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Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso  del 1 marzo 18,  di Aleksey S. Antimonov

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Da trent’anni, al confine tra Nagorno-Karabakh e Azerbaijan rieccheggiano fitte sparatorie: il rumore incessante del più antico “conflitto congelato” nell’ex Unione Sovietica. Tuttavia, per coloro che vivono nel Nagorno-Karabakh, da quando è stato firmato il cessate il fuoco del 1994, questo confine è sembrato andare sempre più lontano, quasi fino a svanire dall’orizzonte della rilevanza.

Gegham Baghdasaryan, a capo del Karabakh Press Club, ha illustrato questa situazione in un aneddoto raccontato a OC Media: anni fa, in una conferenza internazionale, fu chiamata a parlare una giovane donna armena del Karabakh. Alla domanda sul rapporto tra Nagorno-Karabakh e Azerbaijan, rispose: “Qual è il mio rapporto con l’Azerbaijan? Non esiste. Voglio solo essere lasciata in pace”.

Questa opinione è condivisa da molti in Karabakh. Un giovane sui venticinque anni ha detto che gli eventi di aprile gli avevano “aperto gli occhi” rispetto al “vero pericolo” rappresentato dall’Azerbaijan. Per lui e altri giovani, il cessate il fuoco era l’unica realtà conosciuta, e la retorica bellicosa e il lento, costante dribbling di morte sul confine erano diventati un rumore di fondo, fisso e permanente come le colline e il cielo.

Dagli scontri di aprile 2016 – quattro giorni di feroci combattimenti conclusi con oltre un centinaio di vittime e l’occupazione da parte dell’Azerbaijan di diverse posizioni chiave precedentemente controllate dalle forze armene – il conflitto ha assunto un’acuta immediatezza. Lo shock iniziale per la popolazione del Karabakh si è trasformato in rabbia sia verso l’Azerbaijan che verso la perdita di un senso di normalità.

Alcuni anni fa, le fiammate nel conflitto prolungato avrebbero potuto essere viste sia dagli abitanti che dai politici come eccezionali, ma questa recente violenta eruzione sembra aver consolidato nelle loro menti la sensazione che, piuttosto che un’eccezione, la guerra sia il normale stato di cose, e che gli interessi militari debbano circoscrivere e sommergere tutti gli altri.

Ricostruzione

La guerra del Karabakh è durata dal 1988 al 1994. Ha causato oltre 30.000 vittime, quasi un milione di sfollati e la completa devastazione di economia e infrastrutture. La regione ha subito danni per 5 miliardi di dollari (con una popolazione di soli 140.000 abitanti), ulteriormente aggravati dalla deindustrializzazione seguita al crollo dell’URSS.

Tuttavia, il Nagorno-Karabakh è sopravvissuto ed è stato ricostruito, con il sostanzioso aiuto dell’Armenia e le donazioni della diaspora armena. Nel 2007 ha avuto il tasso di crescita del Pil più alto della regione, tra il 10% e il 15% all’anno. Inoltre, a differenza dell’Armenia, non ha sofferto di calo demografico, con una crescita della popolazione del 10% tra il 2005 e i giorni nostri.

Questo letterale “risorgere dalle ceneri” è più evidente nella capitale del Karabakh, Stepanakert, che nel resto della regione. Da città bombardata con più di una rassomiglianza con la Sarajevo del dopoguerra, negli ultimi anni si è trasformata in un vivace centro urbano, con viali ben pavimentati, giardini ben curati e una vasta gamma di servizi pubblici.

La tigre caucasica

“All’inizio [lo sviluppo economico del Karabakh] era un’impresa patriottica”, ha dichiarato a OC Media Davit Babayan, portavoce dell’ufficio del presidente del Nagorno-Karabakh. “Ma non può funzionare per sempre”. Babayan sostiene che il motore economico del Karabakh negli ultimi dieci anni è stato l’impegno per un’economia “guidata dal mercato” e che solo creando “condizioni speciali per gli investimenti” lo sviluppo del Karabakh potrà continuare.

Ufficialmente, il Nagorno-Karabakh ha intrapreso un percorso esplicitamente orientato al mercato dal 2007, quando sotto la direzione del neo-eletto presidente Bako Sahayan ha intrapreso riforme economiche (neo)liberali, quali: la dissoluzione del servizio anti-monopolio (con lo slogan “Il mercato troverà la soluzione”), la creazione di una flat-tax per i lavoratori autonomi ($15 al mese) e la riduzione dei regolamenti sulle licenze di costruzione (solo tre giorni per l’approvazione di una nuova licenza). Le riforme hanno comportato anche la privatizzazione di una serie di beni di proprietà statale, in particolare l’azienda idroelettrica regionale.

In congiunzione con i tassi stellari di crescita economica, queste riforme hanno trovato consenso fra le voci liberali nella regione, che hanno persino definito il Karabakh “la tigre caucasica”.

Tuttavia, come le “Tigri asiatiche”, il Karabakh è meno miracolato dal mercato di quanto voglia far credere. Il suo rapido sviluppo è stato possibile solo grazie a importanti interventi governativi sul mercato e, in modo forse ancora più importante, ai continui trasferimenti di fondi dalla Repubblica di Armenia. Questo stato di cose è reso possibile solo dalla posizione geopolitica e ideologica unica del Karabakh.

Il cuore dell’Armenia

Il Nagorno-Karabakh è indubbiamente il fattore più volatile nella politica armena. Non è semplicemente un luogo, ma un’idea. Rappresenta la nazione armena e, in un paese in cui il genocidio armeno del 1915 definisce ancora la politica estera, fornisce una potente contro-narrazione al senso di vittimismo storico. Come ha dichiarato l’analista politica originaria del Karabakh Karen Avagimyan a OC Media, è “il cuore spirituale dell’Armenia”.

In termini pratici, ciò significa che se una parte significativa del territorio del Karabakh viene ripresa dall’Azerbaijan, il governo di Erevan probabilmente non sopravviverà. Ad esempio, nell’estate del 2016 un gruppo di veterani del Karabakh che si autodefinivano Sasna Dzrer (i Daredevil di Sasun) ha sequestrato una stazione di polizia e invitato alla rivolta contro il governo. Il punto centrale delle loro critiche al governo era l’affermazione secondo cui l’attuale amministrazione intendeva cedere parte del Karabakh all’Azerbaijan: un’affermazione falsa, ma che ha mobilitato migliaia di giovani che si sono scontrati con la polizia in difesa dei Sasna Dzrer.

La politica del governo armeno nei confronti del Karabakh e le politiche dello stesso governo del Karabakh vanno interpretate alla luce di questi eventi. L’integrità territoriale del Karabakh è l’obiettivo primario a cui subordinare tutte le politiche economiche e sociali.

