Ancora una volta il dittatore dell’Azerbaigian (che tanto piace a certi politici italiani…) ha rilasciato dichiarazioni provocatorie.
Invece di promuovere fiducia e un dialogo costruttivo con la parte armena, Aliyev con arroganza considera chiusa la questione del Nagorno Karabakh (Artsakh).

Abbiamo risolto questo problema, che l’Armenia lo voglia o no, il mondo intero lo accetta. Abbiamo risolto il conflitto del Nagorno-Karabakh. Il conflitto del Nagorno Karabakh è risolto. Per quanto riguarda il territorio amministrativo del Nagorno Karabakh, non esiste sul territorio dell’Azerbaigian. La parola Nagorno Karabakh non esiste quindi nel lessico delle strutture internazionali, e l’ultimo incontro di Bruxelles lo ha dimostrato ancora una volta” ha dichiarato Aliyev. “Il 24 maggio si è svolto il primo incontro delle commissioni al confine azerbaigiano-armeno. Definiremo i confini, il che è molto importante. se definiamo i confini, allora di quale stato di “Nagorno-Karabakh” possiamo parlare?! C’è la zona del Karabakh, la regione del Karabakh. Questo è il territorio dell’Azerbaigian e tutti lo accettano. Pertanto, il primo incontro delle commissioni sulla delimitazione del confine tra Azerbaigian e Armenia è di grande importanza“, ha osservato Aliyev.

Al presidente azero ha quindi risposto immediatamente il Ministro di Stato della repubblica di Artsakh, Artak Beglaryan che ha osservato come il processo e i risultati di delimitazione e demarcazione con la Repubblica di Armenia non possono influenzare lo status attuale e futuro dell’Artsakh.

In particolare ha dichiarato che il conflitto del Karabakh non è con la Repubblica di Armenia, ma con la Repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) e che questo conflitto non è stato risolto, e questo è un fatto che tutto il mondo accetta, a prescindere da alcune differenze di interessi e formulazioni.
Se l’Azerbaigian vuole voltare pagina al conflitto e chiarire lo status dell’Artsakh, allora può portare avanti il ​​processo di delimitazione e demarcazione anche con la Repubblica dell’Artsakh, restituendo allo stesso tempo i nostri territori occupati e riconoscendo la nostra indipendenza” ha dichiarato Beglaryan aggiungendo che il principio fondamentale della risoluzione dei conflitti è la piena realizzazione e riconoscimento del diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Solo dopo aver superato questa prova, la comunità internazionale dimostrerà che, contrariamente alle affermazioni di Aliyev, esiste tuttavia il diritto internazionale, dove il diritto dei popoli all’autodeterminazione ha il suo posto fondamentale. Un altro importante principio del diritto internazionale è il non uso della forza/minaccia dell’uso della forza, anch’esso gravemente violato e ignorato dall’Azerbaigian. Inoltre, Aliyev oggi ha minacciato ancora una volta nuovi precedenti per l’uso della forza, che è un chiaro segnale per la comunità internazionale di adottare misure preventive e sanzionatorie.
Incoraggiare e ignorare il comportamento deviante porta gradualmente a disastri internazionali, diventando pratica internazionale e parte del diritto consuetudinario, un esempio di consuetudine legale
” ha aggiunto il ministro.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha riassunto i risultati dell’incontro trilaterale con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan tenutosi domenica 22 maggio a Bruxelles e durato alcune ore. Sull sito web del Consiglio europeo è stata pubblicata la seguente dichiarazione:

“Oggi ho ospitato nuovamente il Presidente Aliyev dell’Azerbaigian e il Primo Ministro Pashinyan dell’Armenia. Questa è stata la nostra terza discussione in questo formato. Ci siamo concentrati sulla situazione nel Caucaso meridionale e sullo sviluppo delle relazioni dell’UE con entrambi i paesi e con la regione in generale.La discussione è stata franca e produttiva. Abbiamo esaminato l’intera serie di problemi. Abbiamo avuto una discussione dettagliata su questioni umanitarie, compreso lo sminamento, e gli sforzi per liberare i detenuti e affrontare il destino delle persone scomparse.
Abbiamo raggiunto i seguenti risultati:

QUESTIONI DI CONFINE
La prima riunione congiunta delle Commissioni di frontiera si svolgerà nei prossimi giorni al confine interstatale. Affronterà tutte le questioni relative alla delimitazione del confine e al modo migliore per garantire una situazione stabile.

CONNETTIVITA’
I leader hanno convenuto sulla necessità di procedere allo sblocco dei collegamenti di trasporto. Hanno concordato i principi che regolano il transito tra l’Azerbaigian occidentale e il Nakhichevan e tra le diverse parti dell’Armenia attraverso l’Azerbaigian, nonché il trasporto internazionale attraverso le infrastrutture di comunicazione di entrambi i paesi. In particolare hanno concordato i principi dell’amministrazione delle frontiere, della sicurezza, delle tasse fondiarie ma anche delle dogane nel contesto del trasporto internazionale. I vicepremier porteranno avanti questo lavoro nei prossimi giorni.

