Tag Archivio per: Azerbaigian

Gli espansionisti azeri negli ultimi decenni hanno trovato una nuova “patria” nel territorio degli storici altopiani armeni e nelle regioni circostanti.

Questo fenomeno può essere considerato uno degli esempi eclatanti di una politica espansionistica aggressiva, mirata non solo a cambiare la composizione etnica della regione, ma anche a riformattare il patrimonio culturale e storico.

Storicamente, gli azeri, in quanto popolo nomade, sono sempre stati all’intersezione di diverse civiltà e culture, che continuano a modellare la loro identità. Tuttavia, la loro élite politica, utilizzando idee nazionaliste, ha iniziato a perseguire politiche volte a consolidare ed espandere la propria influenza nei territori che considerano “originariamente azeri”. Durante questa politica espansionistica furono utilizzati sia metodi militari che manipolazioni diplomatiche sulla scena internazionale.

Questa tendenza si è manifestata in modo particolarmente chiaro nei secoli XX-XXI. Il governo dell’Azerbaigian, a partire dal periodo sovietico e dopo aver ottenuto l’indipendenza, ha adottato sistematicamente misure per spostare gli armeni indigeni dalle loro terre natali, distorcere la verità storica e anche creare le condizioni per il reinsediamento degli azeri in queste regioni.

Ciò è stato preceduto da una serie di deportazioni forzate, pulizia etnica e persino vero e proprio genocidio della popolazione armena del Nagorno Karabakh e delle aree circostanti.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Azerbaigian ha iniziato a promuovere attivamente l’idea di “integrità territoriale”, ignorando completamente le norme internazionali sui diritti dei popoli all’autodeterminazione.

Sotto la bandiera della “liberazione dei territori occupati”, la leadership azera lanciò un’aggressione militare su larga scala contro il Nagorno Karabakh, che portò alla Prima Guerra del Karabakh (1988-1994). Tuttavia, nonostante la temporanea cessazione delle ostilità attive, le aspirazioni espansionistiche e misantropiche di Baku non si placarono.

Particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’ideologia che viene propagata in Azerbaigian.

Si basa sui miti sulle “grandi terre azerbaigiane” presumibilmente conquistate dagli Stati vicini, in particolare dall’Armenia.

È molto significativo che nei moderni libri di storia dell’Azerbaigian il Nagorno Karabakh e i territori circostanti siano descritti come “originariamente azeri”, nonostante la secolare presenza armena nella regione.

Questa retorica ignora deliberatamente il fatto dell’esistenza di chiese, fortezze, cimiteri e altri siti del patrimonio culturale armeni, che furono distrutti senza pietà durante e dopo le operazioni militari.

La condotta della seconda guerra del Karabakh nel 2020 è stata il culmine delle politiche espansionistiche dell’Azerbaigian.

Usando armi moderne e il sostegno di regimi distruttivi, l’Azerbaigian riuscì a conquistare vasti territori, comprese le città di Shushi e Hadrut. Dopo la firma dell’accordo di pace, Baku ha continuato a insistere sulla propria egemonia nella regione, nonostante le continue proteste e preoccupazioni della comunità internazionale per le violazioni dei diritti umani e la conservazione del patrimonio culturale armeno.

Il governo azero è attivamente impegnato nella “riscrittura” della storia e nella costruzione di una nuova identità per i suoi cittadini, volta a giustificare l’espansione. Tutto ciò è rafforzato dalla propaganda statale, che mira a cementare nelle menti dei cittadini l’idea di “terre prese ingiustamente” e il “diritto alla restituzione” di questi territori ad ogni costo.

Pertanto, la nuova “patria” che gli espansionisti azeri hanno trovato per sé non è una conseguenza dei diritti storici o etnici.

Questo è il risultato di molti anni di politiche aggressive volte a conquistare terre straniere e a distorcere i fatti storici.

Armenia e Azerbaigian non arrestano la propria corsa agli armamenti (Scenari economici, 8 ott)

Armenia-Azerbaigian, accordo per la pace vicino alla firma finale. (Sardegnagol, 9 ott)

«Nagorno-Karabakh? Una catastrofe. E non solo per noi armeni» (Tempi, 10 ott)

Armenia, la vita dopo la guerra (Osservatorio Balcani Caucaso, 10 ott)

Armenia. Il governo si rifiuta di sottoscrivere le dichiarazioni della CSI (Notizie geopolitiche, 10 ott)

Il conflitto in Nagorno-Karabakh: analisi geopolitica. Intervista al dott. Giorgio Comai (Metasud, 16 ott)

Armenia e Azerbaijan, colloqui in bilico mentre si avvicina la COP29 (Osservatorio Balcani Caucaso, 18 ott)

Il 25 settembre è l’anniversario dell’esplosione alla stazione di servizio Aykazov sulla strada Stepanakert-Askeran avvenuta nel 2023.

A seguito dell’esplosione, 219 persone sono state uccise, più di 300 sono rimaste ferite e 22 sono disperse.

Nei giorni concitati di un anno fa dopo l’attacco azero e la fuga della popolazione dall’Artsakh verso l’Armenia, centinaia di persone si accalcarono nei pressi del deposito per recuperare del carburante per rifornire il proprio veicolo e guadaganare così la via di fuga verso la salvezza. Una scintilla e fu catastrofe.

Non è stato possibile identificare tre corpi mediante il DNA, il che fa supporre che si tratti dei corpi degli azeri che sono penetrati nella zona e hanno organizzato l’esplosione. Lo sospetta la moglie di uno dei dispersi in seguito all’esplosione a Stepanakert in una conversazione con i giornalisti durante una protesta che si è tenuta a Yerevan nel primo anniversario dell’evento.

Ha lamentato l’inattività delle autorità armene e delle organizzazioni internazionali per fare piena luce sulle cause. La donna è sicura che suo marito non sia stato ucciso perché il ragazzo che gli stava accanto è vivo.

“Inoltre, nel 2023 il 7 ottobre, una delle persone scomparse ha chiamato da Shushi e ha informato che c’erano altre quattro persone con lui. Inoltre, nessuno vuole cercare queste informazioni e scoprire cosa sta succedendo”, ha detto.

Insomma, su quella tragedia – che si aggiunse al dolore di un popolo cacciato dalla propria terra – si addensano anche ombre di sospetti sul ruolo attivo degli azeri. Voci di tal genere erano circolate immediatamente: si parlava anche di possibili colpi di cecchino verso le cisterne di carburante ma furono dimenticate nella concitazione dell’esodo forzato degli armeni.

Ora, a distanza di un anno ritornano e aumentano il mistero su cosa abbia innescato la strage.

Oggi nell’Artsakh rimangono 14 armeni.

Lo ha detto Gegham Stepanyan, ombudsman dell’Artsakh, durante una tavola rotonda tenutasi oggi.
Anche le persone che una volta speravano di poter restare e vivere in Azerbaigian, alla fine si sono convinte che ciò è impossibile e si sono rivolte alla Croce Rossa per trasferirle nella Repubblica di Armenia. Questo è un altro indicatore e dovrebbe anche dimostrare che è impossibile vivere lì“, ha detto.

Stepanyan ha osservato che si parla di un processo molto pericoloso, che le cause legali vengono ritirate dai tribunali internazionali.
Molte organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che ciò non potrà mai accadere, poiché ciò mina la procedura giusta e corretta di risoluzione dei conflitti. Ma almeno in questo momento vediamo che la posizione del governo dell’Armenia rimane la stessa. È stata adottata una posizione secondo cui se si raggiunge un accordo di pace ad ogni costo, la questione sarà chiusa. Ciò significa semplicemente tradire i diritti di 150.000 persone e non avere un volto per presentarci ovunque come un popolo, una nazione, che anche quando c’è stata l’opportunità di proteggerla, non l’abbiamo fatto, abbiamo semplicemente creduto nella pace“, ha affermato.

Armenia: il dilemma del nucleare (Osservatorio Balcani Caucaso, 2 set)

Armenia. Pressioni degli Usa per dirottare il paese verso occidente (Notizie geopolitiche, 2 set)

AZERBAIJAN. Elezioni anticipate vinte da Alijev. l’OSCE scettica (AGC, 3 set)

Armenia e Azerbaigian potrebbero non essere lontane da un accordo di pace (Eunews, 3 set)

AZERBAIGIAN: Vietato l’ingresso a 76 deputati europei critici del regime (Eastjournal, 3 set)

Gol e rivendicazioni – L’impresa sportiva del Fc Noah riapre il dibattito sul Nagorno-Karabakh (Linkiesta, 4 set)

Azerbaigian, il partito al governo vince le parlamentari ma nel Paese della Cop29 non c’è democrazia (Lifegate, 5 set)

Schiaffo dell’Armenia a Putin, in vista patto con gli Usa sul nucleare (Il fatto quotidiano, 8 set)

L’Iran si schiera con l’Armenia in una scottante questione nel Caucaso (Scenari economici, 9 set)

Un deputato del parlamento armeno insiste sulla necessità di riprendere i lavori della commissione interparlamentare Armenia-Nagorno-Karabakh (Recensione militare, 9 set)

L’ultima pulizia etnica: il Nagorno Karabakh (Difesa online, 10 set)

Viva gli Armeni, viva gli Azeri (Corriere della sera, 10 set)

Il genocidio armeno tra storia e relazioni internazionali (Il caffè geopolitico, 11 set)

Il rapporto speciale tra Azerbaigian e Italia profuma di gas (Lifegate, 11 set)

Il gioco delle tre carte (Korazym, 12 set)

Salta l’accordo di pace provvisorio tra Armenia e Azerbaigian (Lifegate, 13 set)

L’Armenia offre un accordo di pace all’Azerbaigian (Renovatio21, 14 set)

Nagorno-Karabakh, la guerra dimenticata (Gli stati generali, 16 set)

Un anno dopo l’invasione del Nagorno-Karabakh, «l’Armenia è a rischio» (Tempi, 19 set, per abb.)