Poiché il Nagorno-Karabakh è uno stato non riconosciuto, è escluso dalla maggior parte dei trattati commerciali internazionali. Ciò significa che il governo deve mantenere e pubblicizzare un clima favorevole agli investimenti se vuole continuare a ricevere investimenti “non patriottici” (principalmente dalla Federazione Russa). Tuttavia, questo crea un certo dilemma per le autorità. I mercati liberalizzati e amici degli investitori spesso promuovono gravi disuguaglianze sociali, con lavoratori locali meno competitivi e piccole imprese schiacciate dalle economie di scala. Come in gran parte del mondo, la povertà si trasforma facilmente in emigrazione, che è abbastanza tollerabile per la maggior parte dei governi, ma semplicemente fuori questione in Karabakh.

Agli occhi dei funzionari del Karabakh, l’emigrazione equivale a minore popolazione, minore popolazione significa meno soldati, e meno soldati non solo rendono il Karabakh militarmente più debole, ma incentivano l’Azerbaijan ad attaccare. Ciò significa che l’economia non può essere soggetta ai capricci del mercato, poiché le fluttuazioni della popolazione derivanti da periodiche crisi economiche metterebbero letteralmente in pericolo il Nagorno-Karabakh: il neoliberismo tout court non è quindi un’opzione sostenibile.

Socialdemocrazia militarizzata

In pratica, le politiche attuate per garantire stabilità economica e vivibilità nel Nagorno-Karabakh possono essere considerate una sorta di socialdemocrazia militarizzata: sono previsti meccanismi di welfare per ridurre l’impatto della disoccupazione o della povertà, ma differiscono dalla tradizionale socialdemocrazia europea in quanto questi meccanismi sono legati esplicitamente allo status militare. Ad esempio, una grande parte della popolazione sopravvive con pensioni militari e le famiglie di soldati uccisi o feriti al fronte hanno spesso anche alloggi gratuiti o altri beni e servizi essenziali. Lo stato assicura e risarcisce tutti i residenti vicino alla linea di contatto contro qualsiasi danno causato dal conflitto (come le case danneggiate dai bombardamenti o il bestiame ucciso da colpi di arma da fuoco).

Questo non vuol dire che il governo non faccia uso della tradizionale politica keynesiana. Al contrario, interviene spesso con sussidi e prestiti preferenziali ad imprese in difficoltà, tenendole a galla per garantire l’occupazione.

Questo può sembrare un po’ troppo per un governo che presiede una popolazione relativamente povera di 146.000 persone, e infatti è così. Il governo del Nagorno-Karabakh è tutt’altro che autosufficiente. Ufficialmente, almeno il 4,5% del bilancio nazionale dell’Armenia è stanziato per la regione, anche se il dato reale è probabilmente molto più alto, soprattutto perché i dati relativi a trasferimenti di bilancio relativi alla difesa sono tenuti riservati.

Questa direzione politica non ha fatto che consolidarsi dagli scontri di aprile. I villaggi vicini alla linea di contatto sono stati classificati “villaggi di confine”. Qui, secondo il portavoce del Primo Ministro Artak Beglaryan, lo scopo esplicito del governo è quello di mantenere e, se possibile, aumentare la popolazione al fine di creare una presenza che possa rilevare e scoraggiare gli attacchi azeri: un compito difficile, poiché questi villaggi sono direttamente sulla linea del fuoco, il che comprensibilmente scoraggia gli abitanti dal rimanere.

Ecco perché in questa nuova legislazione il governo ha aumentato i sussidi per questi villaggi – ad esempio, con un sussidio gas ed elettricità che copre interamente le bollette mensili per alcune famiglie – oltre a fornire sussidi e agevolazioni fiscali per gli investimenti nei villaggi di confine al fine di stimolare l’occupazione.

Ma la misura in cui il governo è disposto a lasciarsi alle spalle l’ortodossia economica neoliberale è ancora più evidente nel villaggio più colpito dal conflitto: Talish.

Un kolkhoz è un kolkhoz

Nelle prime ore del 2 aprile 2016, le colline nordoccidentali sopra il piccolo villaggio di 500 abitanti sono state invase dall’esercito azero. Quando le forze armene riuscirono a riconquistare Talish, era stato ridotto in macerie e, anche dopo la firma del cessate il fuoco, le colline strategiche che dominavano il villaggio sono rimaste in mano azera.

Con la maggior parte delle case distrutte, la popolazione di Talish è diventata senzatetto, ospitata presso parenti o in alloggi forniti dallo stato nei villaggi vicini, più lontano dalla linea di contatto. Tuttavia, anche nella sua attuale posizione strategicamente vulnerabile, il governo del Karabakh si è impegnato nella ricostruzione di Talish e nel ritorno dei suoi abitanti.

Ogni singola famiglia che ha perso la casa ne otterrà la ricostruzione. L’infrastruttura sarà riparata e ammodernata. Verranno inoltre aggiunti nuovi edifici, tra cui una casa della cultura e un centro ricreativo. Ma questi non sono i piani più ambiziosi per il villaggio: al fine di garantire un elevato livello di occupazione e un forte grado di solidarietà sociale, il villaggio sta ricostruendo le sue infrastrutture agricole e produttive in un modello collettivo.

Nelle parole del sindaco Vilen Petrosyan: “Sarà come un kolkhoz sovietico, ma diverso. Invece di dare i nostri profitti al governo, la comunità deciderà che cosa farne”. Gli inizi di questo nuovo/vecchio modello sono già in atto. Il “collettivo” di Talish produce miele, frutta e verdura, alcolici, carne e latticini. Le decine di lavoratori impiegati nell’impresa sociale sono ex residenti (tutti uomini) che sono tornati al villaggio come appaltatori governativi, lavorando per ricostruire le proprie case e difenderle in caso di un attacco.

Resta da vedere se il modello funzionerà e se sarà effettivamente democratico, ma la speranza dell’amministrazione locale è che il nuovo Talish non solo fiorisca, ma divenga un modello di economia e governance per altri villaggi nel Nagorno-Karabakh.

In viaggio da nessuna parte

Dal 1994 in poi, gli abitanti del Nagorno-Karabakh sperano in una normalizzazione pacifica della loro situazione. Ma, con il fallimento di un accordo di pace dopo l’altro, molti si erano adattati ad un nuovo status quo. Anche se la pace non fosse mai arrivata, la vita sarebbe andata avanti. Ma gli eventi dell’aprile 2016 hanno frantumato questo inquieto senso di stabilità.

Tuttavia, con una strana ironia, mentre il senso di stabilità del popolo del Karabakh andava in frantumi, l’ordine economico e politico esistente si rafforzava. Forgiata nel crogiolo del conflitto e ancora devastata quasi trent’anni dopo, la regione del Nagorno-Karabakh ha cessato di essere un luogo in cui l’esercito esiste per sostenere lo stato e la società. Ora, stato e società esistono per sostenere l’esercito, ed è improbabile che la situazione cambi presto.

