Tag Archivio per: Azerbaigian

Abraham Berman, avvocato difensore (a distanza…) del filantropo armeno di fama mondiale, ex ministro di Stato dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Ruben Vardanyan, processato con accuse inventate nella capitale dell’Azerbaigian Baku dal regime azero di Aliyev, ha rilasciato un commento sull’atto di accusa contro Vardanyan. Il commento recita quanto segue:

Sulle basi giuridiche delle accuse, nell’esercizio dei miei doveri professionali di avvocato, ritengo necessario commentare alcuni aspetti giuridici del presente caso penale, ispirandomi esclusivamente ai principi di legalità e correttezza del procedimento giudiziario.

  1. Il principio della responsabilità penale individuale

Un principio fondamentale del diritto penale moderno è il principio della responsabilità individuale per azioni specifiche. Ai sensi dell’articolo 7 del Codice penale della Repubblica dell’Azerbaigian, solo chi è riconosciuto colpevole di aver commesso un reato può essere ritenuto penalmente responsabile. Qualsiasi accusa deve basarsi sull’accertamento di un nesso causale diretto tra le azioni di un individuo specifico e i presunti reati.

Particolare attenzione deve essere prestata al contesto temporale delle accuse. La responsabilità penale può sorgere solo per atti effettivamente commessi dall’individuo in questione, in un momento e in un luogo specifici e in condizioni che gli hanno reso possibile il compimento di tali atti.

In questo caso è fondamentale distinguere chiaramente la responsabilità personale dell’imputato da qualsiasi forma di responsabilità collettiva o di obbligazione per azioni di terzi, che violerebbe i principi fondamentali del diritto penale.

  1. Standard internazionali del giusto processo

La Repubblica dell’Azerbaigian è parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che impone determinati obblighi a tutelare gli standard del giusto processo. L’articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) garantiscono il diritto a un giusto processo, inclusi la presunzione di innocenza e il diritto alla difesa.

Tali disposizioni garantiscono il diritto di ogni individuo a un processo equo, indipendente e imparziale, la presunzione di innocenza, il diritto all’assistenza legale, il diritto di essere informato sulla natura e sui motivi delle accuse, il diritto di esaminare i testimoni dell’accusa e della difesa e il diritto a un interprete. Il mancato rispetto di tali norme mette in discussione la legittimità del processo giudiziario e può comportare la violazione dei diritti fondamentali dell’imputato.

  1. Questioni di qualificazione giuridica e principio di certezza del diritto

La classificazione dei fatti deve essere effettuata nel rigoroso rispetto del diritto penale vigente al momento della commissione dell’atto. Il principio di certezza del diritto richiede che gli elementi costitutivi di un reato, comprese le sue componenti oggettive e soggettive, nonché le sanzioni applicabili, siano definiti in modo chiaro e preciso dalla legge. Ciò esclude l’interpretazione e l’applicazione arbitrarie del diritto penale. Qualsiasi ambiguità interpretativa deve essere risolta a favore dell’imputato (in dubio pro reo).

Il principio “nullum crimen, nulla poena sine lege” (nessun crimine, nessuna punizione senza legge) è un pilastro del diritto penale nella maggior parte degli ordinamenti giuridici del mondo. Implica che nessuno può essere dichiarato colpevole di un reato o punito a meno che l’atto commesso non fosse definito reato dalla legge vigente al momento della sua commissione.

Secondo questo principio, le attività caritatevoli e umanitarie, tra cui il restauro di siti del patrimonio culturale e la fornitura di assistenza sociale alla popolazione, non possono essere classificate come illecite in assenza di violazioni legali accertate e di comprovato intento criminale. I tentativi di presentare attività pubbliche lecite come criminali contraddicono i fondamenti dello stato di diritto.

  1. Obblighi internazionali e principi generali del diritto

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo è un trattato internazionale vincolante per gli Stati membri, le cui disposizioni, ai sensi degli articoli 148 e 151 della Costituzione della Repubblica dell’Azerbaigian, prevalgono sulla legislazione nazionale in caso di conflitto.

La Repubblica dell’Azerbaigian, in quanto membro della comunità internazionale e parte delle principali convenzioni internazionali sui diritti umani, si è impegnata a rispettare i principi e le norme di diritto internazionale universalmente riconosciuti. L’articolo 12 della Costituzione dell’Azerbaigian afferma esplicitamente che i diritti umani e le libertà sono riconosciuti e garantiti in conformità con i principi e le norme di diritto internazionale universalmente riconosciuti.