Chi è rimasto in Nagorno Karabakh? (RSI, 19 set)

La rottura tra Mosca ed Erevan passa da un complotto sventato. Ecco cos’è successo (Formiche, 19 set)

Primo anniversario dell’attacco militare dell’Azerbajgian che ha provocato lo sfollamento forzato dell’intera popolazione dell’Artsakh (Korazym, 19 set)

L’Armenia vuole appoggiarsi all’India per modernizzare la propria aviazione (Scenari economici, 19 set)

Erevan tra Francia e Russia (Asia news, 20 set)

Armenia: l’allontanamento dalla Russia si fa più deciso dopo la denuncia del tentato golpe e l’accordo su Zangezur (Scenari economici, 21 set)

C’è un’Italia che si ribella alla pulizia etnica degli armeni (Tempi, 21 set)

Caucaso: mentre il mondo si prepara alla guerra, in Armenia potrebbe “scoppiare” la Pace (Difesa online, 23 set)

Giochi di potere sull’Armenia? (Osservatorio repressione, 23 set)

Armenia: Vite al confine. Seminare fiori per arginare le erbacce (East journal, 24 set)

Yerevan e Baku al bivio, la Russia fa la voce grossa (Osservatorio Balcani Caucaso, 24 set)

Un silenzio non così innocente (Ticino online, 25 set)

Il tentato golpe in Armenia è un’imbarazzante sconfitta per Putin (Linkiesta, 25 set)

Armenia-Turchia: incontro Pashinyan Erdogan: “Proseguire gli sforzi per normalizzare le relazioni” (Agenzia Nova, 25 set)

ARMENIA, UN ANNO DALL’OCCUPAZIONE DEL NAGORNO-KARABAKH (Opinione delle libertà, 26 set)

Russia e Azerbaigian prendono di mira la missione dell’UE in Armenia (Color news, 26 set)

L’Armenia valuta l’uscita definitiva dal CSTO (Osservatorio Balcani Caucaso, 26 set)

Clima, l’Azerbaijan non ha le carte in regola per Cop29 (Manifesto, 26 set)

Con l’avvicinarsi della COP29, le autorità azere prendono di mira gli attivisti per la pace e le voci indipendenti (Color news, 27 set)

La presidenza dell’Azerbaigian: “Se l’Armenia vuole la pace, rinunci al Karabakh, cambi la Costituzione e smilitarizzi” (La Repubblica, 27 set, per abb.)

Russia e Azerbaigian prendono di mira la missione dell’UE in Armenia (Color news, 27 set)

Passi avanti su trattato di pace Armenia-Azerbaigian (Ansa, 27 set)

L’ Armenia continua a dipendere fortemente dalla Russia  (IARI, 28 set)

Nagorno-Karabakh: A un anno dalla pulizia etnica, l’Azerbaijan lavora per cancellare ogni traccia di cristiani e armeni (Entrevue, 28 set)

Ricordiamo che è possibile consultare il nostro database notizie a partire dal settembre 2015. E’ sufficiente digitare nella casella “ricerca” (lente), nella barra sulla homepage, il nome del mese seguito dall’anno (ad esempio: “gennaio 2020”).

(1) ELEZIONI FARSA – In Azerbaigian si sono svolte oggi elezioni parlamentari anticipate. Su 125 seggi disponibili, 124 sono andati al partito di Aliyev oa formazioni a lui vicine e non ostili. Duro giudizio della comunità internazionale che ha sottolineato la mancanza di trasparenza e di competizione politica.

(2) ANNIVERSARIO INDIPENDENZA – Oggi ricorre il 33° anniversario della dichiarazione di indipendenza dell’Artsakh, ora occupato dagli azeri. A Yerevan, il presidente incarica Sharamanyan si è recato al pantheon di Yerablur per deporre una corona di fiori al monumento dedicato ai caduti della lotta di liberazione. Presente anche il vescovo della diocesi dell’Artsakh, Abrahamyan.

(7) ULTIMI ARMENI RIMASTI – Oggi nell’Artsakh rimangono 14 armeni. Lo ha detto Gegham Stepanyan, ombudsman dell’Artsakh, durante una tavola rotonda tenutasi oggi. “Anche le persone che una volta speravano di poter restare e vivere in Azerbaigian, alla fine si sono convinte che ciò è impossibile e si sono rivolte alla Croce Rossa per trasferirle nella Repubblica di Armenia. Questo è un altro indicatore e dovrebbe anche dimostrare che è impossibile vivere lì“, ha detto. Stepanyan ha osservato che si parla di un processo molto pericoloso, che le cause legali vengono ritirate dai tribunali internazionali.
Molte organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che ciò non potrà mai accadere, poiché ciò mina la procedura giusta e corretta di risoluzione dei conflitti. Ma almeno in questo momento vediamo che la posizione del governo dell’Armenia rimane la stessa. È stata adottata una posizione secondo cui se si raggiunge un accordo di pace ad ogni costo, la questione sarà chiusa. Ciò significa semplicemente tradire i diritti di 150.000 persone e non avere un volto per presentarci ovunque come un popolo, una nazione, che anche quando c’è stata l’opportunità di proteggerla, non l’abbiamo fatto, abbiamo semplicemente creduto nella pace“, ha affermato.

(9) ULTIME ELEZIONI IN ARTSAKH – Un anno fa, il 9 settembre 2023, in Artsakh si sono svolte le ultime elezioni libere e democratiche. Il parlamento, dopo le dimissioni del presidente Harutyunyan (oggi incarcerato in Azerbaigian) votò il successore nella persone di Samvel Shahramanyan. Dieci giorni più tardi gli azeri attaccarono nuovamente il territorio armeno.

(9) ISLAMIZZAZIONE VIRTUALE DELL’ARTSAKH – L’osservazione delle mappe satellitari ci permette di dire che la parte azera ha iniziato ad aumentare artificialmente il numero delle moschee nell’Artsakh. Lo scrive il sito monumentowatch.org, che monitora il patrimonio culturale dell’Artsakh. Su Google maps compaiono numerose moschee “virtuali” posizionate in numerosi villaggi della regione. I segnali delle moschee sono posizionati artificialmente su siti web accessibili al pubblico che mostrano immagini satellitari. È interessante notare che come obiettivo è stata scelta la regione di Hadrut, la maggior parte dei cui villaggi erano armeni, avevano una popolazione armena e non vi erano mai case di preghiera islamiche. I villaggi sopra menzionati non hanno più abitanti dopo l’occupazione del 2020, lì non sono in corso lavori di costruzione, per non parlare di lavori di costruzione di moschee.

(10) NEGOZIATI DI PACE – “Questo è un momento davvero importante per la nostra regione per prendere ciò che è già stato concordato“. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan lo ha affermato nel suo discorso al forum internazionale Yerevan Dialogue 2024 martedì, e riferendosi alla bozza del trattato di pace con l’Azerbaigian. Pashinyan ha sottolineato che l’Armenia e l’Azerbaigian hanno già più di un pacchetto di controllo per il trattato di pace. “Proponiamo di mettere sul tavolo le clausole 13+3 dell’accordo, firmarlo ora come “trattato di pace” e procedere alla discussione di ulteriori questioni. Spero che questo illustre pubblico concordi sul fatto che non c’è mai stato alcun trattato da nessuna parte che affronti e risolva tutte le questioni; non esiste alcun trattato del genere. Anche se esaminiamo con 20,50 articoli, ci saranno comunque articoli che rimarranno irrisolti nel trattato dato. Non ci sono paesi le cui relazioni sono normalizzate da un singolo trattato“, ha osservato il Primo Ministro armeno. Pashinyan ha sottolineato che è molto importante gettare le basi, o non respingere, quelle già gettate in seguito a diversi anni di negoziati. “Spero che nel prossimo futuro avremo l’opportunità di firmare la parte già concordata del trattato di pace e di procedere con i restanti negoziati per risolvere ulteriori questioni“, ha aggiunto il premier armeno.

(11) DISINFORMAZIONE AZERA – La dichiarazione diffusa dal Ministero della Difesa dell’Azerbaigian, secondo cui mercoledì intorno alle 10:50 unità delle Forze Armate armene hanno aperto il fuoco contro le postazioni di combattimento azere situate nella parte occidentale del confine (Nakhijevan), non corrisponde alla realtà secondo quanto riferisce il ministero della Difesa dell’Armenia.