(29 mar 18) ELETTO NUOVO PRESIDENTE CORTE DI APPELLO – L’Assemblea nazionale ha eletto oggi, con venti voti a favore e sei contrari, Arsen Hayrapetyan nuovo presidente della Corte di appello dell’Artsakh. La presidente del Consiglio supremo della magistratura, Gayane Grigoryan, ha precisato che, entro i termini prescritti, Arsen Hayrapetyan ha presentato la propria domanda al Consiglio giudiziario, che l’ha discussa alla riunione del Consiglio giudiziario supremo il 16 marzo.

(29 mar 18) HALO TRUST, 3 SMINATORI MORTI – Un veicolo fuoristrada della ONG Halo Trust che dalla fine della guerra è impegnata nello sminamento di campi in Artsakh, è saltato in aria su una mina in un’area neutra non lontano dalla città di Martakert. A seguito dello scoppio, tre sminatori sono morti sul colpo mentre altri due hanno riportato gravi lesioni. Le vittime sono Pavel Akopov, Samson Avanessian e Marat Petrossian. E’ stata aperta un’indagine sul fatto. James Cowan, CEO di HALO, ha dichiarato: «Ogni giorno in tutto il mondo, più di 8.000 dipendenti HALO vanno a lavorare in luoghi che nessun altro può calpestare e questo tragico incidente ci fa chiaramente comprendere i pericoli che essi affrontano e l’importanza del nostro lavoro. I nostri colleghi sono stati uccisi mentre lavoravano per rendere la terra sicura per il popolo del Nagorno Karabakh».

(29 mar 18) SAHAKYAN IN VISITA NELLA REGIONE DI ASKERAN – Il presidente della repubblica si è recato oggi in visita in numerose comunità della regione di Askeran dove ha incontrato i rappresentanti locali e ha discusso con gli abitanti i problemi di ciascuna località.

(24 mar 18) TRAGICO INCIDENTE IN BASE MILITARE – Un giovane soldato di diciannove anni, Armen Harutyunyan, è deceduto mentre si trovava in una base logistica dell’esercito. A causarne la morte la fatale caduta di un albero sferzato dal forte vento che soffiava nella zona. La tragedia è avvenuta intorno alle 17 pomeridiane. è stata aperta un’inchiesta sul fatto.

(24 mar 18) 24 ATLETI PARTECIPANO AL TORNEO DI KICKBOXING – Ventiquattro atleti dell’Artsakh hanno partecipato ai campionati armeni di kickboxing tenutisi a Yerevan dal 21 al 24 marzo. Il presidente della federazione di kickboxing dell’Artsakh ha dichiarato che si è trattata della prima partecipazione ai campionati in Armenia. Gli atleti riportano a casa diverse medaglie anche d’oro.

(24 mar 18) FORTE VENTO IN ARTSAKH CAUSA DANNI – Violente raffiche di vento hanno provocato numerosi danni ad abitazioni in Artsakh. Alcuni edifici sono stati scoperchiati e diversi alberi e cartelloni abbattuti.

(23 mar 18) AUMENTA L’INDICE DI ATTIVITA’ ECONOMICA – Il Servizio di Statistica nazionale ha rilasciato i dati relativi ai primi due mesi dell’anno corrente. L’indice di attività economica della repubblica è cresciuto del 17,5% rispetto allo stesso periodo del 2017. A gennaio e febbraio l’aumento del tasso di attività economica è stato principalmente determinato dall’aumento della produzione industriale, del prodotto agricolo lordo e dei volumi di costruzione. Nel gennaio 2018, il volume della produzione industriale è aumentato dell’84,1%, il prodotto agricolo lordo del 39,2% e il volume delle costruzioni del 23,5%.

(23 MAR 18) IN CRESCITA IL TURISMO NEL 2017 – Il settore turistico della Repubblica di Artsakh ha registrato una importante crescita nel 2017. Come riporta il dipartimento del turismo del Ministero dell’Economia della Repubblica, nel 2017 22.453 turisti hanno visitato Artsakh, con un aumento del 60,8% rispetto ai dati del 2016. Secondo i dati pubblicati, il 75,5% di tutti i visitatori ha scelto Artsakh come destinazione per le vacanze, il 24,5% per un viaggio d’affari e 3 persone a scopo didattico.

(21 mar 18) PRESIDENTE SAHAKYAN IN LIBANO – Il presidente della repubblica, Bako Sahakyan, si trova in Libano dove ha in programma una serie di incontri con la comunità armena locale. In giornata, ad Antelias, è stato ricevuto dal Catholikos della Grande Casa di Cilicia, Aram I.

(19 mar 18) DRONE AZERO ABBATTUTO SU TALISH – Un piccolo drone azero da osservazione è stato abbattuto oggi verso le 18,30 mentre si trovava a sorvolare l’area intorno a Talish nel settore nord orientale della linea di contatto. Il ministero della Difesa ha diffuso le immagini del piccolo velivolo.

(15 mar 18) MINISTRO DI STATO IN VISITA IN AUSTRALIA – Arayik Harutyunyan, Ministro di Stato dell’Artsakh è in Australia, nello Stato del Nuovo Galles del Sud dove tra l’altro ha incontrato il Gruppo di amicizia parlamentare Armenia-Australia. Il Nuovo Galles del Sud ha riconosciuto ufficialmente l’Artsakh nel 2012.

(15 mar 18) ARMENI VIGILANO SU ESERCITAZIONI AZERE – «L’Armenia deve essere sempre pronta a qualsiasi provocazione azera» ha dichiarato il vice ministro degli esteri di Yerevan, Shavarsh Kocharyan commentando le esercitazioni condotte dalle forze armate azere in questi giorni, a partire da lunedì 12, non lontano dalla linea di contatto con l’Artsakh con l’impiego di circa 25000 uomini, 250 carri armati e un migliaio di sistemi di artiglieria e missilistici di vario calibro.

(15 mar 18) MONITORAGGIO OSCE OSTACOLATO DAGLI AZERI – Una missione di osservazione è stata condotta oggi lungo la linea di contatto nel settore sud orientale all’altezza della località di Kuropatkino (regione di Martuni). Durante il monitoraggio non sono state rilevate violazioni del cessate-il-fuoco. Tuttavia, le autorità dell’Azerbaigian si sono rifiutate di condurre la delegazione di osservatori fino alle postazioni di prima linea.

(14 mar 18) LA CITTA’ DI GLENDALE DEDICA STRADA ALL’ARTSAKH -La municipalità della californiana Glendale (200.000 abitanti) ha votato all’unanimità una risoluzione per dedicare una via della toponomastica locale alla repubblica di Artsakh.

(13 mar 18) IL PRESIDENTE SAHAKYAN NEGLI USA – Il presidente della repubblica, Bako Sahakyan, è a Washington dove, nella giornata odierna, si è recato in visita all’ambasciata dell’Armenia e alla sede della rappresentanza della repubblica dell’Artsakh negli USA.