  1. Rispetto delle garanzie procedurali

Il rispetto delle garanzie procedurali è un prerequisito essenziale per un processo equo. Secondo il Codice di Procedura Penale della Repubblica dell’Azerbaigian, tali garanzie includono il diritto all’assistenza legale qualificata, il diritto di esaminare gli atti del caso, il diritto di presentare ricorso contro le decisioni procedurali e il diritto a un interprete qualora l’imputato non comprenda la lingua utilizzata nel procedimento giudiziario. Il mancato rispetto di tali garanzie può comportare che il processo sia considerato iniquo e in violazione degli standard internazionali.

CONCLUSIONE

L’analisi dei materiali presentati dall’accusa evidenzia una serie di significative questioni giuridiche che richiedono un approfondito esame giurisdizionale. La difesa sottolinea la necessità di rispettare rigorosamente il principio di proporzionalità tra i fatti contestati e la loro qualificazione giuridica.

Ritengo che l’accusa non abbia considerato adeguatamente i principi fondamentali del diritto penale, tra cui l’obbligo di stabilire un nesso causale diretto tra le azioni dell’imputato e le presunte conseguenze, nonché la necessità di dimostrare l’elemento soggettivo (mens rea) di ogni specifico reato.

La responsabilità penale può sorgere solo quando il principio di responsabilità individuale è rigorosamente rispettato, quando gli atti sono qualificati secondo il principio di certezza del diritto, quando gli obblighi internazionali sono rispettati e quando le garanzie procedurali sono pienamente rispettate. Il mancato rispetto di uno qualsiasi di questi principi mette in discussione la legalità e l’equità dell’azione penale e del procedimento giudiziario.

Ritengo che un giusto processo debba fondarsi sulla precisa applicazione del diritto sostanziale e procedurale, escludendo interpretazioni arbitrarie delle azioni dell’imputato.

In qualità di consulente legale, guidato dai principi di etica professionale e dalle garanzie costituzionali del diritto alla difesa, continuerò a sostenere con coerenza la rigorosa aderenza al principio di legalità nel quadro della legislazione della Repubblica dell’Azerbaigian durante l’esame di questo caso.

La Repubblica dell’Azerbaigian, in quanto Stato governato dallo stato di diritto, ha l’opportunità di dimostrare il proprio impegno nei confronti degli standard internazionali di giustizia e di essere ricordata nella storia come una nazione che ha pienamente garantito un giusto processo in questo caso penale attraverso il rigoroso rispetto dei principi giuridici. Tale risultato rafforzerà la fiducia nel sistema giudiziario nazionale e confermerà il rispetto da parte dello Stato dei propri obblighi internazionali.

NOTA BENE: il processo farsa contro Vardanyan e altre autorità ed ex autorità della repubblica armena di Artsakh continua. Nessun diritto alla difesa è garantito, nessun osservatore esterno è ammesso nell’aula processuale, accuse e “testimonianze” sono preconfezionate. Le condanne sono certe.

L’aereo di Erdogan è atterrato la mattina del 28 maggio al nuovo aeroporto internazionale della regione di Kashatagh (Lachin), nell’Artsakh armeno occupato. Poi con il Presidente dell’Azerbaigian Aliyev ha inaugurato lo scalo.

Con questo nuovo scalo, sono ben quattro gli aeroporti in un’area di 7.000 chilometri quadrati non vengono certo costruiti per scopo di turismo ma solo per installare basi aeree militari che rappresentano una concreta minaccia per la vicina Armenia. E forse sono progettati anche in chiave anti-Iran visti gli stretti legami politici, economici e militari tra l’Azerbaigian e Israele.

Questo nuovo scalo sorge in linea d’aria a pochissima distanza dalla frontiera armena e non ha alcuna utilità civile in un’area praticamente disabitata fatte salve alcune centinaia di persone che vi si sono trasferite in cerca di miglior fortuna. Significativa l’accoglienza ricevuta dal dittatore Aliyev al suo arrivo alla scalo prima della cerimonia ufficiale allorché ad attenderlo vi era solo una quindicina di civili “festanti”.

Per capire il progetto azero basterà solo considerare il fatto che prima della conquista militare dell’Artsakh armeno, l’Azerbaigian aveva cinque scali (civili) in circa 70.000 kmq di territorio nazionale:

Baku (la capitale)

Ganja (la seconda città, 325.000 ab.) fino al 1996 aeroporto militare e utilizzato come tale durante l’ultima guerra

Yevlax (58.000 ab., ottava città)

Lankaran (50.000 ab., nona città)

Agstafa (20.000 ab. al confine con l’Armenia, reg. Tavush)

Balakan (10.000 ab. al confine con la Georgia)

Solo Baku, Ganja e Lankeran sono internazionali, ma solo quello della capitale è veramente un hub per tutto il Paese

Dopo la conquista militare gli azeri hanno costruito ben tre nuovi aeroporti nella regione del Nagorno Karabakh in aggiunta a quello di Stepanakert:

Fuzuli (2021)

Zangilan (2022, al confine con l’Armenia, 80 km a ovest di Fuzuli)

Lachin (2025, al confine con l’Armenia, 70 km a nord di Zangilan)

Non ci vengano a dire che servono a incentivare il turismo… D’altronde la presenza di Erdogan per inaugurare un piccolo aeroporto è un chiaro messaggio politico di conquista. Dopo l’inaugurazione a Lachin (Berdzor) si è tenuto un vertice Turchia-Azerbaigian-Pakistan. “Esprimiamo ancora una volta la nostra gratitudine per il sostegno politico e morale fornito al nostro Paese da Turchia e Pakistan fin dai primi giorni della guerra durata 44 giorni nel 2020“, ha affermato Aliyev.