(19) 19 SETTEMBRE 2023 – 19 SETTEMBRE 2024 – L’aggressione azera alla repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) ha provocato l’esodo forzato di tutta la popolazione armena. Oltre 101.000 persone, già provate da dieci mesi di blocco criminale operato dal regime di Aliyev, si affollano lungo la strada che porta in Armenia. Oltre 40 ore di auto per percorrere gli ottanta chilometri che separano Stepanakert al confine. I terroristi azeri rimuovono il blocco per far uscire la popolazione salvo arrestare tutte le autorità della repubblica (in carica ed ex). La Russia che avrebbe dovuto proteggere gli armeni non muove un dito. L’Unione europea e gli Stati Uniti lasciano che il dittatore completi la pulizia etnica.
NOI NON DIMENTICHIAMO, NON DIMENTICHEREMO MAI

(19) 19 SETTEMBRE 2023 – 19 SETTEMBRE 2024 – L’occupazione, un anno fa, della Repubblica dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian ha provocato gravissime perdite materiali, colpendo sia il patrimonio culturale che le infrastrutture essenziali. I danni registrati comprendono: 12 città – 241 villaggi – 13.550 case (30% con più di 100 anni) – 11.450 appartamenti – 60 fabbriche – 15 impianti di produzione – 200 centri culturali – 9 poli culturali – 25 musei – 232 scuole – 7 college – 4 università – 11 scuole d’arte – 400 cimiteri medievali – 385 chiese – 60 complessi monastici – 2.385 khachkar (croci di pietra) – 4 bacini idrici – 5 canali – 37 centrali idroelettriche – 48 siti minerari – 11 ospedali e presidi sanitari – 230 centri medici. Questi ingenti danni riflettono non solo una perdita di proprietà, ma un attacco all’identità culturale armena e al retaggio storico della regione.

(19) DICHIARAZIONE MINISTERO ESTERI ARMENIA – Il Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia nel primo anniversario dello spostamento forzato del Nagorno Karabakh ha rilasciato la seguente dichiarazione:
Un anno fa, il 19 settembre, a seguito dell’attacco militare dell’Azerbaigian, l’intera popolazione indigena del Nagorno Karabakh, più di 115.000 armeni, ha dovuto abbandonare le proprie case nel giro di pochi giorni. Questo spostamento, che è stato l’ultima fase della politica di pulizia etnica, ha avuto luogo durante la sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando l’intera comunità internazionale si era nuovamente riunita per discutere l’imperativo della risoluzione pacifica dei conflitti, dell’istituzione della stabilità e dello sviluppo, condannando l’uso della forza, la violazione delle norme internazionali e dei diritti umani in diverse parti del mondo. Nel corso dell’anno trascorso, il governo armeno ha adottato le misure necessarie, anche con l’aiuto di partner internazionali, per rispondere alle esigenze primarie e a medio termine degli armeni sfollati del Nagorno-Karabakh, nonché per sviluppare i programmi necessari a lungo termine. La prossima settimana riprenderanno a New York i dibattiti ad alto livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: gli eventi dell’anno appena trascorso dimostrano l’importanza di sforzi urgenti per garantire la stabilità internazionale e la realizzazione di idee e misure che consentano di stabilire la pace. La posizione della Repubblica di Armenia nel garantire la stabilità nel Caucaso meridionale è chiara: immediata instaurazione della pace e delle relazioni basate sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale, sulla visione di garantire uno sviluppo sostenibile, un’efficace interconnettività e prosperità nella regione. Per realizzare tutto ciò, per non perdere l’opportunità disponibile in questo momento e per creare un ambiente favorevole a una vita più stabile e dignitosa per generazioni, ci aspettiamo una chiara dimostrazione di volontà politica e impegno per l’agenda di pace da parte di altri attori interessati allo stesso obiettivo.”

(19) PROPOSTA LEGGE USA – Introdotto dal deputato statunitense Adam Schiff, un disegno di legge bipartisan che prevede di:▪️Richiedere a tutte le istituzioni finanziarie statunitensi che possiedono beni sovrani azeri di segnalare tali beni all’Ufficio di controllo dei beni esteri del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Entro 60 giorni dalla data di adozione della legge, il Presidente deve bloccare le transazioni relative a questi beni ed entro 90 giorni dalla data del blocco, confiscarli. ▪️Creare un Fondo per il ripristino delle entrate dell’Artsakh che riceverà beni azeri confiscati e quindi utilizzerà questi fondi per risarcire gli armeni aventi diritto sfollati dall’Artsakh per la perdita di reddito derivante dalle loro proprietà, attività commerciali e occupazione a seguito dell’attacco militare dell’Azerbaigian. ▪️ Sequestrare beni personali negli Stati Uniti e imporre restrizioni sui visti agli alti funzionari azeri e ai loro parenti stretti che hanno partecipato o sostenuto l’offensiva militare sull’Artsakh. ▪️Creare una procedura semplificata per richiedere un risarcimento al Fondo per gli armeni sfollati aventi diritto.

(19) ANNIVERSARIO ATTACCO AZERO, DELEGAZIONE ARTSAKH IN VISITA A YERABLUR – Le autorità dell’Artsakh, guidate dal presidente Samvel Shahramanyan, hanno visitato ieri il Pantheon militare Yerablur a Yerevan nel primo anniversario dell’occupazione dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian e della deportazione forzata della sua popolazione armena. La delegazione ha deposto fiori e ha reso omaggio agli armeni martirizzati difendendo l’Artsakh. Shahramanyan ha evidenziato i ricordi dolorosi dei dieci mesi di blocco e di quattro mesi di assedio che hanno portato all’aggressione militare dell’Azerbaigian. Gli eventi del settembre 2023, comprese le operazioni militari e l’esplosione del deposito di carburante, hanno provocato numerose vittime e feriti, costringendo migliaia di armeni a lasciare la propria patria. Shahramanyan ha promesso di onorare la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita, consentendo a oltre 100.000 persone di sfuggire al blocco ed evitare ulteriori tragedie. Ha anche espresso rammarico per le dichiarazioni dei funzionari armeni che vedono l’Artsakh come parte dell’Azerbaigian, chiedendosi se ciò rifletta le convinzioni del popolo armeno o solo del governo. In risposta alle domande sul suo ruolo dopo lo scioglimento dell’Artsakh, Shahramanyan ha dichiarato che coloro che vogliono riconoscere l’Artsakh continueranno a farlo, respingendo i fondamenti giuridici della questione.

(19) AZIONE PENALE VERSO GLI AGGRESSORI AZERI – “Oggi, nel primo anniversario dell’aggressione genocida e disgustosa dell’Azerbaigian contro il popolo dell’Artsakh e della nostra deportazione, Gegham Stepanyan e io abbiamo intentato una causa presso la CPI (Corte Penale Internazionale) per i crimini dell’Azerbaigian contro l’umanità. I colpevoli devono essere puniti!”. Lo ha dichiarato l’ex ministro di Stato ArtakBeglaryan.

(20) LA FUGA DALL’ARTSAKH – Durante un’audizione al Congresso degli Stati Uniti sul tema Artsakh, il direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa “Crude Accountability”, Sharmakh Mardi, ha dichiarato: “I social network azerbaigiani hanno pubblicato apertamente minacce di violenza contro la popolazione civile dell’Artsakh, dagli annunci di bambini scomparsi alla diffusione di immagini e resoconti di massacri di residenti che si sono rifiutati di evacuare dalle loro case; di conseguenza, i civili hanno tentato disperatamente di fuggire prima dell’arrivo dell’esercito azerbaigiano”.

(21) PARLA VARDANYAN – In una dichiarazione rilasciata dalla prigione di Baku, Ruben Vardanyan ha affrontato le domande sollevate durante la recente conferenza stampa di Nikol Pashinyan. “Innanzitutto, ogni persona giudica le azioni degli altri in base alle proprie esperienze di vita e ai propri principi” ed ha continuato affermando che se Pashinyan avesse avuto delle domande per lui, avrebbe avuto ampia opportunità di sollevarle durante il loro ultimo incontro nel novembre 2022, quando Vardanyan era ancora Ministro di Stato in Artsakh. “In ogni caso, sono pronto anche ora, nello stato delle mie attuali capacità, a rispondere a qualsiasi domanda possa avere”, ha osservato Vardanyan. Riflettendo su un incontro tenutosi nel 2018, Vardanyan ha ricordato a Pashinyan i tre punti chiave che aveva condiviso all’epoca: 1. Né lui né i suoi partner hanno cercato di interferire nella politica armena. 2. Il loro lavoro di beneficenza sarebbe continuato, indipendentemente dalla posizione del governo armeno, poiché era destinato al popolo. 3. La sua unica preoccupazione che avrebbe potuto modificare il suo approccio era il destino dell’Artsakh. Ha sottolineato che la guerra del 2020 e le continue minacce all’Artsakh hanno rappresentato un punto di svolta nella sua vita, plasmando le sue azioni da allora. “Tutte le mie azioni sono state dettate dalla preoccupazione per il destino dell’Artsakh e del suo popolo“, ha ribadito Vardanyan. In chiusura, Vardanyan ha riconosciuto i tempi difficili che l’Armenia sta affrontando, affermando: “Ora, la nostra nazione sta vivendo uno dei periodi più crudeli e difficili della sua storia. Continuo a credere che, nonostante le difficoltà e i disaccordi, saremo in grado di superare questa fase e costruire un futuro pacifico e luminoso“. La dichiarazione è stata rilasciata dall’ufficio di Ruben Vardanyan, attualmente detenuto a Baku.

(22) DICHIARAZIONE CANADA – Melanie Joly, ministro degli Affari esteri del Canada, ha rilasciato domenica una dichiarazione in occasione del primo anniversario della de-armenizzazione dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).

(25) ANNIVERSARIO ESPLOSIONE STEPANAKERT – È trascorso esattamente un anno dall’esplosione nel deposito di benzina vicino all’autostrada Stepanakert-Askeran in Artsakh (Nagorno Karabakh) costato la vita a 238 residenti mentre la sorte di 22 persone è ancora sconosciuta.