(12 mar 18) PIL IN FORTE CRESCITA NEL 2017 – Il Servizio di Statistica nazionale ha pubblicato oggi i dati del Prodotto Interno Lordo per il 2017 che ha registrato una crescita del 15,6% su base annua. Nel 2016 la crescita era stata del 9,2%. Buona parte dell’incremento è stato determinato dalle attività industriali e energia (11,7%);commercio e servizi hanno contribuito per il 3,7%, l’agricoltura, attività forestali e  pesca per lo 0,9% mentre  lo 0,1% dell’aumento ha riguardato il comparto delle costruzioni. Il ministero dell’Economia ha espresso molta soddisfazione per la crescita economica della repubblica.

(7 mar 18) COMPARTO AGRICOLO IN CRESCITA – Nel corso di una conferenza stampa il ministro dell’Agricoltura, Zirhayr Mirozyan, ha annunciato che per l’anno corrente sono previsti a semina 75.000 ettari, una superficie mai così estesa nella storia della repubblica. Il ministro ha espresso soddisfazione per la lotta ai parassiti e malattie e ha annunciato che la semina di primavera riguarderà 14.000 ettari. Mirzoyan ha altresì informato che il PIL agricolo è cresciuto del 7,8% rispetto all’anno precedente e ha preannunciato future iniziative per migliorare il settore zootecnico.

(7 mar 18) MONITORAGGIO OSCE – Una missione di osservazione è stata condotta oggi lungo la linea di contatto in direzione di Hadrut, capoluogo dell’omonima regione. Durante il monitoraggio non sono state rilevate violazioni del cessate-il-fuoco.

(7 mar 18) SAHAKYAN RICEVE KASPRZYK – Il presidente della repubblica ha ricevuto oggi l’amb. Andrzej Kasprzyk da ieri in Artsakh. L’incontro è stato incentrato sulla situazione lungo la linea di contatto con l’Azerbaigian.

(6 mar 18) KASPRZYK A STEPANAKERT – Il Rappresentante personale del Presidente dell’Osce in carica, amb. Andrzej Kasprzyk, è a Stepanakert dove ha in agenda appuntamenti con le autorità locali. Nella giornata odierna ha incontrato il ministro degli Affari Esteri, Masis Mayilyan con il quale ha discusso riguardo la situazione lungo la linea di contatto e il processo negoziale.

(2 mar 18) DELEGAZIONE FRANCESE IN VISITA – Una delegazione del comune francese di Bouc-Bel-Air (Provenza) si trova in Artsakh. Nella giornata odierna, a Shushi, vi è stato un incontro con il ministro della cultura Narine Aghabalyan.

(2 mar 18) VICE MINISTRO ESTERI A BRUXELLES – il vice ministro degli Affari esteri, Armine Alexanyan, è a Bruxelles dove ha incontrato il direttore dell’Eufoa (EUropean Friends Of Armenia), Diogo Pinto, e il direttore della sezione europea di AGBU  (Armenian General Benevolent Union), Nicolas Tavitian. Ieri la vice ministro aveva incontrato il presidente dell’ European Armenian Federation for Justice and Democracy, Gaspar Karampetian, e alcuni membri del parlamento europeo.

(2 mar 18) MESSAGGIO DI CONGRATULAZIONI AL NUOVO PRESIDENTE DELL’ARMENIA – Il presidente della repubblica di Artsakh, Bako Sahakyan, ha inviato un messaggio di felicitazioni ad Armen Sarkissian (Sargsyan), eletto oggi Presidente dell’Armenia dall’Assemblea nazionale di Yerevan.

 

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Nel 30° anniversario del pogrom antiarmeno di Sumgait, un’analisi su quegli eventi e sulla attuale politica razzista e armenofoba dell’Azerbaigian.

Intervento del ministro armeno Nalbandian alla Commissione Affari esteri dell’Unione europea. L’attuale situazione del processo di pace sul Nagorno Karabakh

Trentesimo anniversario della votazione del Consiglio regionale. Le parole del presidente dell’Armenia per celebrare la ricorrenza

Fonte: Notizie  geopolitiche, 16 febbraio 18,  di Giuliano Bifolchi

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STEPANAKERT. George Friedman, analista e fondatore della nota agenzia di Intelligence statunitense Stratfor e attuale direttore di Geopolitical Future, sosteneva nel 2008 in “The Methodology of Geopolitics: Love of One’s Own and the Importance of Place” che la nascita in un luogo ben preciso è un elemento fondamentale per ogni individuo perché questo permette a qualsiasi persona di identificare sé stessa molto di più rispetto all’appartenere a un determinato paese e possedere una determinata cittadinanza. Questa affermazione trova il suo massimo riscontro nella Repubblica di Artsakh, dove le persone esprimono un forte attaccamento alla loro terra di origine che permette di identificarli. È proprio questo connubbio uomo-terra natia che categorizza gli abitanti della Repubblica di Artsakh che hanno da sempre rivendicato la loro appartenenza alla loro madre patria anche quando non esisteva uno stato che potesse conferirgli il ruolo di “cittadini della Repubblica di Artsakh”. Partendo da questo concetto si può comprendere il perché coloro che abitano nella regione del Nagorno Karabakh hanno da sempre rivendicato le loro origini e per questo hanno combattuto e continuano a combattere per poter vivere in questo angolo di mondo in rispetto delle proprie tradizioni e cultura.
La Repubblica di Artsakh, situata nel Caucaso meridionale è de facto uno Stato sorto con la disgregazione dell’Unione Sovietica e a seguito del conflitto del 1992-1994 che ha visto contrapposti la maggioranza etnica armena del Nagorno Karabakh, sostenuta dalla Repubblica di Armenia, e la Repubblica dell’Azerbaigian. Tale conflitto fonda le sue radici nell’era sovietica fino a quando nel 1988, a seguito di una serie di atti di violenza da entrambe le parti, gli armeni della regione del Nagorno Karabakh o Artsakh manifestarono attraverso il voto la propria volontà di secessione dall’Azerbaigian e indipendenza dando vita alla Repubblica del Karabakh Montagnoso (Nagorno-Karabakh) – Artsakh. Gli eventi portarono poi al conflitto del 1992-1994 terminato con il cessate il fuoco seguito da un processo di pace che vede tuttora coinvolto il Gruppo di Minsk dell’OSCE presieduto da Francia, Stati Uniti e Federazione Russa, ma che fino ad ora ha prodotto pochi risultati tangibili a causa non solo delle diverse posizioni di armeni e azeri, ma anche dei giochi geopolitici che investono una regione di primaria importanza strategica come il Caucaso meridionale, luogo di passaggio di oleodotti, gasdotti e vie di comunicazione nord-sud e ovest-est.
Non riconosciuta a livello internazionale da nessuno stato, la Repubblica di Artsakh (nome adottato a seguito del referendum costituzionale del 2017) vive in una continua situazione di tensione condividendo con l’Azerbaigian una linea di contatto che vede contrapposti soldati armeni a quelli azeri in un “conflitto congelato” sempre pronto a riesplodere come accaduto lo scorso aprile 2016. L’Armenia rappresenta l’alleato dell’Artsakh per motivi di natura culturale e storica e funge da interlocutore nel processo di negoziazione per la pace avviato dopo il 1994 con l’Azerbaigian. Proprio visitando la linea del fronte che quotidianamente vede contrapposte le forze armene a quelle azere in una attività di continuo controllo è possibile capire l’importanza dell’Armenia: nella base militare vicino a Martakert sventolano in alto le bandiere armene e dell’Artsakh mentre i soldati che si apprestano a iniziare l’anno accademico di formazione che li poterà poi a difendere la propria madre patria per 2 anni cantano l’inno dell’Armenia.