ACCORDO DI PACE
I leader hanno deciso di portare avanti le discussioni sul futuro trattato di pace che disciplina le relazioni interstatali tra Armenia e Azerbaigian. Le squadre guidate dai ministri degli Esteri porteranno avanti questo processo nelle prossime settimane. Oltre a questa traccia, ho anche sottolineato ad entrambi i leader che era necessario che i diritti e la sicurezza della popolazione di etnia armena nel Karabakh fossero presi in considerazione.

SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO
L’UE porterà avanti con entrambe le parti il ​​lavoro del gruppo consultivo economico, che cerca di promuovere lo sviluppo economico a vantaggio di entrambi i paesi e delle loro popolazioni.

Ho anche sottolineato l’importanza di preparare le popolazioni a una pace sostenibile a lungo termine. L’UE è pronta a rafforzare il suo sostegno.Abbiamo deciso di rimanere in stretto contatto e ci incontreremo di nuovo nello stesso formato entro luglio/agosto. Grazie.”

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QUALE DESTINO PER L’ARTSAKH? NOSTRE RIFLESSIONI

Qualche veloce riflessione sul vertice trilaterale di Bruxelles del 22 maggio tra il Capo della Commissione europea Michel, Aliyev e Pashinyan.

La stringata dichiarazione pubblicata sul sito della Commissione dice poco, riassumendo per argomenti la sostanza di ore di discussione. Utilizziamo lo stesso metodo per le nostre considerazioni.

QUESTIONI DI CONFINE
La Commissione speciale già prevista dall’incontro del 6 aprile partirà a breve anche se non è ancora delineato il perimetro di lavoro: ci saranno solo due delegazioni oppure è prevista anche la presenza di un terzo (presumibilmente l’UE) a fare da arbitro nella disputa? Sarà necessario in futuro fare chiarezza sui parametri adoperati per la determinazione della frontiera fra Armenia e Azerbaigian.

CONNETTIVITA’
Viene ribadita la necessità di implementare i transiti “tra l’Azerbaigian occidentale e il Nakhichevan e tra le diverse parti dell’Armenia attraverso l’Azerbaigian”. Si parla, in buona sostanza, della linea ferroviaria che attraversa il Syunik e di qualche valico stradale. Criptica l’espressione “ATTRAVERSO l’Azerbaigian”: quali parti dell’Armenia sono collegabili “attraverso” l’Azerbaigian? Il Segretario del Cosniglio di sicurezza dell’Armenia ha precisato alla stampa che tale espressione intende la possibilità per un cittadino armeno di raggiungere ad esempio Meghri passando da Nakhichevan. Si noti anche l’espressione “AZERBAIGIAN OCCIDENTALE” che può interpretato come tutta la parte dello Stato che confina con l’Armenia ma potrebbe anche intendere la regione del Nagorno Karabakh: in questo caso l’utilizzo sarebbe per noi estremamente negativo…

ACCORDO DI PACE
Il passaggio più significativo riguarda il riferimento ai “diritti e la sicurezza della popolazione di etnia armena nel Karabakh”.  Nei precedenti comunicati la regione non era mai stata citata e questo è già un (piccolo) passo in avanti; naturalmente la frase vuol dire tutto e il suo contrario: non si parla dello status del territorio, teoricamente diritti e sicurezza possono essere anche un obiettivo dentro l’Azerbaigian, il che fa decisamente sorridere se si pensa alla campagna di armenofobia di Stato attuata dal regime di Aliyev. SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO
l’Unione europea chiaramente vuole giocare un ruolo da protagonista nella trattativa tra armeni e azeri. Ogni riferimento alla situazione ucraina e alla volontà di mettere fuori gioco la Russia (il gruppo di Minsk è praticamente defunto…) non è puramente casuale. Nel prevertice tra Michel e Pashinyan si è anche parlato dei due miliardi e mezzo di investimenti dell’Unione in Armenia, soldi particolarmente graditi a Yerevan dopo il disastro della guerra e la crisi economica conseguente alla pandemia.
Soldi che forse possono servire a “preparare le popolazioni a una pace sostenibile”: in Azerbaigian la società civile è schiacciata dal giogo della dittatura e non ha voce in capitolo, in Armenia il dibattito democratico è sicuramente più ampio.
Bisognerà capire quanto i princìpi e i valori nazionali avranno la meglio su mere esigenze di bilancio. E ci fermiamo qui…

Qualcuno si ricorda di Shahbaz Guliyev, uno dei due sabotatori azerbaigiani entrati nella regione di Karvachar del Nagorno-Karabakh nel 2014? Ne abbiamo parlato l’ultima volta nel novembre 2020 quando, dopo la fine della guerra, fu diffusa la notizia che questo assassino, con il suo compare Dilgam Askerov, era stato liberato nel quadro dell’accordo di tregua post-bellico.