(27) DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE SHAHRAMANYAN – Quattro anni fa, in questo giorno, l’Azerbaijan, con il supporto di Turchia, Israele e altri paesi, ha lanciato un attacco su larga scala all’Artsakh e anche all’Armenia. Il presidente dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Samvel Shahramanyan lo ha dichiarato in un’intervista con i giornalisti al Yerablur Military Pantheon di Yerevan. Shahramanyan ha sottolineato che le forze armate armene hanno accettato l’attacco e hanno reagito, e oggi si trova a Yerablur per rendere omaggio ai martiri.
Grazie a loro, è stato possibile prevenire le conseguenze più disastrose della guerra. Ritengo che con i risultati della guerra di 44 giorni, sia stato stabilito l’inizio della predeterminazione del destino dell’Artsakh. Ritengo che ciò che è accaduto nel 2023 sia una conseguenza di ciò“, ha affermato Shahramanyan.
Per quanto riguarda la domanda sui colpevoli della sconfitta in guerra, il presidente dell’Artsakh ha detto: “Sono stati avviati molti casi penali in Armenia, è stato operativo un comitato competente nell’Assemblea nazionale, che probabilmente pubblicherà le conclusioni nel prossimo futuro, e noi ne trarremo le conclusioni appropriate. E la conclusione del comitato sarà una base per noi. E non solo, abbiamo le nostre opinioni, ma se ne può parlare dopo aver appreso i risultati dei casi penali pertinenti“. Il presidente dell’Artsakh ha aggiunto tuttavia che non può commentare i casi penali.
“Come siete riusciti a raggiungere l’Armenia in elicottero dall’Artsakh, mentre il resto della leadership politico-militare dell’Artsakh non ci è riuscito?” I giornalisti hanno posto questa domanda al presidente dell’Artsakh. In risposta, Shahramanyan ha detto: “Non posso commentare le decisioni che sono state prese in Azerbaigian. Le decisioni di arrestare e prendere prigionieri quelle persone sono state prese dagli Azerbaigian. Non so perché non sia stata presa una decisione del genere nei miei confronti. Avremo la risposta a tempo debito”.
Alla domanda se fosse possibile non andare alle trattative con gli azeri e non firmare il decreto sullo scioglimento dell’Artsakh, e cosa sarebbe successo in quel caso, Shahramanyan ha risposto: “Nessuno avrebbe potuto prevedere quale sarebbe stato l’esito. Fino all’ultimo secondo, la gente dell’Artsakh non voleva lasciare le proprie case. Stavamo negoziando con la parte azera per mantenere stabile la situazione e avviare trattative sul futuro destino dell’Artsakh e del popolo [armeno] dell’Artsakh. Ma non abbiamo ricevuto garanzie corrispondenti dall’Azerbaigian che il popolo [armeno] [dell’Artsakh] possa continuare a vivere lì in sicurezza”. E parlando delle accuse secondo cui la leadership dell’Artsakh aveva rifiutato i negoziati con l’Azerbaijan nella capitale bulgara Sofia e invece era andata a negoziare a Yevlakh, in Azerbaijan, il presidente dell’Artsakh ha detto: “Arayik Harutyunyan era il presidente [dell’Artsakh] a quel tempo. E per quanto ne so, il partito dell’Artsakh non ha mai rifiutato i negoziati, da nessuna parte, in nessuna circostanza“.
Il presidente ha inoltre aggiunto: “Ho affermato più volte di aver assunto questo dovere e questa responsabilità [come presidente dell’Artsakh] in un momento in cui praticamente tutti avevano rinunciato all’Artsakh. Abbiamo preso decisioni basate sulla situazione creata“. E riferendosi ai resoconti secondo cui nel 2021 e in seguito, l’allora presidente dell’Artsakh Arayik Harutyunyan voleva dimettersi, ma non glielo hanno permesso, ed è stato in quel momento che si è discusso della candidatura di Shahramanyan come candidato alla presidenza dell’Artsakh, Shahramanyan ha detto: “La mia candidatura è stata discussa negli ultimi giorni, durante i giorni in cui Arayik Harutyunyan ha presentato le sue dimissioni. Ho assunto quella responsabilità, comprendendo la complessità della situazione e non evitando quella responsabilità. Ero molto consapevole di cosa significasse assumere quella posizione“.

(27) PRIGIONIERI ARMENI – Oggi ricorre il primo anniversario dell’arresto arbitrario da parte delle autorità azere di otto leader armeni, a partire dall’arresto dell’imprenditore sociale e filantropo Ruben Vardanyan. Gli otto leader armeni sono stati arrestati illegalmente nel settembre e nell’ottobre 2023 dopo che l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare nella regione del Nagorno-Karabakh, costringendo la popolazione di 120.000 armeni di etnia armena del Nagorno-Karabakh a trasformarsi in rifugiati e ad abbandonare le proprie case. “La detenzione arbitraria di mio padre senza alcuna prova o giusto processo è una chiara violazione di tutte le norme e leggi internazionali“, afferma David Vardanyan, figlio di Ruben Vardanyan. “Chiediamo alla comunità internazionale di intensificare gli sforzi per garantire il suo rilascio immediato e incondizionato insieme agli altri leader politici detenuti illegalmente in Azerbaigian“.

(28) L’AZERBAIGIAN REITERA LE SUE RICHIESTE ALL’ARMENIA – Il ministro degli Esteri azero Ceyhun Bayramov ha incontrato il ministro degli Esteri tedesco Annalena Berbock nell’ambito della 79a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Durante l’incontro sono state discusse le relazioni bilaterali tra Azerbaigian e Germania e l’attuale situazione nella regione nel periodo post-conflitto. Bayramov ha parlato dell’attuale situazione nella regione nel periodo post-conflitto, dei lavori di “recupero e ricostruzione” nell’Artsakh occupato e distrutto dalle forze azere, del processo di normalizzazione delle relazioni tra Azerbaigian e Armenia, osservando che “le continue rivendicazioni territoriali sul nostro paese contenute nella Costituzione e negli atti legislativi dell’Armenia, nonché il rapido armamento di questo paese creano una minaccia all’agenda di pace“.

Il sito “Monumentalwatch” che monitora il patrimonio culturale dell’Artsakh, scrive:

<<Qualche giorno fa, il sito web azerbaigiano Cultura dell’Azerbaigian ha pubblicato una dichiarazione sul famoso monumento dell’Artsakh “Noi siamo le nostre montagne” (Nonno e Nonna), affermando che è stato costruito nella città di Khankendi in Azerbaigian nel 1967 e che è ” Il monumento multiculturale e nazional-religioso dell’Azerbaigian è uno dei tanti esempi di tolleranza.

È noto che il monumento è uno dei simboli moderni dell’Artsakh armeno e che è stato creato come segno e simbolo dell’identità armena della regione.
La vecchia coppia sposata con un atteggiamento e un aspetto tradizionali era la prova del passato storico e delle speranze future degli armeni dell’Artsakh. Speranze che oggi sono state deluse a causa della politica di sterminio degli armeni adottata dall’Azerbaigian.

Lo scultore del monumento in tufo rosso portato appositamente dall’Armenia è Sargis Baghdasaryan, e l’architetto è Yuri Hakobyan. Lo scultore descrisse il suo lavoro come segue: “Il monumento rappresenta gli anziani coniugi Artsakh in costume tradizionale, spalla a spalla, con un atteggiamento fiero e inflessibile e uno sguardo serio. Il monumento non ha un piedistallo, ma sembra che la collina della montagna sia stata spaccata, e loro si sono alzati da quella spaccatura e sono rimasti con i piedi saldamente piantati nel terreno degli armeni. Aggiungiamo che la coppia di anziani, nata ad Artsakh, è stata scolpita nelle figure dei nonni dello scultore. Loro sono le persone, sono la terra, sono noi, le nostre montagne. Queste persone sono nate qui, le loro radici millenarie sono qui, sono loro i veri proprietari di questa terra e di questa natura“, ha scritto lo scultore (“Il popolo del Karabakh” di Sargis Baghdasaryan).

Dopo la completa occupazione dell’Artsakh, la parte ufficiale azera ha toccato a malapena questo monumento per molto tempo. Il monumento, che era il simbolo più luminoso e famoso degli armeni dell’Artsakh, non è stato oggetto di visite e “non notato” dai giornalisti azeri e dai media in visita a Stepanakert occupata. Solo alcuni organi di stampa hanno espresso l’opinione che dovrebbe essere demolito. Nel 2023 sono apparse recenti pubblicazioni in cui si menzionava che il monumento era stato “armenizzato” dagli armeni. la parte azera ha cercato di diffondere la tesi secondo cui non sono contrari al monumento, ma alla sua “interpretazione ideologica nazionalista”. Dalle pubblicazioni azerbaigiane si può concludere che durante gli anni sovietici qualsiasi manifestazione diretta alla storia, alla cultura e alle radici degli armeni nel Nagorno-Karabakh era considerata “nazionalista”.