Linea del fronte costituita da trincee che rimandano il pensiero ad un secolo fa quando in Europa si combatteva il primo conflitto mondiale e giovani di 18-19 anni vivevano rintanati lungo la linea di difesa attendendo l’attacco nemico o l’ordine di avanzare. È negli occhi dei ragazzi armeni che si legge la fierezza di combattere per la propria madre patria, ma anche la delusione per una adolescenza presto perduta: è in questa linea del fronte montuosa che i versi poetici di Giuseppe Ungaretti in “I soldati” scritti nel 1918, “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, riscoprono ancora una volta la loro triste verità. Perché in questa parte di mondo a molti sconosciuta si continua a combattere e mensilmente si devono aggiornare i bollettini delle vittime da entrambe le parti.
È proprio questo che rende la visita nella Repubblica di Artsakh particolare e speciale: in questa regione si ritrovano sentimenti di amore per per la propria terra e odio o desiderio di rivincita nei confronti del nemico che in Europa sembrano apparentemente essere svaniti. Visita in Artsakh problematica per giornalisti, ricercatori e anche turisti per quel che riguarda la diplomazia perché l’Azerbaigian sin dal cessate il fuoco del 1994 ha sempre rivendicato la propria sovranità territoriale sulla regione del Nagorno Karabakh e su sette distretti limitrofi (circa il 20% del territorio azerbaigiano), considerati sotto occupazione armena. Quindi, effettuare una visita per qualsiasi scopo in Artsakh passando per l’Armenia viene inteso dal governo di Baku come una violazione della propria legge il cui risultato è quello di essere inserito in una “lista nera”, commentata da Masis Mailian, ministro degli Esteri dell’Artsakh, come “una violazione dei diritti umani il cui risultato è stato controproducente per l’Azerbaigian. Il fatto che giornalisti e turisti visitino il nostro paese e che il loro numero sia in aumento dimostra come la politica di Baku non sta riscuotendo i desideri sperati, anzi comprova maggiormente la mancanza di logicità. Nel 2017 – ha aggiunto Mailian – abbiamo avuto più di 100 giornalisti in visita nel nostro paese e un incremento del turismo pari a +52% rispetto all’anno precedente”.
Per quel che riguarda le relazioni internazionali e la diplomazia il ministro degli Esteri ha sottolineato il ruolo di interlocutore dell’Armenia che garantisce alla Repubblica di Artsakh la possibilità di vedere rappresentate le proprie richieste non solo nel Gruppo di Minsk dell’OSCE, visto che l’Azerbaigian non vuole interloquire con l’Artsakh “anche se noi siamo stati parte attiva e direttamente interessata dal conflitto e quindi dal successivo processo di negoziazione”, afferma il ministro degli esteri, ma anche in altre organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e l’Unione Europea. “L’Artsakh è pronto a entrare nella NATO e nelle Nazioni Unite”, ha dichiarato Mailian guardando a questa eventualità come un ulteriore mezzo per il riconoscimento internazionale, primo obiettivo per il governo di Stepanakert. “Il nostro esercito è operativo e ha dimostrato il proprio valore nelle attività di individuazione di intrusioni nemiche e contrattacco. I nostri soldati possono cooperare in esercitazioni militari e missioni all’estero. Dal nostro punto di vista non esiste nessun impedimento legale e militare nella cooperazione della Repubblica dell’Artsakh con i paesi della NATO”.

Rispondendo alle accuse di Baku, che definisce il Nagorno Karabakh e sette distretti limitrofi come parte del proprio territorio sovrano occupato dall’Armenia, il ministro degli Esteri ha affermato che “gli azeri sono come i turchi i quali vogliono appropriarsi o conquistare parte della Siria e dell’Iraq. La speranza è che il governo di Baku possa rispettare gli accordi presi con l’Armenia e con i co-presidenti del Gruppo di Minsk, anche se più volte l’Azerbaigian ha dimostrato la volontà di disattendere tali accordi preferendo la via militare”.
È in questi giorni di febbraio, nello specifico il 13, che si svolge il 30mo anniversario dei movimenti di indipendenza del 1988 che diedero il via al processo che portò in seguito alla nascita della Repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh. Nelle manifestazioni di piazza organizzate a Stepanakert a cui hanno partecipato tutti i membri della leadership politica e militare della Repubblica di Artsakh si legge chiaramente come la pace sia un obiettivo lontano perché gli eventi che hanno preceduto il conflitto del 1992-1994 e i fallimentari anni di negoziazione hanno via via allontanato armeni e azeri, che in passato vivevano insieme sotto l’Unione Sovietica, lasciando lo spazio invece a sentimenti di nazionalismo, rivincita, odio e diffidenza per il nemico a cui si devono aggiungere gli interessi territoriali e geopolitici che coinvolgono direttamente azeri e armeni e indirettamente le potenze internazionali come Russia, Stati Uniti e regionali come Iran e Turchia.

Diffidenza più volte ribadita da tutte le persone incontrate in Artsakh e anche dall’Arcivescovo Pargev Martirosyan, Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena, il quale ha affermato che “diverse volte l’Azerbaigian ha attaccato la nostra terra dimostrando la volontà di non rispettare il processo di pace e gli accordi presi con il Gruppo di Minsk dell’OSCE”. “Noi non vogliamo la guerra, ma siamo pronti al conflitto qualora venissimo attaccati”, ha continuato Martirosyan aggiungendo che seppure “preghiamo per la pace non solo per noi stessi, ma per tutto il mondo, viviamo in una zona di conflitto dove il nostro popolo, le nostre famiglie e anche i nostri preti sono a diretto contatto con il pericolo. Se la guerra dovesse arrivare noi saremo pronti”. Questo essere pronti alla guerra è un messaggio che spesso è stato ribadito dall’arcivescovo il quale rischia di sostituire o modificare il messaggio di pace caratteristico del Cristianesimo: “il porgere l’altra guancia predicato da Gesù – sottolinea Martirosyan – riguarda soltanto familiari, amici e conoscenti ma non i nemici. Quando questi giungono nel tuo territorio per conquistarlo e minacciano la vita dei cittadini che vi abitano il tuo dovere è quello di affrontarli e neutralizzarli”. Parole che suonano come una dichiarazione di guerra e che fanno ancor più eco perché pronunciate da un uomo di fede le quali sono state attenuate però dalla costatazione finale che “non esiste una guerra eterna al mondo…presto o tardi questo conflitto finirà e il nostro popolo potrà vivere in pace”.