Un paio di giorni fa, Guliyev in diretta sul canale televisivo azerbaigiano Xural ha candidamente affermato che lui e Dilgam Askerov si erano infiltrati a Karvachar per ordine dell’ex vice primo ministro dell’Azerbaigian Ali Hasanov, e che il Ministero della Difesa del Paese ne era stato informato in anticipo.

I due, catturati dopo le scorribande nel corso delle quali avevano anche ammazzato un ragazzino di 17 anni, erano stati condannati: Askerov all’ergastolo e Guliyev a 22 anni di carcere. Nel 2020, dopo l’instaurazione di un cessate il fuoco in Nagorno-Karabakh, Guliyev e Askerov sono stati restituiti a Baku in base al principio di uno scambio di prigionieri di guerra “tutti per tutti”.

Circa un anno fa, Guliyev aveva sostenuto la tesi secondo la quale lui e Askerov “andarono a visitare le tombe dei loro antenati” e che la parte armena aveva voluto “mostrare all’Europa di aver catturato terroristi e sabotatori azerbaigiani“. Insomma, due romantici affezionati al ricordo dei loro cari… Ma ora, ha deciso di dire tutta la verità.

Guliyev ha quindi precisato che i due erano andati nella regione di Karvachar partendo direttamente dall’ufficio di Ali Hasanov e a loro vennero fornite armi da fuoco e granate.

Dopo essere tornati a Baku, Hasanov ha incontrato solo Askerov mentre Guliyev non ha più rivisto il vicepremier. Secondo Guliyev, dal 1992 periodicamente, a conoscenza del Ministero della Difesa azerbaigiano, effettuavano attacchi di sabotaggio nei territori controllati dagli armeni.

Quando la parte armena arrestò i sabotatori azerbaigiani nel 2014, scovò filmati girati nella regione di Karvachar, in particolare una registrazione di esercitazioni in una delle unità militari. Guliyev ha affermato che periodicamente trasmettevano materiale video simile al vice primo ministro dell’Azerbaigian.

Guliyev ha confessato nell’intervista che avrebbe fornito maggiori dettagli, dopodiché si sarebbe suicidato. Dopo essere tornati a Baku, Guliyev e Askerov hanno iniziato ad accusarsi a vicenda della loro prigionia. Dilgam Askerov ha persino affermato che Guliyev era “una spia armena, si è esaurito“.

Il parlamento ha riunito in seduta congiunta il 17 maggio le commissioni Estero e Finanza per l’esame del bilancio 2021 concernente il Ministero degli Esteri della Repubblica dell’Artsakh, la Società radiofonica e televisiva pubblica, il quotidiano «Azat Artsakh» e il Dipartimento del Turismo.
Qui di seguito un breve rendiconto dell’analisi finanziaria emersa nella discussione.

Le spese di gestione del Ministero degli Affari Esteri erano previste per 868,3 milioni di dram (1,8 mil euro); infatti sono stati spesi 718,4 milioni di dram (1,5 mil euro) pari all’82,7% del preventivato. La maggior parte dei fondi statali stanziati al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica (75,5%) sono stati destinati al mantenimento delle nostre rappresentanze all’estero mentre 4,7 milioni di dram (circa 10000 euro) sono stati stanziati per viaggi d’affari all’estero.

Il budget approvato per il programma di sviluppo turistico della Repubblica dell’Artsakh è di 10 milioni di dram (21000 euro) ma ne sono stati spesi 8 milioni di dram (circa 16000 euro). Nel 2021, 4391 cittadini stranieri hanno visitato l’Artsakh, il 45,6% in più rispetto al 2020 e l’89,5% in meno rispetto al 2019. È proseguito inoltre il processo contabile del settore alberghiero e nel 2021 sono stati registrati 114 oggetti. Per la prima volta il settore è stato inserito nel programma di sovvenzioni per lo sviluppo del turismo rurale.

Il budget del Consiglio di amministrazione dell’Artsakh Public Television and Radio Company era previsto per un importo di 30 milioni 886 mila dram (€ 65000) ma sono stati effettivamente spesi 28 milioni 871 mila dram (circa € 60000).

Le spese della “Public TV and Radio Company” erano previste per un importo di 386 milioni 262 mila dram (circa 806000 euro) ma a consuntivo sono stati registrati 380 milioni 955 mila dram. Dal fondo di riserva sono stati stanziati 31 milioni 997 mila dram, di cui 12 milioni 511 mila dram sono stati stanziati per la costruzione di un padiglione.