Recentemente, Kyamran Razmovar, coprendo la Stepanakert occupata, si è riferito specificamente a questo monumento, la cui enfasi principale era che il monumento fu eretto durante gli anni sovietici, quando il Nagorno Karabakh faceva parte dell’Azerbaigian, il che, secondo lui, significa che il monumento era eretto con i soldi stanziati dal bilancio dell’Azerbaigian sovietico, il che significa che è azerbaigiano. Queste sottolineature sono importanti perché la parte azera, attraverso i suoi propagandisti filo-establishment, ha avviato il processo di appropriazione del monumento, dove si possono vedere le tesi sul monumento: è stato costruito con i soldi di Baku, è azerbaigiano e mostra la tolleranza delle autorità azere nei confronti degli armeni durante gli anni sovietici.

Riteniamo doveroso ricordare che l’idea del monumento prese vita in quegli anni con la partecipazione diretta del presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Regionale del Nagorno Karabakh, Mushegh Ohanjanyan.
La leadership dell’Azerbaigian sovietico era contraria alla costruzione del monumento e alla sua installazione. Inoltre è fu sollevata una denuncia chiedendone lo smantellamento. Una commissione speciale del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Azerbaigian arrivò a Stepanakert per scoprire di quale “noi” e di quali “montagne” stiamo parlando nel monumento “Noi siamo le nostre montagne”. Grazie agli sforzi della parte armena, è stato possibile salvare il monumento dallo smantellamento. Diverse persone che ricoprirono incarichi nel Nagorno Karabakh in quegli anni, stretti e parenti di Sargis Baghdasaryan, che era imparentato con l’installazione della statua e autore della statua (“Karabakhtsi” di Sargis Baghdasaryan), indicano questa circostanza nei loro ricordi.>>

****

La politica dell’Azerbaigian nei confronti del monumento è un tentativo di usurpare il patrimonio, quando non solo si separa dall’affiliazione armena, ma crea anche l’immagine di un paese multiculturale e tollerante per l’Azerbaigian. Con una tale politica, l’Azerbaigian viola la Convenzione ONU del 2005. Adottata a Parigi la Convenzione “Sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali“.
La Convenzione sottolinea la diversità culturale come forza trainante per lo sviluppo sostenibile delle società, dei popoli e delle nazioni. Ma, secondo la convenzione, per “diversità culturale” si intende la varietà dei modi in cui trovano espressione le culture dei gruppi e delle società.
Secondo l’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite, la protezione della diversità culturale è possibile solo quando sono garantiti i diritti umani e le libertà fondamentali. Dal contesto fattuale si può concludere che la tutela della diversità delle forme di autoespressione culturale implica il rispetto di tutte le culture, comprese quelle delle minoranze e delle popolazioni indigene. Secondo la Convenzione, inoltre, la cultura è uno dei principali motori dello sviluppo. È particolarmente degno di nota che, secondo la convenzione, “protezione” significa adottare misure volte a preservare, proteggere ed espandere la diversità delle forme di autoespressione culturale.

Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha rilasciato una controversa dichiarazione a margine della visita del presidente Putin in Azerbaigian.

In parole povere, Lavrov ha accusato l’Armenia di non rispettare l’accordo del 9 novembre 2020 riguardo alle comunicazioni regionali tra Armenia e Azerbaigian.

A meno che non abbia pronunciato tali parole solo per compiacere il padrone azero di casa, sorprende l’uscita del pur navigato ed esperto ministro.

Innanzitutto, solo poco tempo fa, la parte armena e quella azera hanno concordato di lasciare da parte al tavolo negoziale ogni discussione sulla materia (il cosiddetto “Corridoio di Zangezur”). E già questo dovrebbe essere sufficiente.

Ma, poi, cosa è rimasto di quell’accordo tripartito firmato per fermare la guerra di conquista azera dell’Artsakh?

L’Azerbaigian ha sferrato ulteriori attacchi e ha occupato tutto il Nagorno Karabakh, la popolazione è fuggita; per tre anni la forza di pace russa ha assistito quasi senza battere ciglio alle scorribande degli orchi azeri, al blocco di energia elettrica e gas, all’assedio per fame della popolazione con i “checkpoint” azeri innalzati davanti ai soldati russi.

Ancora oggi decine di armeni sono prigionieri di guerra e ostaggio nelle mani di Aliyev.
E sarebbe l’Armenia a non rispettare gli accordi?

La Russia vorrebbe avere un controllo sui transiti tra Nakhjivan e Azerbaigian ma l’operazione non è possibile.

Sorprendono allora le parole del ministro che è esperto e non può ignorare lo stato delle cose. O forse voleva solo far bella figura davanti a Bayramov e Aliyev. Ma questo sarebbe un segno di debolezza…

Come noto, l’Azerbaigian (che a novembre ospiterà COP29) sta cercando di attuare una politica di “greenwashing” ossia da Paese produttore di fossili vuol far vedere che è invece attento allo sviluppo di energie eco-sostenibili e alla protezione dell’ambiente.

Questa operazione si articola in tre mosse:

1) forum e convegni internazionali per mostrare il volto “verde” del regime di Aliyev

2) un (annunciato) programma di sviluppo di energia alternativa nei territori conquistati e occupati del Nagorno Karabakh (Artsakh) con l’invito anche alle aziende internazionali a partecipare alle commesse

3) accuse all’Armenia di inquinare i fiumi che poi si riversano in Azerbaigian

Proprio pochi giorni fa si è tenuto l’ennesima tavola rotonda animata da giovani attivisti ambientalisti azeri. Gli stessi che per dieci mesi avevano bloccato la strada di Lachin e isolato l’Artsakh con accuse farlocche agli armeni di Stepanakert che a loro dire inquinavano il territorio. Salvo poi sparire dalla circolazione non appena i soldati del dittatore Aliyev avevano effettivamente bloccato il collegamento tra l’Armenia e il Nagorno Karabakh (Artsakh). Quel blocco fece da apripista alla successiva pulizia etnica della regione dieci mesi dopo.

Anche in quest’ultimo evento si sono rinnovate le accuse ai cattivi armeni che con le loro attività minerarie lungo il confine danneggerebbero l’ambiente dell’Azerbaigian.

Ironia della sorte, proprio nello stesso periodo c’erano altri azeri che protestavano: erano gli abitanti del villaggio di Soyudlu, nel distretto di Gadabay, nell’Azerbaigian occidentale, che manifestavano contro la ripresa delle attività di una miniera d’oro altamente inquinante.

In questo caso, come ogni qual volta qualcuno osi protestare nel regime di Aliyev, le forze di sicurezza sono intervenute massicciamente e hanno effettuato anche arresti.

La miniera è di proprietà della “Anglo Asian mining ltd” (si dice che sia in parte di proprietà della figlia di Aliyev) che è la stessa società che vantava le pretese di sfruttamento sulle due miniere che sono presenti in Artsakh e che gli ambientalisti farlocchi accusavano di inquinamento. Conquistata la regione, mandati via gli armeni, il problema “ambientale” è stato evidentemente risolto perchè magicamente non se ne parla più.

Gli eco-attivisti azeri dovevano essere evidentemente distratti mentre la polizia manganellava gli abitanti del villaggio di Soyudlu. Così come non non si accorgono del disastroso stato di inquinamento dei fiumi pieni di plastica e delle aree costiere (as esempio la famigerata Sumgayit) vicino agli impianti petroliferi ridotte ormai in condizioni drammatiche.

Ma tanto fra tre mesi c’ è COP29: una bella spolverata di verde e il regime di Aliyev va avanti…

Ricordiamo che è possibile consultare il nostro database notizie a partire dal settembre 2015. E’ sufficiente digitare nella casella “ricerca” (lente), nella barra sulla homepage, il nome del mese seguito dall’anno (ad esempio: “gennaio 2020”).

(31) ACCORDO DI PACE – Il primo ministro Nikol Pashinyan ha annunciato nella sua conferenza stampa che Yerevan ha offerto a Baku di firmare gli articoli concordati del trattato di pace. Lui ha notato che l’offerta è stata inviata alla parte azera il 30 agosto e forse lì non l’hanno ancora conosciuta. Ha aggiunto che 13 dei 17 articoli, nonché il preambolo, sono stati pienamente concordati. “Altri 3 articoli sono costituiti da più di una frase e il vocabolario della maggior parte di questi articoli è concordato. Abbiamo proposto di prendere tutti gli articoli e i testi concordati e firmarli come Trattato di pace, perché è il Trattato di pace“, ha detto il Primo Ministro. Lui ha aggiunto che la parte armena lo considera possibile, perché lì sono registrati “tutti i principi fondamentali della pace” tra Armenia e Azerbaigian.

(30) DELIMITAZIONE FRONTIERE – Le commissioni di delimitazione dei confini di Armenia e Azerbaigian hanno firmato il regolamento sulle attività congiunte: così informa il Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia. Il regolamento firmato sull’attività congiunta delle commissioni di delimitazione dei confini dovrà passare la Corte costituzionale e poi essere discusso in parlamento per la ratifica secondo quanto ha affermato l’ufficio del Primo Ministro armeno. Il regolamento è stato firmato mediante lo scambio dei documenti originali attraverso i canali diplomatici e sarà reso pubblico secondo le procedure definite lunedì come parte dell’implementazione delle procedure di finalizzazione nazionale. Come richiesto dalla legislazione armena, il regolamento sarà sottoposto al Consiglio dei ministri per la discussione, seguito dal processo di ratifica nell’Assemblea nazionale e per questo motivo il documento sarà prima di tutto inviato alla Corte costituzionale per determinarne la conformità alla costituzione armena.