Occorre sottolineare come lo scontro tra armeni e azeri per l’Artsakh è di tipo territoriale e non religioso: lo stesso Martirosyan afferma che “gli abitanti dell’Artsakh non hanno nessun problema con i musulmani. Abbiamo diverse comunità armene della Diaspora in paesi arabi e buone relazioni con Iran, Kazakhstan, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan, e Kyrgyzstan. I nostri problemi riguardano soltanto i turchi a causa del Genocidio Armeno che continuano a non riconoscere e gli azeri. Chi parla di guerra di religione sono soltanto quelle organizzazioni il cui fine è quello di creare odio tra cristiani e musulmani e distogliere l’attenzione sul vero motivo del conflitto che contrappone i nostri cittadini, i quali lottano per la loro madre patria, e l’Azerbaigian”. Giuste affermazioni che però non trovano un reale riscontro nella demografia dell’Armenia e dell’Artsakh per quel che riguarda la composizione etnica e religiosa: in Armenia, secondo quanto si legge dal CIA World Factbook, il 98.1% della popolazione è composta da armeni seguita poi dagli yazidi (1.1%), da russi (0.4%) e da ulteriori minoranze tra cui greci, assiri, ucraini, curdi, georgiani, bielorussi, mentre per quel che concerne la religione il 92.6% degli armeni appartengono alla Chiesa Armena Apostolica, l’1% a quella Evangelica, il 2.4% ad altre credenze religiose come l’ebraismo. In Artsakh, invece, secondo l’ultimo censimento del 2015 il 99.7% della popolazione è armena mentre la popolazione azera è passata da 12.592 persone nel censimento del 1926 (10% della popolazione), a 40.688 nel 1989 subito dopo i movimenti del 13 febbraio 1988 e poco prima della disgregazione dell’Unione Sovietica (circa il 21.5% della popolazione) per poi registrare un drastico decremento contando nel censimento del 2005 soltanto 6 azeri. La religione predominante della Repubblcia di Artsakh è quella Armena Apostolica con la presenza di minoranze appartenenti alla Chiesa Evangelica e ad altre chiese ortodosse orientali.
Ashot Ghulyan, portavoce del Parlamento dell’Artsakh, ha ribadito l’importanza del 30° anniversario del movimento di indipendenza iniziato nel 1988 perché “all’epoca, quando tutto è iniziato, nessuno si sarebbe aspettato che il nostro popolo avrebbe potuto affrontare e superare i problemi legati all’indipendenza, al conflitto e le sfide future. Ciò che ereditiamo dal movimento dell’88 è l’importanza della libertà e l’opportunità di decidere per il nostro futuro come un paese indipendente oppure come parte dell’Armenia”. “Ho un’attitudine positiva ereditata dal 1988: – ha continuato Ghulyan – se guardo al futuro e penso a questi ultimi 30 anni posso soltanto prevedere che nei prossimi trentanni avremo la possibilità di festeggiare il 60° anniversario del movimento del Karabakh come paese indipendente oppure farlo da cittadini che vivono in una Armenia unita”. Armenia unita all’Artsakh, argomento attuale sia a Erevan che Stepanakert, a cui il portavoce del Parlamento del Nagorno Karabakh risponde dichiarando che “soltanto dopo che il nostro paese otterrà il riconoscimento internazionale, tale questione diverrà nazionale e gli armeni della Diaspora e quelli in Artsakh potranno decidere attraverso un referendum se il futuro del Nagorno Karabakh dovrà essere indipendente oppure con l’Armenia”.

Clima di positività verso il futuro del paese che contrasta però con le difficoltà del processo di sviluppo socio-economico dell’Artsakh come evidenziato spesso anche dall’Azerbaigian che vede nel ritorno del Nagorno Karabakh sotto la propria amministrazione come un’opportunità di crescita economica per la popolazione locale e nella fine delle ostilità con l’Armenia la possibiltià per il governo di Erevan di non essere più estromesso dalle dinamiche economiche regionali e dai benefici dati dal passaggio di gasdotti, oleodotti e vie di comunicazione dal Caspio all’Europa. Di opposte vedute invece Ghulyan che oltre ad evidenziare i risultati ottenuti negli ultimi 20 anni a seguito del conflitto, ha sottolineato come “il cessate il fuoco del 1994 ha permesso al nostro Governo di creare le condizioni minime di vita per il nostro popolo raggiunte nel 1998-2000. Dagli inizi del nuovo millennio abbiamo dato il via a diversi progetti economici grazie al grande contributo fornito dalla Diaspora armena che ha permesso di sviluppare il progetto sociale mirato a garantire l’erogazione dell’acqua a tutti i cittadini della Repubblica di Artsakh”.
Parlando della strategia di sviluppo economico il portavoce del Parlamento ha evidenziato tra i settori principali quello energetico che ha visto la costruzione di centrali idroelettriche con lo scopo di migliorare la fornitura energetica alla popolazione, quello dell’industria mineraria, l’agricoltura che fonda le proprie radici nella tradizione dell’Artsakh (il 90% dei prodotti agricoli sul mercato del Nagorno Karabakh è coltivato localmente) e che permette esportazioni all’Armenia, e il turismo, settore che offre ampi margini di miglioramento che necessita però maggiori investimenti.
Parlamento della Repubblcia di Artsakh che ha istituito gruppi di amicizia interparlamentari con Unione Europea, Lituania, Francia e Belgio e che “è pronto e volenteroso ad avere relazioni interparlamentari anche con l’Italia, paese che si è sempre contraddistinto per il suo ruolo nel processo di pace. Fino ad ora non abbiamo avuto contatti, ma imputo questo al tempo e non solo alla ‘politica del caviale’ i cui effetti negativi sono maggiori di quelli positivi per Baku, come constatato anche negli Stati Uniti, perché tale politica permette di sollevare l’interesse nei confronti dell’Artsakh”.
Il positivismo riscontrato nelle autorità e nelle persone dell’Artsakh contrasta però con il paesaggio che si vede viaggiando per il paese caratterizzato da piccoli villaggi o città che visivamente mancano di strutture moderne e avanzate. Fa eccezione a questa realtà il TUMO Center for Creative Technologies presente a Stepanakert (ma anche a Gyumri e Erevan), un centro dedicato agli adolescenti dai 12 ai 18 anni che eroga corsi di formazione gratuiti specializzati in animazione, sviluppo dei giochi, web development e digital media il cui fine è quello di offrire maggiori possibilità alle nuove generazioni dell’Artsakh. Una esperienza positiva sorta a Erevan e diffusa anche nella Repubblica di Artsakh grazie ai fondi erogati dalla Diaspora armena che dovrebbe essere esportata anche a Parigi e Mosca nel breve futuro i cui benefici vengono però attenuati o vanificati per quel che concerne la popolazione giovane maschile dall’obbligo di leva che vede i giovani dell’Artsakh spendere almeno due anni di servizio militare e rischiare la propria vita al fronte.
La Repubblica di Artsakh e la sua popolazione meritano di vivere nella pace il cui raggiungimento sembra oramai lontano: Svante Cornell in “Small Nation and Great Powers: A Study of Ethnopolitical Conflict in the Caucasus” nota giustamente come la soluzione finale al conflitto dipende dall’evoluzione delle posizioni delle parti interessate e dalle pressioni interne e internazionali sui negoziatori. Un possibile accordo che tenga conto del diritto di autodeterminazione degli armeni dell’Artsakh e della preservazione della integrità territoriale dell’Azerbaigian è fondamentale: seguendo questo concetto secondo Cornel è necessaria una negoziazione dell’autonomia del Nagorno-Karabakh ad esempio seguendo il modello di “stato associato” della Repubblica del Tatarstan nella Federazione Russa. Il ritorno dei rifugiati azeri e armeni è un altro elemento cruciale a cui devono seguire il controllo internazionale in una fase di transizione dei territori di Shushi, Lachin e Shaumianovsk/Agdere in modo da favorire sia la connessione tra Armenia e Artsakh che quella tra Azerbaigian e Nakhchivan. Il tutto deve essere unito a una speciale attenzione per la dimensione economica del conflitto che dovrebbe portare alla istituzione di una free-trade zone che incorpori Armenia, Artsakh, Georgia, Ossezia del Sud, Abkhazia formando quindi un’area di libero scambio caucasica meridionale che possa ridurre nel lungo termine l’importanza dei confini e della sovranità statale e le tensioni ponendo sull’ago della bilancia lo sviluppo economico e condizioni di vita migliori. Questa idea però si scontra con la realtà che vede entrambe le parti fisse sulle proprie posizioni: anche in Artsakh la popolazione locale “non vuole cedere il territorio conquistato durante il conflitto con l’Azerbaigian” e, secondo quanto espresso anche dai molti veterani di guerra che hanno sfilato nella manifestazione del 13 febbraio, “le possibilità di vivere nello stesso territorio tra armeni e azeri sembrano oramai impossibili. Possiamo commerciare con loro, avere contatti per quel che concerne la diplomazia, ma una coabitazione come nel periodo sovietico e quindi un ritorno dei rifugiati è quanto di più impensabile”.
Ma senza speranza di una pace e senza la volontà di negoziare, e quindi di cedere qualcosa in cambio di altro, il conflitto è sempre pronto a esplodere e le future generazioni verranno sacrificate in una guerra che oltre a logorare i cittadini sia armeni che azeri, provocando rifugiati da entrambe le parti, non fa altro che aumentare i sentimenti di odio e diffidenza.