Caso mai qualcuno non avesse ancora capito chi ha sconfitto gli armeni. L’Europa sta passivamente assistendo a questa fortificazione del nuovo Impero Ottomano preoccupata solo delle forniture di gas dal dittatore azero.

Le autorità azere devono rilasciare immediatamente i cittadini armeni. Lo afferma una risoluzione del Parlamento europeo approvata il 13 marzo, con 523 voti a favore, 3 contrari e 84 astensioni.

Il documento afferma che 23 ostaggi armeni (la definizione è tratta dal testo originale) sono detenuti in Azerbaigian, tra cui ex funzionari de facto del Nagorno Karabakh (Artsakh) e prigionieri di guerra della guerra del 2020 e della successiva pulizia etnica.

Il Parlamento europeo sottolinea che queste persone sono sottoposte a processi farsa e devono affrontare accuse gravi che potrebbero portare a condanne illegali all’ergastolo.

Durante il processo, vengono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, anche tramite metodi psicoattivi proibiti. I loro diritti alla difesa indipendente, agli interpreti, agli appelli, agli incontri con i parenti e al rinvio delle udienze in tribunale per motivi di salute vengono regolarmente violati.

La risoluzione sottolinea inoltre che uno degli imputati, Ruben Vardanyan, continua il suo sciopero della fame, il che sta causando un rapido peggioramento delle sue condizioni, così come di quelle degli altri detenuti. Il Parlamento europeo invita le autorità azere a garantire i loro diritti, tra cui l’accesso alle cure mediche, e a fornire un’indagine indipendente sulle condizioni della loro detenzione.

Inoltre, il documento richiama l’attenzione sulla chiusura degli uffici della Croce Rossa e delle agenzie ONU in Azerbaigian, che è motivo di seria preoccupazione. A questo proposito, il Parlamento europeo invita la delegazione dell’UE e le ambasciate degli stati membri dell’UE nella capitale azera di Baku a monitorare regolarmente i processi e a visitare gli armeni detenuti.

Un appello separato è rivolto al Rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani.

Inoltre, il Parlamento europeo raccomanda di imporre sanzioni internazionali nei confronti di coloro che sono coinvolti in violazioni dei diritti umani, tra cui i procuratori e giudici Jamal Ramazanov, Anar Rzayev e Zeynal Agayev.

Il Parlamento europeo chiede che la Corte penale internazionale indaghi sui casi di sfollamento forzato e pulizia etnica degli armeni nel Nagorno Karabakh. Inoltre, il documento chiede la piena attuazione delle decisioni della Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, anche sulla protezione di tutti i detenuti catturati a seguito della guerra del 2020 e delle successive operazioni militari.

Il Parlamento europeo ha nuovamente chiesto la sospensione del memorandum d’intesa UE-Azerbaigian su un partenariato strategico nel campo dell’energia, adottato nel 2022.

Inoltre, i deputati insistono sul fatto che qualsiasi futuro accordo di partenariato tra UE e Azerbaigian sia subordinato al rilascio di tutti i prigionieri politici, al miglioramento della situazione dei diritti umani nel paese e al fatto che l’Azerbaigian non ritardi indebitamente la firma di un accordo di pace con l’Armenia e rispetti i diritti degli armeni del Nagorno-Karabakh, compreso il diritto al ritorno.

Il Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione in merito ai “processi” dell’ex dirigenza militare e politica dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e di diversi altri armeni tenuti prigionieri a Baku, la capitale dell’Azerbaigian. La dichiarazione recita quanto segue:

“Il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia continua a richiamare l’attenzione della comunità internazionale, in particolare dei partner interessati alla pace nella regione e alla valorizzazione dei principi umanitari, sulla questione del rilascio dei prigionieri di guerra armeni, degli ostaggi e di altri individui detenuti in Azerbaigian. Mette inoltre in luce i processi inscenati contro alcuni di loro, che vengono condotti con gravi violazioni procedurali e chiari segni di tortura.

C’è profonda preoccupazione per la pubblicazione di foto e video dei “processi” di 23 prigionieri di guerra armeni, ostaggi e altri detenuti, nonché per i resoconti allarmanti dei loro avvocati in merito alla coercizione, alla tortura e all’evidente deterioramento della loro salute, tra cui quella di Ruben Vardanyan, attualmente in sciopero della fame.