Il budget del quotidiano «Azat Artsakh» per il 2021 è stato previsto per un importo di 101 milioni di dram (211000 euro) ma ne sono stati spesi 93 milioni di dram. Le spese editoriali effettive sono state di 11 milioni 592 mila dram, sono stati pubblicati 150 numeri di giornali con una tiratura media di 19 mila copie.

L’attuale Presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, è da qualche tempo in rotta con il suo partito dal quale ieri, apprendiamo dai media, è stato cacciato a seguito di un suo twitt provocatorio sul 25 aprile con tanto di Z maiuscola nel testo (liberaZione) che ha suscitato un prevedibile vespaio di polemiche.

Chi segue questa pagina sa bene che ci siamo sempre astenuti da qualsiasi commento di politica interna nazionale: chi sta al fianco degli armeni e dell’Artsakh è nostro amico a prescindere dalla propria parte politica di appartenenza, chi sta con gli azeri non ci piace, sempre a prescindere dalle sue scelte politiche.

Nella Commissione Esteri, l’ambasciata azera in Italia ha coltivato un gruppetto di amici che da tempo si distinguono per prese di posizione a favore di Baku; senatori per nulla imbarazzati a sostenere un regime come quello di Aliyev. Sulla ragione di tale posizione ognuno può darsi le spiegazioni che più ritiene valide.

Di Petrocelli avemmo modo di occuparci in passato chiedendo anche le sue dimissioni in quanto, sul tema del contenzioso armeno-azero, non aveva dimostrato quella imparzialità necessaria a un Presidente di Commissione della Repubblica italiana per esercitare correttamente il proprio mandato.
Gli ultimi avvenimenti e le nuove richieste di dimissioni scaturite dalla sua esternazione su Twitter ci hanno dato spunto per andare a riprendere un po’ di twitt che il nostro ha scritto negli ultimi mesi; tutti, è bene specificarlo, sempre graditi sia all’ambasciata azera che al suo titolare Ahmadzada con il quale il rapporto è cordiale da diversi anni.
Citiamo, a titolo di esempio, il sito di una associazione lucana “Cova contro” che già nel 2016 non aveva avuto scrupolo nel rivolgere pubbliche domande al senatore materano (https://covacontro.org/le-nostre-30-domande-pubbliche-al-senatore-petrocelli-dallazerbaijan-a-tecnoparco-passando-per-il-tap-ed-i-somma/) denunciando i suoi sospetti rapporti con il regime dell’Azerbaigian.

Ad aprile 2020 Petrocelli ritwitta l’ambasciata dell’Azerbaigian che pubblica l’immagine del Centro Aliyev con la bandiera tricolore italiana in segno di solidarietà con il nostro Paese in piena pandemia; analoghe immagini arrivavano peraltro anche dall’Armenia ma senza beneficio di ritwitt senatoriale.

Il 13 luglio, Petrocelli rilascia una dichiarazione relativa agli scontri tra Armenia e Azerbaigian all’altezza della regione di Tavuz (nord est dell’Armenia) e naturalmente prende posizione a favore di Baku per nulla preoccupato del fatto che il suo ruolo istituzionale imponga neutralità nei giudizi, oltre tutto non avendo alcuna contezza di quanto stesse accadendo sul campo.

Durante la guerra, il Presidente della Commissione si produce in un paio di twitt equilibrati con i quali informa dei lavori della Commissione, poi ad aprile non ce la fa più a trattenersi e twitta (13.04.21) un entusiastico “Ora e sempre” con le bandierine di Italia e Azerbaigian. Due giorni dopo è a Ganja assieme al sindaco di Matera come racconta sempre su Twitter l’ambasciata azera e da lì il nostro si produce in riflessioni a senso unico.

Due mesi dopo, il collega e sodale pro-azeri Gianluca Ferrara denuncia le mine anticarro che si trovano nei territori di guerra e Petrocelli non può non commentare l’auspicio che gli armeni consegnino le mappe dei campi minati (4.06.21).

Ad agosto (20) il senatore sottolinea l’importanza del “sostegno italiano all’integrità territoriale dell’Azerbaigian e la partecipazione ai progetti di ricostruzione del Karabakh”. Pochi giorni dopo (29) altro twitt sulla bellezza di Ganja, il 3 settembre commenta la visita nella sua Matera dell’ambasciatore azero.

Il 21 ottobre partecipa ovviamente all’evento dedicato al trentennale dell’indipendenza dell’Azerbaigian con tanto di conferenza stampa al Senato; è felice il 7 novembre di twittare gli auguri a tutto il popolo dell’Azerbaigian “nel primo anniversario della ritrovata integrità territoriale”.
Poi altri scambi di affettuosità nei mesi a seguire con l’ambasciata azera.