 

 

Ancora una volta il presidente azero tenta di sabotare il processo di pace con dichiarazioni farneticanti…

In un’intervista a News.am l’ambasciatore italiano in Armenia, Giovanni Ricciulli, parla anche del ruolo dell’Italia per la risoluzione del conflitto in Nagorno Karabakh-Artsakh

(28 feb 18) 30° ANNIVERSARIO SUMGAIT – Cerimonie commemorative si sono svolte in numerose località dell’Artsakh per commemorare il 30° anniversario del pogrom anti armeno di Sumgait. Il presidente Sahakyan ha deposto una corona di fiori al memoriale di Stepanakert.

(24 feb 18) SAHAKYAN INCONTRA MINISTRO DIFESA ARMENIA – Il presidente della repubblica ha incontrato oggi a Stepanakert il ministro della Difesa dell’Armenia Vigen Sargsyan.

(22 feb 18) MONITORAGGIO OSCE LUNGO LINEA DI CONTATTO – Una missione di osservazione è stata compiuta oggi da funzionari Osce lungo la linea di contatto nel settore nord orientale all’altezza di Tavush. Tuttavia, a causa del terreno accidentato, non è stato possibile tenere sotto controllo visivo  i due lati, e quindi il monitoraggio è stato condotto attraverso lo scambio di informazioni in conformità con le direzioni di orientamento. Nessuna violazione è stata registrata.

(22 feb 18) AZERI COLPISCONO SOLDATO ARMENO – Grigor Yeghoyan, nato nel 1998, è stato mortalmente raggiunto da colpi azeri questa mattina alle ore 9,40 locali. Ne dà notizia il Comando difesa che non ha precisato la località della grave violazione del cessate-il-fuoco. Il presidente Sahakyan ha conferito la decorazione postuma “Per servizio, in battaglia” al giovane caduto.

(21 feb 18) PINTO (EUFOA) SOLLECITA INIZIATIVA UNIONE EUROPEA – Il direttore di EUFOA (EUropean Friend Of Armenia), Diogo Pinto ha dichiarato che è arrivato il momento che dopo trenta anni l’Unione Europea riporti la propria attenzione al Nagorno Karabakh denunciando il mancato contatto diretto con la popolazione e le autorità dello Stato. Al riguardo ha invitato il Rappresentante speciale della UE per il Caucaso meridionale a visitare Stepanakert.

(20 feb 18) GIORNATA DELLA RINASCITA DELL’ARTSAKH – In occasione della Giornata della rinascita dell’Artsakh e del trentesimo anniversario della votazione del Consiglio supremo del Nagorno Karabakh che votò per la riunificazione con l’Armenia, si è tenuto nel palazzo del governo un ricevimento ufficiale al quale hanno partecipato le più alte cariche civili, religiose e militari dello Stato.

(19 feb 18) UE: IMPOSSIBILE PACE SENZA UN COMPROMESSO – Il Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sud Caucaso e la crisi in Georgia, Toivo Klaar, ha dichiarato all’agenzia azera Trend che l’Unione vuole la pace e la prosperità della regione ma che senza un compromesso fra le parti tale risultato non potrà essere raggiunto. Klaar ha invitato le parti a sostenere lo sforzo del Gruppo di Minsk e ha annunciato che è sua intenzione «visitare le aree interessate dal conflitto del Nagorno Karabakh»  il più rapidamente possibile. In questi giorni sedici deputati europei hanno rivolto un’interrogazione scritta alla Commissaria Mogherini chiedendo per quale motivo nessuna delegazione ufficiale dell’Unione europea abbia finora mai visitato l’Artsakh.

(16 feb 18) AZERI DISPONIBILI A SCAMBIO PRIGIONIERI – Ismail Akhundov, capo della Commissione azera sui prigionieri di guerra, ha avanzato la possibilità di uno scambio di prigionieri fra le parti. Al momento in Azerbaigian sono detenuti un cittadino dell’Armenia e uno dell’Artsakh, mentre tre sono gli azeri in carcere a Stepanakert; due di loro (Shahbaz Guliyev e Dilgam Asgarov) sono stati processati e condannati per essere entrati nel territorio armeno dell’Artsakh e aver ucciso alcuni civili e militari.