Questo modello di condotta è ulteriormente corroborato dalle preoccupazioni espresse dal Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, dai casi documentati di tortura di prigionieri di guerra armeni segnalati da Human Rights Watch e da altre organizzazioni, nonché dalla persistente elusione da parte dell’Azerbaigian della cooperazione coordinata con gli organismi internazionali, tra cui il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti. Il governo dell’Armenia continua a ricevere segnalazioni dell’uso di misure proibite contro prigionieri di guerra armeni, ostaggi e altri detenuti.

Prigionieri di guerra armeni, ostaggi e altri detenuti sono trattenuti illegalmente in Azerbaigian in palese disprezzo dei suoi impegni e obblighi internazionali. La loro detenzione e persecuzione costituiscono una grave violazione del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani fondamentali. Un semplice elenco dei documenti multilaterali internazionali pertinenti include la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la Convenzione di Ginevra IV (1949) e la Convenzione europea sui diritti dell’uomo.

È evidente che le autorità azere stanno utilizzando questo spettacolo giudiziario come strumento di pressione politica sulla Repubblica di Armenia e di manipolazione all’interno della società, data la delicatezza della questione per ogni membro della famiglia e per l’intera società.

È particolarmente degno di nota il fatto che questi processi si svolgano in un contesto in cui continua la propaganda di odio etnico contro gli armeni nei media azeri.

Al di sopra di tutto e prima di tutto, la risoluzione completa di qualsiasi conflitto include la preparazione dei popoli alla pace, mentre il prolungamento aggiuntivo e artificiale di questioni umanitarie irrisolte non serve a questo scopo, per usare un eufemismo, e riduce solo la probabilità di tale risoluzione. Questa comprensione è stata ripetutamente sottolineata durante le discussioni con l’Azerbaigian, così come su varie piattaforme internazionali da partner e organizzazioni. Ci aspettiamo che questa comprensione prevalga anche nelle percezioni delle autorità azere rispetto al continuo alimentare l’ostilità e i calcoli a breve termine.

In assenza di una risoluzione definitiva della questione, l’Armenia non può quindi rimanere indifferente o non coinvolta e continuerà a sollevare la questione su diverse piattaforme e in diversi formati, aspettandosi soluzioni e progressi positivi”.

Il 18 febbraio 2025, i media statali azeri hanno riportato i dettagli della terza udienza del processo all’ex Ministro dello Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan.

Ruben Vardanyan, illegalmente detenuto e processato dal regime azero di Aliyev, ha rilasciato un breve comunicato trasmesso dalla sua famiglia dopo la breve telefonata settimanale del 19 febbraio 2025. Vardanyan ha annunciato uno sciopero della fame in segno di protesta contro il processo “giudiziario” inscenato contro di lui a Baku. Vardanyan è stato il Ministro di Stato (figura equivalente a quella del Primo Ministro) della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dal novembre 2022 al febbraio 2023, Dal 27 settembre 2023 è incarcerato in Azerbaigian.
Questo il testo del suo appello:

«Ieri ho deciso di protestare, dichiarando uno sciopero della fame, contro la farsa giudiziaria, che si sta svolgendo contro di me. Questa è la mia risposta alle palesi violazioni del diritto procedurale azero e del diritto internazionale. Ciò che sta accadendo in aula non può essere definito un processo: è uno spettacolo politico, in cui il mio diritto ad un’equa udienza viene palesemente ignorato.
Nel mese scorso, il mio avvocato locale, Avraam Berman, e io abbiamo cercato di chiarire alla Corte che è fondamentale per me che questo cosiddetto “processo” sia obiettivo piuttosto che una messa in scena. Purtroppo, è stato chiaro fin dall’inizio che questo caso riguarda la mia persecuzione in quanto Armeno, semplicemente per aver esercitato i miei diritti alla libertà di opinione ed espressione e alla partecipazione politica ai sensi del diritto internazionale, che mirano a proteggere i diritti della popolazione Armeno-Cristiana dell’Artsakh.
Nonostante l’Azerbajgian sia uno Stato parte della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, questo processo è stato anche costellato di gravi abusi del giusto processo:


1. Vengo processato in un tribunale militare illegale e non in una corte civile.

2. Non mi è stato concesso pieno accesso all’atto di accusa e alle cosiddette “prove” contro di me: 422 volumi in azero, per i quali mi sono stati concessi solo 21 giorni lavorativi per esaminarli, che sono stati classificati come “segreti di Stato”.

3. L’”atto di accusa” che mi è stato presentato non è un documento ufficiale, in quanto non riporta le firme dei miei accusatori. Anche la traduzione di questo cosiddetto documento contiene errori grossolani, rendendo impossibile per me comprendere le accuse contro di me.