Ora, intendiamoci: come abbiamo avuto già altre volte modo di scrivere, in Italia – a differenza della sua cara dittatura dell’Azerbaigian – ognuno è libero di pensarla come vuole.
Se Petrocelli, per ragioni sue personali, ama l’Azerbaigian di Aliyev è libero di farlo e non saremo certo noi a censurarlo; così anche se dovesse ottenere dal regime azero o dalla sua rappresentanza diplomatica benefici tangibili purchè, sia ben inteso, questa vicinanza non pregiudichi la politica internazionale italiana o non crei nocumento alla stessa o non ostacoli altri processi decisionali. Non sarebbe certo né il primo né l’ultimo politico a essere pagato – sempre che lo sia, ovviamente – da uno Stato estero.

Però, un Presidente di Commissione Esteri del Senato della repubblica italiana non può essere di parte su un determinato tema di politica internazionale; deve dimostrare obiettività ed equilibrio ed essere in grado di comprendere lo scenario internazionale.

Ecco perché deve dimettersi subito.

Libero così di poter simpatizzare con chi vuole, libero di viaggiare ogni volta che vuole in Azerbaigian (basta che non paghi il popolo italiano), libero di ogni incombenza che il mandato istituzionale a lui affidato impone.

Per noi sarebbe una vera e propria liberAZione

Nelle ultime due settimane abbiamo assistito a diversi eventi che coinvolgono da vicino il futuro della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh). Li riassumiamo in breve:

  1. Il Primo ministro dell’Armenia e il presidente dell’Azerbaigian si sono incontrati a Bruxelles il 6 aprile su iniziativa dell’Unione europea e hanno deciso di dare vita a una nuova Commissione per regolamentare i confini esautorando nella sostanza il ruolo di mediatrice della Russia. Il Nagorno Karabakh (Artsakh) non è entrato nella dichiarazione finale del presidente Michel e sembra essere un argomento accantonato.
  2. I ministri degli Esteri dei due Paesi hanno avuto l’11 aprile un lungo colloquio telefonico (come non avveniva da anni) e hanno parlato di confini e della preparazione a un accordo di pace.
  3. Di fatto, le funzioni del Gruppo di Minsk dell’Osce sono state annullate dal momento che i co-presidenti di Usa e Francia non dialogano più con il collega russo.

Le autorità dell’Artsakh hanno espresso disaccordo con l’azione del governo armeno e preoccupazione per il fatto che l’Armenia si stia muovendo per firmare un accordo di pace con l’Azerbaigian che sembra considerare Stepanakert come parte dell’Azerbaigian.
In generale, sembra che la leadership armena che cerca un accordo di pace diretto con l’Azerbaigian non persegua più la sicurezza e l’autodeterminazione degli armeni in Karabakh come parte di una dottrina statale in vigore dagli anni ’90. Con lo stesso Karabakh escluso da tutti i negoziati.
Le relazioni tra Yerevan e Stepanakert sono ai minimi storici e le forze di pace russe sembrano al momento l’unica garanzia di sicurezza per il territorio.

I recenti sviluppi bilaterali tra Armenia e Azerbaigian suggeriscono che questi due Paesi stiano cercando di mettere da parte la Russia perseguendo un contatto bilaterale diretto con l’aiuto dell’UE senza la mediazione di Mosca. Una situazione abbastanza complicata con armeni divisi, Russia e Occidente impegnati nella crisi ucraina e la politica azera sul Karabakh come parte integrante dell’Azerbaigian che sembra prendere il sopravvento.

L’accordo di pace Armenia-Azerbaigian, forse volto a mettere da parte la Russia, potrebbe non influenzare necessariamente il Nagorno Karabakh nel suo insieme, ma di fatto lo indebolisce enormemente. Non deve dunque sorprendere la reazione del parlamento dell’Artsakh e le dichiarazioni dei rappresentanti delle istituzioni statali che hanno concordemente convenuto sul fatto che nessuno status può essere ipotizzato che sia diverso dall’autodeterminazione.

A conclusione dell’incontro trilaterale, durato oltre quattro ore, il Presidente del Consiglio europeo ha rilasciato la seguente nota:

Il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ospitato il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, per il proseguimento dei loro dibattiti sulla situazione nella regione del Caucaso meridionale e lo sviluppo delle relazioni dell’UE con entrambi i paesi.

Il presidente Michel ha ribadito l’impegno dell’UE ad approfondire la sua cooperazione con l’Armenia e l’Azerbaigian per lavorare a stretto contatto per superare le tensioni e promuovere un Caucaso meridionale che sia sicuro, stabile, pacifico e prospero a beneficio di tutte le persone che vivono nella regione.