(30) GIORNATA DEGLI SCOMPARSI – Oggi è stata inaugurata a Vanadzor, in Armenia, una mostra fotografica dedicata alla Giornata internazionale degli scomparsi, che si celebra il 30 agosto. La mostra, organizzata dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), presenta 14 foto, ciascuna delle quali racconta la tragedia della scomparsa del figlio, del padre e del marito a seguito dell’aggressione militare dell’Azerbaigian nel 2020-2023. Queste foto sono accompagnate da una breve descrizione. Madri, mogli, figli e nipoti di questi armeni scomparsi descrivono i loro sentimenti e le loro aspettative. E per molti di loro, la perdita di una persona cara è collegata anche alla perdita della loro casa nel Nagorno Karabakh. Il capo della Divisione per le questioni umanitarie del Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia, Hayk Sargsyan, all’inaugurazione della mostra ha dichiarato che le autorità dell’Azerbaigian mostrano inerzia nel determinare il destino dei soldati armeni scomparsi.

(30) RAPPRESENTANZA ARTSAKH – In occasione della festa della repubblica, Le porte della rappresentanza permanente dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) nella Repubblica d’Armenia saranno aperte il 2 settembre, dalle 12 alle 18 secondo quanto riporta l’Artsakh Information Center. “Tenendo conto dell’iniziativa di un gruppo di personaggi pubblici e politici, ovvero di visitare la rappresentanza permanente dell’Artsakh nella RA il 2 settembre, informiamo che le porte della rappresentanza saranno aperte dalle 12:00 alle 18:00 del 2 settembre. I rappresentanti dei mass media possono lavorare nel cortile dell’edificio della rappresentanza“, si legge nella dichiarazione.

(28) RESPINTE ACCUSE AZERE – La dichiarazione diffusa dal Ministero della Difesa dell’Azerbaigian secondo cui mercoledì intorno alle 6:45 unità delle Forze Armate armene hanno aperto il fuoco sulle posizioni di combattimento azere situate nella parte sud-occidentale del confine non corrisponde alla realtà. Lo riferisce il ministero della Difesa dell’Armenia.

(28) DICHIARAZIONI AZERE – Gli azeri ritengono che vi sia una possibilità storica di garantire una pace duratura nella regione secondo quanto ha affermato il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo turco, Hakan Fidan, ad Ankara. Bayramov ha sottolineato che questo è il motivo per cui la parte azera ha presentato all’Armenia una bozza di accordo di pace, basata su cinque principi fondamentali. “Sebbene si osservino dinamiche positive nel processo di negoziazione e una parte considerevole della bozza di accordo sia stata concordata, le ambizioni territoriali [dell’Armenia] nei confronti dell’Azerbaigian sono mantenute come prima nella costituzione dell’Armenia e in una serie di altri atti normativi-legali. Allo stesso tempo, non è un segreto che l’Armenia abbia ambizioni territoriali anche nei confronti della Repubblica di Turchia. Attualmente, il principale ostacolo alla conclusione dell’accordo di pace sono le ambizioni territoriali [dell’Armenia] presentate ai nostri Paesi, che sono stabilite nella costituzione dell’Armenia“, ha affermato il ministro degli Esteri azero.

(26) DETENUTI ARMENI IN AZERBAIGIAN – I rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno visitato ancora una volta gli armeni detenuti illegalmente nella prigione di Baku in agosto. Oggi Zara Amatuni, responsabile dei programmi di comunicazione dell’ufficio della Croce Rossa armena, ne ha dato notizia alla stampa precisando che i prigionieri “Hanno avuto l’opportunità di contattare i membri della famiglia”.

(25) APPELLO AGLI USA PER I PRIGIONIERI – Il presidente dell’Unione armena generale benevola (AGBU), Perch Sedrakyan, ha rivolto un appello al segretario di Stato americano Anthony Blinken chiedendogli di ottenere il rilascio dei prigionieri armeni detenuti illegalmente in Azerbaigian e, in particolare, dell’ex dirigente della Repubblica dell’Artsakh. Nella sua lettera pubblicata sul sito web dell’AGBU, il capo dell’organizzazione ha ricordato ad Anthony Blinken il suo appello al presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev affinché mantenga i suoi obblighi internazionali e in materia di diritti umani e rilasci tutte le persone ingiustamente detenute il prima possibile prima della conferenza sul clima COP29 a Baku. 

(25) BLACH LIST IN AZERBAIGIAN – Le persone che hanno votato contro la delegazione azera alla PACE (Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa) sono state incluse nella lista “persona non grata”. Fino al ripristino del mandato della delegazione azera presso la PACE, a queste persone non è consentito l’ingresso nel territorio dell’Azerbaigian. Lo ha dichiarato il capo del servizio stampa del ministero degli Esteri azerbaigiano, Aykhan Hajizade

(24) REPRESSIONE IN AZERBAIGIAN – L’UE ha invitato l’Azerbaigian a rispettare i diritti di un eminente scienziato incarcerato dopo aver criticato pubblicamente il governo, nel mezzo di un’ondata di arresti che hanno messo dietro le sbarre giornalisti e accademici. In una conversazione con “Politico”, il portavoce della politica estera e di sicurezza dell’UE, Peter Stano, ha osservato che Bruxelles è preoccupata per il caso di Bahruz Samedov, un giovane accademico che difende la pace nel Caucaso meridionale. Samedov è comparso in tribunale a Baku con l’accusa di “tradimento”. Potrebbe affrontare l’ergastolo. Ha annunciato che intende iniziare uno sciopero della fame dopo essere stato condannato a quattro mesi di detenzione preventiva. La famiglia di Samedov ha detto che è stato arrestato quando le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella loro casa mercoledì. Il 28enne ha criticato le autorità autoritarie dell’Azerbaigian e ha cercato di stabilire rapporti con gli attivisti della vicina Armenia. Freedom House ha avvertito che l’Azerbaigian non ha un sistema giudiziario indipendente. Decine di esponenti della società civile hanno dovuto affrontare accuse contrastanti negli ultimi mesi.

(23) DIOCESI DELL’ARTSAKH – “L’indipendenza è difficile da ottenere, ma è tre volte più difficile da mantenere“. Lo ha annunciato su iniziativa della presidenza del club parlamentare “Consiglio Supremo”, il leader della diocesi dell’Artsakh della Chiesa apostolica armena, mons. Vrtanes Abrahamyan. “L’indipendenza e il raggiungimento dell’indipendenza sono una lotta unica. È una lotta onorevole. È l’immortalità. Ottenere l’indipendenza è una strada difficile, ma è tre volte più difficile mantenerla. A questo proposito, è un onore per tutti coloro che, nel cammino verso l’indipendenza, non solo sono riusciti ad attuare brillantemente tutti i programmi volti a raggiungere l’indipendenza, ma sono anche morti per quell’indipendenza. Perché per un armeno tutto e soprattutto è vivere in modo indipendente. Ecco perché è un onore nascere armeno.

(19) PUTIN A BAKU – Il sito web del Cremlino ha pubblicato la dichiarazione congiunta dei presidenti di Russia e Azerbaigian, Vladimir Putin e Ilham Aliyev, basata sui risultati della visita di Stato del presidente russo in Azerbaigian. In particolare, come riportato in questa dichiarazione, i capi di Stato hanno sottolineato la loro proficua cooperazione nel quadro della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e hanno chiesto di sviluppare il potenziale della piattaforma consultiva regionale 3+3 nel Caucaso meridionale come meccanismo per un’interazione efficace. Inoltre, le parti hanno sottolineato l’importanza della dichiarazione tripartita del 9/10 novembre 2020, nonché di ulteriori accordi raggiunti al massimo livello, per garantire la sicurezza e lo sviluppo sostenibile nel Caucaso meridionale. E la Russia ha confermato la sua disponibilità a continuare a contribuire alla normalizzazione delle relazioni tra Azerbaigian e Armenia.

(19) DICHIARAZIONE DI BAYRAMOV – L’Azerbaigian ha annunciato di essere disponibile al processo di negoziazione con l’Armenia e che la Russia è sempre stata una piattaforma accettabile per tali negoziati. In un’intervista con Izvestia, il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov ha dichiarato che Baku è aperta al “processo di negoziazione”. “A tal fine, utilizziamo un formato bilaterale diretto tra Azerbaigian e Armenia. Inoltre, noi [cioè Azerbaigian] non abbiamo mai rinunciato a varie piattaforme [per i negoziati]. La piattaforma della Federazione Russa è sempre stata accettabile per noi“, ha affermato Bayramov. Ma il ministro degli Esteri azero ha avanzato ulteriori richieste nei confronti di Yerevan. “La posizione della parte azera è che puntiamo alla normalizzazione delle relazioni con la Repubblica di Armenia. Ma siamo pienamente impegnati nella linea secondo cui tutte quelle richieste irragionevoli, tutte quelle posizioni irragionevoli che la Repubblica di Armenia ha dichiarato per decenni, dovrebbero essere completamente eliminate. E questo non dovrebbe accadere a livello di dichiarazioni e dichiarazioni, ma dovrebbe essere riflesso in un modo legalmente giustificato“, ha detto Bayramov. “Il trattato di pace che sarà firmato tra Armenia e Azerbaigian dovrebbe eliminare tutti i possibili rischi di un ritorno alla questione territoriale tra i [due] Paesi in futuro“, ha aggiunto il ministro degli Esteri azero.