4. Mi è stato negato il diritto alla difesa: il mio avvocato locale, Avraam Berman, ha avuto accesso limitato ai materiali, i suoi documenti sono stati confiscati ed è stato sottoposto a pressioni psicologiche. Inoltre, al mio team legale internazionale è stato impedito di comunicare con me o di farmi visita e non ha avuto accesso a nessuno dei materiali del caso.

5. Non mi è stato permesso di convocare testimoni della difesa o di presentare denunce in merito alle violazioni commesse durante le indagini e il processo.

6. Tutte le udienze sono state segrete e chiuse al pubblico. I giornalisti stranieri e i rappresentanti internazionali indipendenti sono stati esclusi dall’aula di tribunale.

Questo cosiddetto “processo” non è solo contro di me. È un tentativo di criminalizzare tutti gli Armeni: tutti coloro che hanno sostenuto e dimostrato compassione verso l’Artsakh e il suo popolo, e tutti coloro che hanno mostrato compassione. Questo è un attacco ad un’intera nazione. Mi rifiuto di partecipare a questa farsa. Faccio appello ai leader mondiali, alle organizzazioni internazionali, ai difensori dei diritti umani e ai membri della stampa:
Questo processo richiede la vostra attenzione. L’imitazione della giustizia è un’approvazione dell’illegalità e dell’ingiustizia. Il silenzio di fronte a tali violazioni apre la strada a future tragedie, alimentando l’ostilità e una nuova ondata di odio. Solo attraverso la verità, la legge e l’umanità, la pace e la giustizia possono essere garantite nella regione.
Ruben Vardanyan».

In data 17 gennaio 2025, in concomitanza con l’inizio del processo farsa in Azerbaigiana carico dei prigionieri armeni di guerra (fra i quali le autorità della repubblica di Artsakh), è stato presentato un nuovo appello alla sede armena delle Nazioni unite. Il documento recita come segue:

Tenendo conto della completa espropriazione e dello spostamento forzato del popolo autodeterminato e indigeno dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) da parte del regime genocida dell’Azerbaigian,

Sulla base del fatto che la comunità internazionale ha collettivamente fallito nel suo obbligo di proteggere il popolo dell’Artsakh e prevenire il genocidio,

Prendendo atto che vari membri influenti della comunità internazionale hanno consapevolmente sostenuto i crimini internazionali commessi contro l’Artsakh e il popolo armeno in generale,

Ricordando che esattamente 35 anni fa, la popolazione armena di Baku fu sottoposta a un altro massacro, che di fatto completò il genocidio di centinaia di migliaia di armeni in Azerbaigian,

Considerando che i crimini genocidi contro il popolo armeno continuano ancora oggi attraverso l’imprigionamento illegale di ostaggi armeni e “processi” fabbricati, la distruzione del patrimonio culturale armeno sotto l’occupazione azera, le crescenti minacce di nuove aggressioni contro l’Armenia, l’escalation della politica di armenofobia e altre manifestazioni,

Essendo profondamente preoccupato per le atrocità contro tutti gli armeni tenuti prigionieri in Azerbaigian, compresi i prigionieri politici, i prigionieri di guerra e i civili, nonché per la grave incertezza riguardante la sorte di circa 80 persone scomparse con la forza e centinaia di persone scomparse,

Documentando che tutti i “processi” passati e futuri contro gli armeni in Azerbaigian sono chiaramente volti a garantire punizioni collettive e umiliazioni contro l’intero popolo armeno,

Sottolineando che, nonostante tutto questo, gli organismi specializzati delle Nazioni Unite e gli Stati membri continuano le loro attività indifferenti e inefficaci, che non riescono ad eliminare le conseguenze dei crimini commessi contro il popolo armeno e a impedire la commissione di nuovi crimini,

Tenendo conto che l’ONU è considerata il volto e la voce collettiva della comunità internazionale,

Facendo riferimento ai documenti fondamentali del diritto internazionale, nonché alle decisioni della Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite adottate il 7 dicembre 2021, il 22 febbraio, il 6 luglio e il 17 novembre 2023, sulla base delle richieste dell’Armenia:

Chiediamo al Segretario generale delle Nazioni Unite, agli organismi specifici e agli Stati membri quanto segue:

  1. Esercitare la massima pressione sul regime di Aliyev affinché rilasci immediatamente tutti gli ostaggi armeni torturati e umiliati nelle prigioni azere.
  2. Prima del rilascio, garantire la tutela dei loro diritti fondamentali in Azerbaigian applicando sia strumenti di monitoraggio che sanzioni.
  3. Adottare misure efficaci per chiarire la sorte delle persone scomparse o forzatamente scomparse.
  4. Attivare meccanismi internazionali per il monitoraggio e la protezione del patrimonio culturale e della proprietà pubblica e privata dell’Artsakh.
  5. Avviare un processo internazionale sostanziale per garantire il ritorno collettivo, sicuro, dignitoso e sostenibile delle persone sfollate con la forza dell’Artsakh.