I leader hanno fatto il punto sugli sviluppi dall’ultimo incontro a Bruxelles nel dicembre 2021 e dalla loro videoconferenza, insieme al presidente Macron, nel febbraio 2022. Hanno esaminato i progressi nell’attuazione degli impegni assunti. Hanno discusso delle recenti tensioni segnalate e hanno ribadito la necessità di aderire pienamente alle disposizioni della dichiarazione trilaterale del 9/10 novembre 2020. Hanno accolto con favore l’incontro degli alti rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian il 30 marzo 2022 sotto gli auspici dell’UE a Bruxelles e hanno convenuto sulla necessità di continuare questo impegno per garantire un seguito adeguato agli accordi raggiunti a livello di leader.

Il presidente Michel ha sottolineato l’importanza dei gesti umanitari di entrambe le parti per promuovere la fiducia e la convivenza pacifica. Ha sottolineato la necessità di una risoluzione completa e rapida di tutte le questioni umanitarie in sospeso, compreso il rilascio dei detenuti rimasti e l’esame esauriente della questione delle persone scomparse, e ha affermato che l’UE è pronta a sostenere tale sforzo. L’UE continuerà altresì a sostenere le misure di rafforzamento della fiducia tra l’Azerbaigian e l’Armenia nonché gli sforzi umanitari di sminamento, anche continuando a fornire consulenza di esperti e rafforzando l’assistenza finanziaria e l’assistenza alle popolazioni colpite dal conflitto, la riabilitazione e la ricostruzione.

Il presidente Michel ha preso atto del desiderio dichiarato sia del presidente Aliyev che del primo ministro Pashinyan di muoversi rapidamente verso un accordo di pace tra i loro Paesi. A tal fine, è stato deciso di incaricare i ministri degli Affari esteri di lavorare alla preparazione di un futuro trattato di pace, che affronterebbe tutte le questioni necessarie.

La delimitazione e la delimitazione del loro confine bilaterale sarà essenziale; a tal fine, in linea con la dichiarazione di Sochi del 26 novembre 2021, è stato anche convenuto di convocare una commissione mista di frontiera entro la fine di aprile. Il mandato della Joint Border Commission sarà di:

1) delimitare il confine bilaterale tra Armenia e Azerbaigian, e
2) garantire una situazione di sicurezza stabile lungo e in prossimità del confine.

Il presidente Michel ha anche sottolineato che garantire l’appropriato distanziamento delle forze è un elemento essenziale per la prevenzione degli incidenti e la riduzione delle tensioni. Il presidente Michel ha riaffermato la disponibilità dell’UE a fornire consulenza e sostegno.

I leader hanno anche discusso del ripristino delle infrastrutture di comunicazione/connettività tra Armenia e Azerbaigian in particolare e più in generale nel Caucaso meridionale. Il presidente Michel ha accolto favorevolmente i passi verso il ripristino delle linee ferroviarie, incoraggiando nel contempo l’Armenia e l’Azerbaigian a trovare soluzioni efficaci anche per il ripristino dei collegamenti stradali. L’UE è pronta a sostenere lo sviluppo di collegamenti di connettività, anche in linea con il suo piano economico e di investimento e utilizzando il forum consultivo economico proposto per identificare progetti comuni.

I leader hanno deciso di dare seguito ai risultati del loro incontro e di rimanere coinvolti.

[traduzione e grassetto redazionale]

Il Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) ha rilasciato, il 2 aprile,  la seguente dichiarazione:

Il 24 marzo 2022, a seguito dell’aggressione azerbaigiana, l’area intorno al villaggio di Parukh nella regione di Askeran della Repubblica dell’Artsakh, l’ex insediamento di Karaglukh e l’omonima altura, sono stati occupati dal nemico e le Forze armate azere hanno immediatamente dato seguito al noto copione della distruzione del patrimonio storico e culturale armeno nel territorio occupato.

Oltre alla sua importanza strategica, la zona è importante anche per il suo ambiente storico-culturale e storico-naturale unico. Secondo l’elenco statale dei monumenti immobili di cultura e storia, nei suddetti territori sono ufficialmente censiti circa 20 monumenti, di cui 2 chiese (una di queste è la chiesa della “Santa Madre di Dio” del XIII secolo, foto allegata), la famosa fortezza di Shikakar-Karaglukh, monumenti culturali di valore archeologico, cimiteri, khachkar [(croci di pietra)], lapidi. Qui si trova anche la grotta di Shikakar, dove nel 2011 è stata condotta una ricerca dalla spedizione archeologica internazionale di Azokh.

Va però sottolineato che l’area non è stata ancora sufficientemente studiata, come confermano anche le ricerche condotte nell’area nel dicembre 2021, a seguito delle quali sono stati scoperti altri trenta monumenti.

