimonio storico e culturale di Parukh e Karaglukh sotto l’occupazione dell’Azerbaigian è in pericolo.

Le nostre preoccupazioni diventano più sostanziali dopo aver visto il video pubblicato dall’agenzia di stampa azerbaigiana AZTV il 30 marzo 2022, che mostra i resti umani riesumati dagli azeri. La macchina della propaganda azerbaigiana, ricorrendo a un metodo ingannevole e insidioso, presenta questo fatto come una sepoltura di massa di azeri nel villaggio di Ivanyan (in azerbaigiano Khojaly), a seguito delle ostilità del 1992. Tuttavia, la realtà è completamente diversa. In particolare:

1. Sebbene la parte azerbaigiana ricorra da tempo alla falsificazione, accusando la parte armena del massacro degli azeri nel villaggio di Ivanyan, ci sono prove inconfutabili che le forze armate dell’Artsakh abbiano fornito un corridoio umanitario alla popolazione civile prima e durante le ostilità, e questo massacro è avvenuto dai militanti dell’opposizione azerbaigiana nella periferia di Akna (l’azerbaigiana Aghdam) che è sotto il loro controllo. Intendevano usare il massacro in Azerbaigian come base per il colpo di stato, riconosciuto anche dall’allora presidente Ayaz Mutalibov.

2. Sulla base dell’analisi di sufficienti dati fattuali, geografici e culturali di cui disponiamo, diventa chiaro che il filmato sopra menzionato è stato girato nel cimitero armeno di Parukh chiamato “Kalen Khut“, che risale al IX-XII secolo (mappa allegata). Pertanto, le ossa presentate sono i resti celesti di un vecchio cimitero armeno.

A) Esperti che hanno familiarità con l’area e gli abitanti di Parukh affermano che il video è stato girato nel cimitero “Kalen Khut“.

B) Basta uno sguardo di culturologi e archeologi per stabilire che i crani umani presentati nel video hanno una struttura brachicefalica (a testa tonda) di tipo antropologico armenoide tipica degli armeni, mentre la popolazione dell’Azerbaigian ha struttura dolicocefalica (a testa lunga) di cranio di tipo antropologico del Caspio (foto allegate).

C) Tutte le ossa presentate hanno una superficie liscia, il che in senso archeologico significa che non hanno 30 anni, ma secoli, mentre gli antenati nomadi della popolazione azerbaigiana hanno invaso queste parti dell’Artsakh solo nei secoli 18-19.

3. Inoltre, la macchina di propaganda azerbaigiana utilizza un argomento così infondato e falso che si può anche sostenere che il villaggio di Ivanyan (azero Khojaly) si trova ad almeno 17 chilometri da Parukh (mappa allegata). È chiaro che le ostilità a Ivanyan non potevano avere nulla a che fare con Parukh.

I fatti sopra citati sono così eloquenti che dobbiamo registrare ancora una volta non solo un altro episodio di distruzione del patrimonio culturale armeno da parte azerbaigiana, ma anche la falsificazione anti-armena e il tentativo di ingannare il proprio popolo e la comunità internazionale.

Pertanto, tenendo conto dei crimini sistematici e deliberati commessi dall’Azerbaigian nei decenni precedenti contro il ricco patrimonio culturale armeno e cristiano, che hanno acquisito nuovo slancio dalle ostilità del 2020 e sono stati registrati da molte organizzazioni internazionali, inclusa la risoluzione adottata dal Parlamento europeo il 9 marzo 2022, chiamiamo l’interna comunità nazionale, le organizzazioni per i diritti umani e le organizzazioni per la protezione del patrimonio culturale a non mostrare indifferenza e ad adottare misure contro l’etnocidio culturale commesso dall’Azerbaigian.
Ci rammarichiamo che fino ad oggi l’UNESCO, nonostante i suoi impegni e la sua missione, non abbia inviato una missione conoscitiva nei territori occupati dell’Artsakh e non eserciti sforzi significativi per prevenire la commissione di nuovi crimini da parte dell’Azerbaigian.

[traduzione e grassetto redazionale]

mappa della zona
Chiesa della Santa madre di Dio a Karaglukh
Scletri riesumati dagli azeri e attribuiti a loro connazionali di Ivanjan
Ossa di armeni (9-12° secolo) vandalizzate dagli azeri