(19) CONSOLATO RUSSO A STEPANAKERT? – In un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa russa TASS, l’ambasciatore dell’Azerbaigian in Russia, Polad Bulbuloglu, ha dichiarato che la Russia ha espresso il desiderio di aprire un consolato generale nel Nagorno Karabakh. “Il capo del Comitato per gli Affari Esteri del Consiglio della Federazione [Russa], Grigory Karasin, aveva detto in precedenza che i preparativi per l’apertura del consolato generale russo a [capitale del Nagorno-Karabakh] Khankendi [vale a dire Stepanakert] inizieranno presto. C’è una decisione su quando verrà aperto il consolato generale russo in Karabakh?” aveva chiesto la TASS a Bulbuloglu.
La Federazione Russa ha espresso il suo desiderio di aprire un consolato [in Nagorno-Karabakh] perché noi [cioè l’Azerbaijan] abbiamo due consolati in Russia: a Ekaterinburg e a San Pietroburgo. Considerando le dimensioni della Russia e il numero di azeri nel vostro paese, è naturale. Ma in Azerbaijan, il campo di lavoro dei consolati è più limitato. Ma anche così, il lavoro sta andando in quella direzione, vengono offerte delle opzioni. Questa questione è in discussione“, aveva risposto Bulbuloglu. In seguito, tuttavia, l’ambasciatore azero in Russia ha dichiarato in un’intervista all’agenzia di stampa azera Haqqin.az che la TASS aveva “distorto” le sue parole nel contesto dell’apertura di un consolato generale russo in Azerbaigian. “Non ho detto che un consolato generale russo potrebbe apparire in Karabakh. Ho detto che questa questione è in discussione”, ha detto Bulbuloglu. Ma la differenza tra le parole “può apparire” e “è in discussione” rimane un segreto assoluto…

(19) PROTESTA ALL’ONU – I familiari delle persone armene scomparse e detenute in Azerbaigian hanno inscenato una manifestazione di protesta di fronte all’ufficio delle Nazioni Unite a Yerevan in Armenia. Chiedono la restituzione dei loro parenti, affermando di non credere ai risultati del test del DNA.

(18) ANCORA ACCUSE AZERE – Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha respinto la dichiarazione del Ministero della Difesa dell’Azerbaigian secondo cui, intorno alle 19:30 di domenica, unità delle Forze armate armene avrebbero aperto il fuoco in direzione delle posizioni azere situate nella parte sud-occidentale della zona di confine, non corrisponde alla realtà, riferisce il Ministero della Difesa dell’Armenia. Da notare che l’ufficio del Primo Ministro armeno ha proposto di istituire un meccanismo congiunto Armenia-Azerbaigian per indagare sugli episodi di violazione del cessate il fuoco e/o sulle informazioni a riguardo. In seguito, l’Azerbaigian ha denunciato un’altra presunta violazione armena intorno alle 23:30 sempre lungo il confine con il Nakhjivan.

(17) NEGOZIATI DI PACE – Premesso che che l’Azerbaijan ha annunciato ufficialmente di aver posto due precondizioni per la firma del suddetto trattato di pace ossia lo scioglimento della co-presidenza dell’OSCE [Gruppo di Minsk] e la modifica della Costituzione della Repubblica d’Armenia, il ministero degli Esteri di yerevan è stato interpellato dalla stampa al riguardo. Il Ministero degli Esteri ha risposto alle domande del quotidiano Zhoghovurd: “Annunciamo che la parte armena può prendere in considerazione la questione della continuazione del processo di Minsk nel contesto della normalizzazione globale delle relazioni [con l’Azerbaigian] e, prima di tutto, della conclusione di un trattato di pace“. E alla domanda riguardante la modifica della Costituzione [della RA], hanno risposto che il processo di modifica della Costituzione è una questione interna della Repubblica d’Armenia.

(16) ACCUSE AZERE DI VIOLAZIONI – Per il secondo giorno consecutivo l’Azerbaigian ha accusato i soldati dell’Armenia di aver indirizzato colpi di arma da fuoco alle postazioni azere lungo il confine con il Nakhjivan. Il ministero della Difesa di Yereva ha smentito e ha ricordato alla controparte azera la proposta armena di istituire un meccanismo congiunto di vigilanza e indagine.

(14) DOCUMENTATE NUOVE DISTRUZIONI AZERE – Gegham Stepanyan, difensore civico per i diritti umani dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh), ha pubblicato diverse foto satellitari su X. Queste foto mostrano che la maggior parte delle case, la scuola, l’asilo e alcuni altri edifici nel villaggio di Mokhrenes, nella regione di Hadrut, nell’Artsakh, sono stati distrutti dall’Azerbaigian. La chiesa di San Sargis di Mokhrenes è stata completamente distrutta nell’ottobre 2022. “Il genocidio culturale in Artsakh da parte dell’Azerbaigian continua con la silenziosa complicità della comunità internazionale“, ha aggiunto il difensore civico dell’Artsakh.

(13) COSTITUZIONE ARMENA – In un’intervista, Elchin Amirbekov, inviato presidenziale azero per incarichi speciali, ha ribadito la dichiarazione del suo leader secondo cui non verrà firmato un trattato di pace con l’Armenia se quest’ultima non modificherà la propria costituzione. Inoltre, Amirbekov aveva detto che il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan aveva discusso la questione dell’emendamento della costituzione armena con i rappresentanti del governo azero. Secondo lui, Pashinyan aveva chiesto tempo per poter adottare la nuova costituzione. Il ministero degli Esteri dell’Armenia ha dichiarato che il processo di emendamenti costituzionali è “una questione interna dell’Armenia“. L’Azerbaijan ritiene “problematico” il riferimento della costituzione armena alla Dichiarazione di indipendenza dell’Armenia, che si basa sulla decisione “sulla riunificazione dell’Armenia sovietica e del Nagorno-Karabakh” adottata nel 1989; Baku vede qui “rivendicazioni territoriali”. A maggio, il primo ministro Pashinyan ha dato incarico di elaborare una nuova bozza della costituzione armena e di approvarla entro il 30 dicembre 2026.

(10) ANCORA FALSIFICAZIONI AZERE – L’Azerbaijan continua a promuovere il falso concetto di “Azerbaijan occidentale” attraverso i canali statali. Lo scorso 6 agosto, nell’ambito del “Quinto campo estivo per i giovani della diaspora” a Berdzor, che ha riunito circa 115 giovani azeri provenienti da 60 paesi, si è tenuto un incontro tra la dirigenza dell’organizzazione “Comunità dell’Azerbaijan occidentale” e i partecipanti al campo. Nel corso dell’evento, è stato presentato un documentario ‘A Close Look at Western Azerbaijan’ e una serie di fotografie in cui monumenti storici e architettonici e paesaggi naturali della Repubblica di Armenia sono stati falsamente presentati come ‘antichi azerbaigiani’. Tra gli altri monumenti, anche la riserva storico-culturale “Insediamento di Zorats Karer”, situata nella regione di Sisian, viene falsamente presentata come un “monumento situato nel territorio dell’antico Azerbaigian.

(9) IRAN E AZERBAIGIAN – Sercondo quanto riferisce il britannico “Telegraph”, il nuovo presidente dell’Iran, Masoud Pezeshkian, propone di attaccare le basi segrete israeliane situate nei paesi vicini all’Iran. Il nuovo presidente iraniano sta combattendo la linea dura del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) nel tentativo di prevenire una guerra su vasta scala con Israele. Le autorità iraniane sono divise su come rispondere all’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran. La responsabilità ultima di decidere la risposta dell’Iran spetta al leader supremo del paese, l’Ayatollah Ali Khamenei. “Pezeshkian teme che qualsiasi attacco diretto contro Israele avrà gravi conseguenze“, ha detto una fonte vicina al presidente iraniano. “Ha suggerito di prendere di mira qualcosa legato a Israele in Azerbaigian o nel Kurdistan [iracheno], poi dirlo a quei paesi e porre fine a tutto questo dramma“, ha detto al Telegraph un altro aiutante di Pezeshkian. Da parte azera si minimizza e si sostiene che si tratti di voci infondate. “Alcuni ambienti hanno iniziato a preoccuparsi della regolamentazione delle relazioni tra Iran e Azerbaigian e vogliono interrompere questo processo. Dato che il nuovo presidente dell’Iran è un azerbaigiano e tratta l’Azerbaigian con affetto, ciò potrebbe essere il risultato del fatto che ci sono forze all’interno e all’esterno dell’Iran che vogliono interrompere queste relazioni. Sarebbe positivo se la parte iraniana rispondesse a queste assicurazioni, le negasse e mettesse fine ai dubbi”, ha scritto l’agenzia APA citando fonti degli organi governativi dell’Azerbaigian.

(6) ANCORA RICHIESTE AZERE – Baku continua a sostenere che un trattato di pace con Yerevan non verrà firmato senza modificare la costituzione dell’Armenia, o meglio, senza rimuovere dalla costituzione il riferimento alla Dichiarazione di indipendenza. Questo documento contiene rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian, ha dichiarato a RFE/RL Elchin Amirbekov, inviato presidenziale azero per incarichi speciali. Inoltre, l’alto funzionario azero ha affermato che questo è al momento l’unico ostacolo al processo di pace con l’Armenia. L’Azerbaigian vuole essere sicuro che il trattato di pace con l’Armenia renderà impossibile qualsiasi ritorno al revanscismo o qualsiasi rivendicazione territoriale contro l’Azerbaigian in futuro, ha affermato Amirbekov. Per l’Azerbaigian è inaccettabile che l’Armenia consideri i negoziati di pace e la firma definitiva del trattato come una tattica per guadagnare tempo, rafforzare il proprio potenziale militare e ricominciare questa storia da capo, ha aggiunto.