Attesa l’amara esperienza della politica dell’odio anti-armeno dell’Azerbaigian, allorchè quel Paese organizza e incoraggia al più alto livello il vandalismo culturale nei territori occupati dell’Artsakh, possiamo dichiarare con sicurezza che anche il patrimonio storico e culturale di Parukh e Karaglukh sotto l’occupazione dell’Azerbaigian è in pericolo.

Le nostre preoccupazioni diventano più sostanziali dopo aver visto il video pubblicato dall’agenzia di stampa azerbaigiana AZTV il 30 marzo 2022, che mostra i resti umani riesumati dagli azeri. La macchina della propaganda azerbaigiana, ricorrendo a un metodo ingannevole e insidioso, presenta questo fatto come una sepoltura di massa di azeri nel villaggio di Ivanyan (in azerbaigiano Khojaly), a seguito delle ostilità del 1992. Tuttavia, la realtà è completamente diversa. In particolare:

1. Sebbene la parte azerbaigiana ricorra da tempo alla falsificazione, accusando la parte armena del massacro degli azeri nel villaggio di Ivanyan, ci sono prove inconfutabili che le forze armate dell’Artsakh abbiano fornito un corridoio umanitario alla popolazione civile prima e durante le ostilità, e questo massacro è avvenuto dai militanti dell’opposizione azerbaigiana nella periferia di Akna (l’azerbaigiana Aghdam) che è sotto il loro controllo. Intendevano usare il massacro in Azerbaigian come base per il colpo di stato, riconosciuto anche dall’allora presidente Ayaz Mutalibov.

2. Sulla base dell’analisi di sufficienti dati fattuali, geografici e culturali di cui disponiamo, diventa chiaro che il filmato sopra menzionato è stato girato nel cimitero armeno di Parukh chiamato “Kalen Khut“, che risale al IX-XII secolo (mappa allegata). Pertanto, le ossa presentate sono i resti celesti di un vecchio cimitero armeno.

A) Esperti che hanno familiarità con l’area e gli abitanti di Parukh affermano che il video è stato girato nel cimitero “Kalen Khut“.

B) Basta uno sguardo di culturologi e archeologi per stabilire che i crani umani presentati nel video hanno una struttura brachicefalica (a testa tonda) di tipo antropologico armenoide tipica degli armeni, mentre la popolazione dell’Azerbaigian ha struttura dolicocefalica (a testa lunga) di cranio di tipo antropologico del Caspio (foto allegate).

C) Tutte le ossa presentate hanno una superficie liscia, il che in senso archeologico significa che non hanno 30 anni, ma secoli, mentre gli antenati nomadi della popolazione azerbaigiana hanno invaso queste parti dell’Artsakh solo nei secoli 18-19.

3. Inoltre, la macchina di propaganda azerbaigiana utilizza un argomento così infondato e falso che si può anche sostenere che il villaggio di Ivanyan (azero Khojaly) si trova ad almeno 17 chilometri da Parukh (mappa allegata). È chiaro che le ostilità a Ivanyan non potevano avere nulla a che fare con Parukh.

I fatti sopra citati sono così eloquenti che dobbiamo registrare ancora una volta non solo un altro episodio di distruzione del patrimonio culturale armeno da parte azerbaigiana, ma anche la falsificazione anti-armena e il tentativo di ingannare il proprio popolo e la comunità internazionale.

Pertanto, tenendo conto dei crimini sistematici e deliberati commessi dall’Azerbaigian nei decenni precedenti contro il ricco patrimonio culturale armeno e cristiano, che hanno acquisito nuovo slancio dalle ostilità del 2020 e sono stati registrati da molte organizzazioni internazionali, inclusa la risoluzione adottata dal Parlamento europeo il 9 marzo 2022, chiamiamo l’interna comunità nazionale, le organizzazioni per i diritti umani e le organizzazioni per la protezione del patrimonio culturale a non mostrare indifferenza e ad adottare misure contro l’etnocidio culturale commesso dall’Azerbaigian.
Ci rammarichiamo che fino ad oggi l’UNESCO, nonostante i suoi impegni e la sua missione, non abbia inviato una missione conoscitiva nei territori occupati dell’Artsakh e non eserciti sforzi significativi per prevenire la commissione di nuovi crimini da parte dell’Azerbaigian.

[traduzione e grassetto redazionale]

mappa della zona
Chiesa della Santa madre di Dio a Karaglukh
Scletri riesumati dagli azeri e attribuiti a loro connazionali di Ivanjan
Ossa di armeni (9-12° secolo) vandalizzate dagli azeri

Il ministero degli Esteri dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) ha rilasciato una dichiarazione in occasione del sesto anniversario dell’aggressione militare lanciata dall’Azerbaigian in aprile. La dichiarazione recita quanto segue:

Sei anni fa, la notte del 2 aprile 2016, le forze armate azere, violando l’Accordo del 12 maggio 1994 sulla cessazione totale del fuoco e delle ostilità e l’Accordo del 6 febbraio 1995 sul rafforzamento del cessate il fuoco, lanciarono una perfida aggressione contro la Repubblica di Artakh.