DICHIARAZIONE DI RUBEN VARDANYAN, PRIGIONIERO POLITICO ARMENO INCARCERATO ILLEGALMENTE IN AZERBAIGIAN (COMUNICATA ALLA SUA FAMIGLIA DURANTE LA SUA TELEFONATA SETTIMANALE)

16 gennaio 2025

Vorrei rivolgermi alla comunità globale, a coloro che hanno a cuore ciò che sta accadendo nella nostra regione, a coloro che si oppongono alla persecuzione religiosa in tutto il mondo e a coloro che desiderano una pace duratura e autentica.

Io, Ruben Vardanyan, sono detenuto presso il Centro di detenzione del Servizio di sicurezza dello Stato della Repubblica dell’Azerbaigian dal 27 settembre 2023, più di 470 giorni in totale, di cui 340 giorni in isolamento e 23 giorni in una cella di punizione. Vorrei rilasciare una dichiarazione ufficiale prima dell’inizio del processo. Se stai leggendo queste parole, significa che ho esaurito tutti gli altri mezzi per comunicare la verità su ciò che sta accadendo qui.

Un’udienza in tribunale per il mio caso è prevista per il 17 gennaio alle 15:00. Sono stato informato che sto affrontando 42 accuse, alcune delle quali prevedono pene fino all’ergastolo. Tuttavia, non mi è stata concessa l’opportunità di esaminare completamente l’atto di accusa ufficiale. Al mio avvocato e a me è stato semplicemente concesso di sfogliare 422 volumi di fascicoli del caso, tutti scritti esclusivamente in lingua azera, che non capisco, in un lasso di tempo molto breve, dal 9 dicembre 2024 all’8 gennaio 2025. Ho ricevuto l’elenco delle accuse in russo solo l’8 gennaio 2025.

Inoltre, sono state esercitate pressioni su di me, sul mio avvocato e sul mio interprete per costringerci a retrodatare e firmare documenti, inclusi protocolli falsificati e verbali di interrogatori mai svolti.

Dichiaro ufficialmente: non ho rilasciato alcuna testimonianza dal giorno del mio arresto, tranne durante il primo interrogatorio, in cui ho dichiarato solo il mio nome e cognome. Vorrei ribadire: tutti i protocolli che portano la mia firma sono falsificazioni. Questi documenti non esistono nella realtà. Il mio avvocato e l’interprete sono stati costretti a firmare questi documenti.

Ribadisco ancora una volta la mia completa innocenza e l’innocenza dei miei compatrioti armeni, anch’essi detenuti come prigionieri politici, e chiedo la fine immediata di questo caso motivato politicamente contro di noi.

Nonostante la nostra innocenza e la motivazione politica di questo processo, è molto probabile che il pubblico ministero ignori la mia dichiarazione di colpevolezza e proceda a un processo contro di noi, nel qual caso chiedo e chiedo il vostro supporto per garantire che mi venga concesso quanto segue:

1. Concedere a me e al mio avvocato tempo e opportunità adeguati per preparare la mia difesa. In particolare, fornirci l’opportunità di esaminare attentamente i materiali del caso in una lingua che comprenda.

2. Eliminare tutte le violazioni procedurali e le falsificazioni. In particolare, considerare inammissibili tutti i documenti e i verbali falsificati di interrogatori che non hanno mai avuto luogo, poiché non ho fornito alcuna testimonianza dal giorno del mio arresto.

3. Rendere pubblico il mio processo e quelli dei prigionieri politici armeni. Insisto sul fatto che il processo sia il più aperto possibile, con la partecipazione di giornalisti internazionali e rappresentanti di organizzazioni umanitarie.

4. Consolidare il mio caso con i casi degli altri accusati. Più di 400 dei 422 volumi del mio caso riguardano episodi del caso generale, di cui solo 6 sono specificamente correlati a false accuse contro di me. Separare il mio caso in un procedimento separato è una decisione artificiosa e infondata.

Non provo rabbia o odio. Al contrario, provo sincera empatia per tutti coloro che violano le leggi, i principi morali e gli insegnamenti del Corano e di altri testi sacri.

Sono convinto che la vera pace sarà possibile solo quando i leader dei paesi coinvolti nel conflitto, con il sostegno delle loro società, potranno unirsi per deporre fiori sulle tombe di tutti coloro che sono morti in questa guerra.