(15 feb 18) PRODUZIONE INDUSTRIALE, +54,8% – La produzione industriale in Artsakh ha fatto registrare nel 2017 una crescita del 54,8% rispetto all’anno precedente. Lo comunica il Servizio statistico nazionale. La regione più industrializzata del Paese rimane quella di Martakert che da sola cuba circa la metà della produzione nazionale.

(14 feb 18) AL VIA IL CONGRESSO DEI COMBATTENTI DELLA LIBERTA’ – Ha preso il via a Stepanakert il settimo congresso dell’Unione dei combattenti della libertà dell’Artsakh. Ai lavori è intervenuto anche il presidente della repubblica Sahakyan il quale ha sottolineato lo status e il ruolo dell’Unione nella storia della Repubblica di Artsakh, osservando come l’organizzazione abbia svolto un’importante missione di educazione patriottica delle giovani generazioni,prendendo parte attiva alla vita sociale del repubblica che assiste al processo di risoluzione delle questioni sociali e domestiche delle famiglie di militari feriti.  «Durante tutti questi anni l’Unione dei combattenti della libertà è stata attivamente coinvolta nel processo di protezione delle popolazioni native. In caso di minaccia per il paese, i combattenti per la libertà vanno immediatamente in prima linea, stanno accanto ai soldati senza prestare attenzione alla loro età, a volte ignorando anche problemi di salute» ha sottolineato il presidente Sahakyan nel suo discorso, aggiungendo che lo stato non risparmierà sforzo per sostenere e fornire assistenza all’Unione.

(13 feb 18) IMPONENTE MANIFESTAZIONE PER MOVIMENTO KARABAKH – Migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione in ricordo del trentesimo anniversario della nascita del “Movimento Karabakh” che diede vita alla lotta di autodeterminazione dell’Artsakh. Un corteo, formato in gran parte da studenti, è partito dall’università e si è diretto a piazza della Rinascita dove ha avuto luogo la cerimonia ufficiale presenti le massime autorità civili e religiose della repubblica di Artsakh. Nel suo discorso il presidente della repubblica, Bako Sahakyan, ha sottolineato tra l’altro  che «l’avversario deve sempre sapere che il linguaggio della forza è destinato al fallimento».

(12 feb 18) VISITA DI REPORTER STRANIERI IN ARTSAKH – Un gruppo di giornalisti e blogger stranieri provenienti da diversi Paesi (Lituania, Ungheria, Russia, Algeria, Italia e Francia) è in visita nella repubblica di Artsakh dove tra  l’altro ha incontrato il ministro degli Affari Esteri (Mailyan) e il Presidente dell’Assemblea nazionale (Ghulyan). I reporter, che oggi hanno visitato unità militari lungo la linea di contatto nel settore nord orientale, assisteranno altresì alle manifestazioni per il 30° anniversario del Movimento Karabakh.

(11 feb 18) GM VISITA REGIONI DELL’ARTSAKH – I co-presidenti del Grupo di Minsk hanno completato oggi la loro visita in Artsakh dove hanno visitato i distretti di Zangelan (Kovsakan), Qubadly (Sanasar), Agdam (Akna), Lachin (Berdzor) e Kelbajar (Karvachar). Si tratta di aree, fuori dai confini della vecchia oblast sovietica del Nagorno Karabakh che l’Azerbaigian reclama.

(10 feb 18) GRUPPO DI MINSK IN ARTSAKH – La delegazione del Gruppo di Minsk, guidata dai co-presidenti, è da ieri in Artsakh per una serie di incontri con le autorità locali. Riunioni sono state tenute con il presidente della repubblica Sahakyan che ha sottolineato la necessità di ripristinare il formato negoziale a pieno titolo e la partecipazione dell’Artsakh in tutte le fasi del processo di pace, e con il ministro della Difesa Mnatsakanyan che ha informato gli ambasciatori circa la situazione lungo la linea di contatto.

(9 feb 18) MOGHERINI: NK SFIDA MOLTO SERIA – Il Capo diplomatico dell’Unione europea, Federica Mogherini, a margine della riunione del Consiglio UE-Azerbaigian, ha dichiarato che il conflitto del Nagorno Karabakh rimane una sfida molto seria. «Abbiamo anche discusso del conflitto nel Nagorno Karabakh, che rimane una sfida molto seria. La ripresa del dialogo ad alto livello a Vienna, San Pietroburgo e Ginevra è uno sviluppo importante. Vorremmo che le parti diano seguito al loro accordo per intensificare i negoziati e ridurre le tensioni sulla linea di contatto» ha dichiarato Mogherini sottolineando come l’attuale status sia inaccettabile.

(8 feb 18) SOLDATO ARMENO COLPITO A MORTE – Il giovane Hayk Kalantaryan (1998) è stato mortalmente colpito da un cecchino azero questo pomeriggio, intorno alle ore 14,30 locali, mentre si trovava in una postazione difensiva dell’Esercito del Karabakh. Le autorità non hanno precisato il luogo della ennesima grave violazione del cessate-il-fuoco. Il presidente della repubblica ha conferito un’onorificenza postuma al giovane soldato caduto.

(6 feb 18) MONITORAGGIO OSCE – Una missione di osservazione è stata condotta oggi lungo la linea di contatto all’altezza dell’insediamento di Seysulan, regione di Martakert. Durante il monitoraggio non sono state rilevate violazioni del cessate-il-fuoco.

(5 feb 18) ORGANIZZAZIONI SOCIALI – Il Servizio di statistica nazionale ha comunicato che alla data del primo febbraio 2018 erano operanti nella repubblica 242 organizzazioni sociali attive in vari settori.

(3 feb 18) SAHAKIAN RICEVE MINISTRO ARMENIA – Il presidente della repubblica Bako Sahakyan ha oggi ricevuto a Stepanakert il ministro della cultura della repubblica di Armenia, Armen Amiryan.

(1 feb 18) VICINO UN ACCORDO PER OSSERVATORI OSCE – In una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri Alfano (presidente di turno dell’Osce), il ministro degli Affari esteri della federazione Russa, Lavrov, ha dichiarato che Armenia e Azerbaigian sono vicine a un accordo che permetta di incrementare il numero di osservatori Osce lungo la linea di contatto con la repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh. L’incremento dell’attività di vigilanza lungo il confine era stato proposto sin dal vertice di Vienna che aveva seguito l’aggressione azera di aprile 2016. Ora, superate le ultime diffidenze di Baku, sembra che l’Organizzazione potrà avere più poteri di controllo e di conseguenza di dissuasione delle violazioni.

(1 feb 18) SAHAKYAN RICEVE RETTORE UNIVERSITA’ AGRARIA – Il presidente della repubblica, Bako Sahakyan, ha ricevuto oggi a Stepanakert il Rettore dell’Università agraria dell’Armenia. Nel corso del colloquio è stato sviluppato il tema della collaborazione fra i due Stati e le due università.

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Nel suo intervento all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), il presidente dell’Armenia risponde fermamente (ma anche ironicamente…)  alle provocazioni del delegato azero