Per quattro giorni, le forze armate azere hanno tentato assalti lungo l’intera lunghezza della linea di contatto, impiegando armi pesanti, artiglieria e aerei. Tuttavia, dopo aver subito pesanti perdite di manodopera e attrezzature e non aver raggiunto i suoi obiettivi, la parte azerbaigiana, attraverso la mediazione della Federazione Russa, è stata costretta a cessare le ostilità. Ma il bombardamento degli insediamenti di confine di Artsakh è continuato fino alla fine di aprile.

L’aggressione azerbaigiana è stata accompagnata da numerosi crimini di guerra, tra cui tortura, omicidi premeditati e dileggio dei corpi dei defunti, commessi dalle forze armate azere contro sia il personale militare che la popolazione civile della Repubblica dell’Artsakh.

L’aggressione dell’aprile 2016 è diventata una pietra miliare, tra le altre cose, per testare la reazione della comunità internazionale alla violazione della Carta delle Nazioni Unite e degli obblighi internazionali da parte dell’Azerbaigian. Il fatto che queste azioni illegali non abbiano comportato gravi conseguenze politiche e legali per Baku ha solo rafforzato la fiducia delle autorità azere nella permissività e nella prevalenza della forza sul diritto internazionale.

Sia la guerra dell’aprile 2016 che la successiva aggressione di 44 giorni dell’Azerbaigian nel 2020, nonostante la loro natura locale, sono diventate un vero banco di prova per l’intero sistema delle relazioni internazionali. L’impunità per aver scatenato guerre aggressive ha portato a minare principi fondamentali del diritto internazionale come il non uso della forza, la risoluzione pacifica delle controversie, l’adempimento coscienzioso degli obblighi internazionali, ecc.

Tenuto conto del fatto che le autorità azere rifiutano di negoziare per una soluzione pacifica del conflitto azerbaigiano-Karabakh, continuano a violare i loro obblighi e non interrompono le azioni aggressive, ci aspettiamo che la comunità internazionale adotti misure politiche concrete per garantire la realizzazione da parte del persone di Artsakh dei loro diritti umani e libertà collettivi, senza alcuna restrizione.”

Il regime dell’Azerbaigian ha organizzato lo scorso 18 marzo un evento nella città armena occupata di Shushi per celebrare il trentesimo anniversario dell’adesione del Paese alle Nazioni Unite, ricorrenza che peraltro ricadeva il 2 marzo.
A tale iniziativa ha partecipato anche una delegazione della sede delle Nazioni Unite a Baku e il vessillo dell’ONU è sventolato a fianco di quello azero.

L’adesione dei funzionari locali delle Nazioni Unite è molto grave; perché Shushi è città martire, divenuta il simbolo della conquista azera al termine di una guerra che l’Azerbaigian ha scatenato in piena pandemia nonostante le raccomandazioni del Segretario generale ad evitare l’inasprimento dei conflitti in epoca di Covid 19. A decine furono i cadaveri dei soldati raccolti nei pressi delle antiche mura dopo la tregua del 9 novembre.

La delegazione ONU che ha partecipato all’evento ha di fatto consacrato la guerra di conquista del dittatore Aliyev, ha dimenticato l’orrore di 44 giorni di battaglie e di bombardamenti, ha dimenticato le migliaia di vittime civili e militari che l’avventura bellica di Aliyev ha provocato.

Proprio mentre assistiamo sgomenti a quanto sta accadendo in Ucraina, ecco che le Nazioni Unite celebrano le conquiste del dittatore. E per arrivare all’evento, la pattuglia di eroici delegati si è fatta portare in aereo fino a Varanda (Fuzuli) con un velivolo che la compagnia aerea aveva ribattezzato con il nome azero di #Stepanakert: come dire che le conquiste di Aliyev non si fermeranno alla rocca di Shushi.

Dove era l’ONU quando i 150.000 armeni dell’#Artsakh (Nagorno Karabakh) imploravano aiuto e assistenza contro le bombe del dittatore azero? Perché il Consiglio di sicurezza dell’ONU non adottò alcuna risoluzione per fermare la guerra di Aliyev e i mercenari tagliagole jihadisti da lui assoldati?

La partecipazione di questi funzionari delle Nazioni Unite (ancorché rappresentanti locali dell’istituzione) rappresenta una delle pagine più vergognose della storia dell’ONU oppure è il frutto di una scelta non ponderata che di fatto ha, ancora una volta, dato ragione al prepotente di turno. Poi non lamentiamoci se nel mondo ci sono le guerre…