Prometto di fare tutto il possibile per garantire che ciò accada durante la mia vita. Come disse il grande Mahatma Gandhi, l’unico modo per salvare il mondo dall’autodistruzione è vivere secondo i principi della non violenza, della verità e dell’amore. Attraverso la compassione per tutte le persone, indipendentemente dal colore della pelle, dalla nazionalità o dalla religione, possiamo raggiungere la vera pace.

Grazie a tutti per il vostro supporto! Vi amo e vi ringrazio tutti per la vostra gentilezza nei miei confronti. Sappiate che sono forte e credo che la verità prevarrà.

Ruben Vardanyan

Durante la guerra di 44 giorni dell’Artsakh nel 2020, il supporto militare turco ha avuto un ruolo decisivo nella vittoria dell’Azerbaigian. Sebbene sia stato riferito che nessun soldato turco ha partecipato direttamente alle operazioni di combattimento e che la Turchia ha fornito all’Azerbaigian solo armi moderne, in particolare i droni Bayraktar TB2, e ha condotto un addestramento militare, sono emerse prove che suggeriscono che anche personale militare turco era coinvolto nei combattimenti. Il quotidiano di fama internazionale The Guardian ha persino riferito che i servizi segreti turchi stavano reclutando mercenari per assistere l’Azerbaigian. Tuttavia, queste affermazioni sono state smentite sia dalle autorità turche che da quelle azere.

Di recente, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, durante un discorso a Rize, ha dichiarato che la Turchia sarebbe entrata in Israele per sostenere la Palestina, così come era entrata in Karabakh e in Libia. Erdogan ha fatto questa dichiarazione nel contesto del conflitto israelo-palestinese (le operazioni militari su larga scala tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza e nel sud di Israele), che ha scatenato un’ondata di rabbia in Azerbaigian. Questo perché la dichiarazione ha messo in discussione i “diritti esclusivi” dell’Azerbaigian alla vittoria nella guerra del Karabakh.

La dichiarazione è stata seguita da una risposta del Ministero della Difesa dell’Azerbaijan, che ha sottolineato che la vittoria nella guerra del Karabakh è stata ottenuta esclusivamente grazie agli sforzi dei soldati azeri. È stato evidenziato che il presidente dell’Azerbaijan ha ripetutamente espresso gratitudine alla Turchia per il suo supporto militare e politico. Tuttavia, il ministero ha sottolineato che nessun soldato di nessun altro paese ha partecipato alla guerra.

Due giorni dopo la dichiarazione di Erdogan, anche il quotidiano ufficiale dell’Azerbaijan, Azerbaijan, ha risposto ad Ankara. In un articolo intitolato Gli autori della vittoria del Karabakh sono il Comandante in Capo Supremo e l’esercito azero, il giornale ha affrontato le osservazioni di Erdogan, affermando che “versano acqua sul mulino armeno” e affermando che “un fratello non dovrebbe vantarsi con il fratello di ciò che ha fatto per lui”, così come “la mano sinistra non dovrebbe sapere cosa sta facendo la mano destra”. L’autore ha anche osservato che “il prezzo di ogni proiettile utilizzato era stato pagato”.

L’articolo ricordava alla Turchia i passi compiuti dall’Azerbaijan a suo favore, come il sostegno dell’Azerbaijan alla Turchia su varie piattaforme diplomatiche, gli sforzi di Ilham Aliyev per promuovere la cooperazione tra gli stati turchi, il coinvolgimento delle aziende edili turche nell’Artsakh occupato. Poi sottolineava che “la fratellanza richiede obblighi reciproci”.

Inizialmente, la parte turca ha tentato di ignorare l’insoddisfazione dell’Azerbaijan. Tuttavia, poco dopo questa pubblicazione, durante la cerimonia di laurea dell’Accademia dell’aeronautica militare turca, Erdogan ha parlato ancora una volta della guerra del Nagorno-Karabakh. Ha affermato, “in Karabakh, insieme ai nostri fratelli azerbaigiani, abbiamo completamente distrutto le forze nemiche”, sottolineando ancora una volta il ruolo significativo della Turchia in quella vittoria.

La dichiarazione di Erdogan ha quindi rivelato le tensioni latenti nelle relazioni turco-azere in merito alla vittoria dell’Azerbaigian nella guerra del Karabakh, durata 44 giorni, evidenziando alcune complessità inerenti al concetto di “una nazione, due stati”.