(5) PRIGIONIERI DI GUERRA – Il Ministero degli Esteri azero ha definito inaccettabile che l’ex Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Caucaso meridionale, Ambasciatore dell’Unione Europea in Uzbekistan Toivo Klaar, consideri come un caso speciale la questione del ritorno degli armeni che sono stati sfollati forzatamente dal Nagorno-Karabakh. Il Ministero degli Esteri, cogliendo l’occasione, ha avanzato un’altra richiesta, affermando che l’Armenia è “obbligata a creare condizioni appropriate” per l’insediamento degli azeri in Armenia. Per qualche ragione, il Ministero degli Esteri azero è sicuro che gli armeni non abbiano alcuna intenzione di tornare nel Nagorno-Karabakh. “Il fatto che Klaar faccia dichiarazioni così parziali, che non appartengono alla sua autorità, alla vigilia delle sue dimissioni dal suo incarico, è un altro colpo alla reputazione dell’organizzazione, che un funzionario dell’UE rappresenta principalmente“, ha affermato Baku.

(5) DICHIARAZIONE DI KLAAR – Spero che la pagina dell’ostilità e della violenza venga finalmente voltata una volta per tutte, a beneficio di tutti i segmenti della popolazione della regione, compresi gli armeni del Karabakh. L’UE è stata molto chiara su questo tema: la questione del ritorno degli armeni del Karabakh farà parte del processo di normalizzazione. Mi aspetto trattative dirette tra Baku e loro (armeni del Karabakh, ndr) sul loro ritorno sicuro e dignitoso nella loro regione natia. Lo ha affermato in un’intervista il rappresentante speciale dell’UE per il Caucaso meridionale, Toivo Klaar, che presto lascerà il suo incarico. 
L’Azerbaigian ha degli obblighi in questo senso, che credo non neghi. I parametri e le condizioni per un tale futuro devono essere trovati e concordati attraverso un dialogo inclusivo e reciprocamente rispettoso. Per me, normalizzazione significa nessuna ferita aperta, e quindi questa questione dovrebbe essere parte di un più ampio processo di pace. A volte vengono sollevate altre questioni in questo contesto, come la questione del cosiddetto “Azerbaijan occidentale”. Per me, queste sono questioni completamente diverse che non dovrebbero essere mescolate. Il primo è la promozione del ritorno degli armeni del Karabakh alle loro case ancestrali, che è un obbligo dell’Azerbaijan. Il secondo è la questione degli armeni che vivevano in altre parti dell’Azerbaijan, tra cui Baku, o degli azeri che vivevano in Armenia. Naturalmente, dovrebbero anche poter visitare i luoghi in cui hanno vissuto o addirittura tornarci, e anche questa dovrebbe essere una conseguenza della normalizzazione. 
Tuttavia, si tratta di una questione completamente diversa da quella specifica degli armeni del Karabakh. Credo fermamente che il rilascio di tutti i prigionieri, la buona ed efficace cooperazione di tutte le parti nel destino delle persone scomparse e negli sforzi di sminamento siano elementi cruciali per una pace duratura e per voltare finalmente pagina sull’ostilità e la violenza.E sono triste che non siamo ancora stati in grado di andare avanti su queste questioni. Sono certo che questa rimarrà una questione chiave per il mio successore.
Prima della guerra del 2020, l’UE aveva un ruolo molto meno importante. Il nostro compito era principalmente quello di supportare gli sforzi del principale formato internazionale, il Gruppo di Minsk, e dei suoi copresidenti. Dopo la guerra del 2020, l’UE, in gran parte su richiesta delle parti stesse, ha iniziato a svolgere un ruolo più importante, culminato in una serie di incontri trilaterali ad alto livello tra il presidente Michel, il presidente Aliyev dell’Azerbaigian e il primo ministro Pashinyan dell’Armenia.

Credo che questi incontri, oltre agli sforzi intrapresi da altri attori internazionali, abbiano fornito ai due leader lo spazio necessario per raggiungere un’intesa comune sulle questioni fondamentali: un trattato di pace, la delimitazione e la demarcazione dei confini, la ripresa dei legami economici e di trasporto regionali e le questioni umanitarie. Negli ultimi mesi, il percorso bilaterale tra Armenia e Azerbaigian è riuscito a produrre risultati positivi concreti. L’UE è pronta a mediare di nuovo, se le parti lo richiederanno. Un accordo di pace sarebbe solo un punto di partenza sulla strada verso la normalizzazione delle relazioni tra Yerevan e Baku. Gli sforzi di costruzione della pace dovrebbero includere la creazione di fiducia e la riconciliazione tra le persone. L’UE ha sostenuto tali attività per molti anni per aiutare a creare un ambiente favorevole alla vera pace. La comunità internazionale dovrà continuare a impegnarsi, sia politicamente che finanziariamente, anche dopo la firma di un accordo di pace. Ma l’onere, così com’è ora, rimarrà sulla leadership di Yerevan e Baku di non fermarsi a metà strada, ma di proseguire fino in fondo verso la piena normalizzazione delle relazioni non solo tra governi, ma anche tra popoli“, ha osservato Toivo Klaar.

(5) CSTO – Le esercitazioni militari Cobalt 2024 dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO) si terranno dal 14 al 16 agosto a Novosibirsk, in Russia, sotto la guida della Guardia nazionale russa. Ne dà notizia l’agenzia di stampa TASS aggiungendo che l’Armenia non parteciperà a queste esercitazioni.

(2) ACCUSE AZERE –  I media azeri, riferendosi alle informazioni congiunte della Procura generale, del Servizio statale di frontiera e dell’Agenzia per le azioni contro le mine dell’Azerbaigian (ANAMA), riferiscono dell’esplosione di una mina in uno dei territori recentemente trasferiti dall’Armenia. A seguito dell’esplosione, un dipendente del Servizio statale della guardia di frontiera e dell’agenzia di sminamento è rimasto ferito alle gambe e altri due dipendenti dell’agenzia sono rimasti feriti da schegge. Le vittime sono state portate in ospedale, dove hanno ricevuto i primi soccorsi. Le loro vite non sono in pericolo. Ricordiamo che stiamo parlando della vecchia parte del confine, dove venivano usate mine su entrambi i lati. Adesso l’Azerbaigian lo presenta come “mine piantate dall’Armenia” quasi nel villaggio e usa l’incidente per provocazioni e accuse false.

(2) ARMENIA E SANTA SEDE – Presso la Santa Sede, l’ambasciatore dell’Armenia, Boris Sahakyan, ha avuto un incontro con Andrea Monda, direttore e caporedattore dei media vaticani “L’Osservatore Romano”. L’Ambasciata armena presso la Santa Sede informa che durante l’incontro è stata rafforzata la cooperazione nella direzione di pubblicizzare il ricco patrimonio storico e culturale armeno cristiano, che fa parte del comune patrimonio cristiano, e di sensibilizzare sulle minacce ad esso è stato discusso. “A questo proposito, è stato sottolineato quanto sia importante non distorcere mai l’identità del patrimonio culturale e dei luoghi di culto, nonché i fatti storici, che sono innegabili e riconosciuti dalla comunità internazionale, compresa quella scientifica“. Lo scorso 24 luglio, il quotidiano ufficiale “Osservatore Romano” del Vaticano aveva pubblicato un articolo dal titolo “A Khudavang, Ganjasar e Khatiravang Monasteri tra le nuvole”, in cui vengono riportati i monumenti più importanti del patrimonio armeno, Dadivank, Gandzasar e Fraud sono presentati come un’eredità. L’autrice dell’articolo è Rossella Fabiani, che nell’articolo parla delle sue visite in Azerbaigian e nota di aver visitato “Garabagh” (enfasi dell’articolo) e di aver conosciuto i famosi monasteri del patrimonio Aghvani.

(2) PRIGIONIERI DI GUERRA – Nel contesto della situazione più ampia nel Caucaso meridionale, il Segretario di Stato americano e il Dipartimento di Stato continuano ad occuparsi attivamente della questione dei prigionieri di guerra armeni detenuti in Azerbaigian. Lo ha annunciato in un briefing Vedant Patel, vice segretario stampa del Dipartimento di Stato americano. Durante il briefing, il giornalista ha sottolineato che i prigionieri di guerra armeni sono detenuti nelle carceri dell’Azerbaigian da quattro anni, mentre i politici armeni del Nagorno-Karabakh sono nelle carceri di Baku da quasi un anno dopo un altro attacco non provocato da parte dell’Azerbaigian. Ha fatto riferimento anche a Freedom House, sottolineando che, dopo il controllo dell’Azerbaigian, il territorio del Karabakh è il più non libero del mondo, superando anche la Corea del Nord, il Venezuela, la Siria e l’Afghanistan, e si è chiesto se Washington stia seguendo la sentenza del Nagorno. “Non ho notizie per voi riguardo a questo processo. Per quanto riguarda i detenuti, siamo stati chiari e coerenti sul fatto che qualsiasi Paese deve trattare tutti i detenuti umanamente e in conformità con il diritto internazionale e rispettare i diritti umani dei detenuti, e questo continua ad essere vero anche qui”, ha affermato Patel. Ufficialmente l’Azerbaigian conferma la detenzione di soli 33 prigionieri di guerra armeni e civili, ma gli attivisti armeni per i diritti umani rivendicano altri 80 prigionieri armeni.