(articolo pubblicato originariamente in inglese dalla fondazione Geghard)

GENNAIO

Le esplosive accuse dell’Azerbaigian: una strategia calcolata per accendere le tensioni regionali? (Motorcycle, 9 gen)

Il tortuoso cammino dell’Armenia verso l’UE (Osservtorio Balcani Caucaso, 9 gen)

L’Armenia vuole entrare nell’Unione europea (e allontanarsi dalla Russia) (Europa today, 9 gen)

Aliyev (Azerbaigian) annuncia pubblicamente il suo desiderio di annettere l’Armenia (Entrevue, 9 gen)

ARMENIA. Fatti i primi passi per aderire all’UE (AGC, 10 gen)

Armenia. Rischio escalation con l’Azerbaijan, tentativi di mediazione della Russia (Notizie geopolitiche, 11 gen)

AZERBAIJAN VS ARMENIA/ Aliyev inventa i fascisti a Yerevan per attaccare: punta al corridoio di Zangezur (Il sussidiario, 14 gen)

ARMENIA: Verso la candidatura all’UE per uscire dall’orbita russa (East journal, 15 gen)

L’Armenia firma un memorandum d’intesa con gli Stati uniti (il manifesto, 15 gen)

Aliyev non si ferma e l’Azerbaigian minaccia l’Armenia (Tempi, 16 gen)

L’Armenia firma un accordo strategico con gli USA, ma non sa come fare con l’Unione Economica con la Russia (Scenari economici, 16 gen)

Processo di Baku con Accuse Farsesche agli Armeni del Nagorno. Richiesta la Presenza di Osservatori Internazionali. (Stilum curiae, 16 gen)

ARMENIA. Yerevan alleata di Washington è una minaccia per Russia, Iran, Azerbaijan e Turchia (AGC, 20 gen)

Lo strano caso azero (Arianna editrice, 20 gen)

In campo con Mkhitaryan – La battaglia sociale per sostenere i prigionieri politici armeni sotto processo in Azerbaijan (Linkiesta, 22 gen)

Armenia, progetti europei e difficoltà economiche (Osservatorio Balcani Caucaso, 22 gen)

Una nuova costituzione per l’Armenia (Osservatorio Balcani Caucaso, 23 gen)

Armenia tra Russia e Ue: Il Ritorno della Geopolitica in Europa (East journal, 23 gen)

Azerbaijan, condanne senza sanzioni (IRPI Media, 24 gen)

Anche l’Armenia vuole l’Europa, ma si deve ancora liberare della Russia (Linkiesta, 24 gen)

Gli interessi turchi e russi in Caucaso (IARI, 30 gen)

FEBBRAIO

L’UE estende la missione al confine dell’Armenia, Yerevan sogna l’adesione (Osservatorio Balcani Caucaso, 3 feb)

Francia. Relazioni sempre più complicate con l’Azerbaijan (Notizie geopolitiche, 3 feb)

La libertà in cambio della pace? Il dilemma straziante degli Armeni. Come è dura accompagnare il nemico a disegnare i confini che esige per sé (Korazym, 4 feb)

Ci sarà finalmente la pace fra Armenia e Azerbaigian? (Scenari economici, 6 feb)

La strada russa per il Caucaso passa dalla Georgia. Ecco perché (Formiche, 9 feb)

Pashinyan: “Ci sono tutti i prerequisiti per la pace tra Armenia e Azerbaigian” (Agenzia Nova, 10 feb)

Armenia-Turchia: Pashinyan spinge per una nuova narrazione (Osservatorio Balcani Caucaso, 12 feb)

Cosa sappiamo dei processi di Baku (East journal, 13 feb)

Echi persiani in Caucaso (Dissipatio, 14 feb)

Nuovo appello di Ruben Vardanyan, prigioniero politico Armeno incarcerato e processato illegalmente in Azerbajgian (Korazym, 19 feb)

La libertà in cambio della pace? Il dilemma straziante degli armeni (Tempi, 20 feb, per abb.)

La tortuosa strada dell’Armenia verso l’adesione all’UE (Osservatorio Balcani Caucaso, 21 feb)

L'”Armenia reale” di Nikol Pashinyan (Osservatorio Balcani Caucaso, 27 feb)

In Azerbaijan la stampa libera è sempre più in difficoltà (Linkiesta, 28 feb)

MARZO

«Sono perseguitato come armeno». Il caso Vardanyan e il razzismo azero (Tempi, 2 mar)

Influenze azerbaigiane nel mondo accademico e mediatico italiano tra propaganda e false credenziali (Fai, 2 mar)

Armenia: pronta ad una prossima guerra dei droni. L’innovazione e le lezioni del conflitto del Nagorno-Karabakh (Report difesa, 4 mar)

Il riavvicinamento (forzato) di Teheran a Baku (Asia news, 5 mar)

Nucleare e terre rare avvicinano Armenia e USA (Scenari economici, 6 mar)

ARMENIA. Sotto processo a Baku la leadership del Nagorno Karabakh.Tensioni a Yerevan (AGC, 12 mar)

AZERBAIGIAN: chiudono gli uffici ONU e della Croce Rossa (East journal, 12 mar)

Dalle banche allo sciopero della fame: Ruben Vardanyan sotto processo a Baku (Osservatorio Balcani Caucaso, 13 mar)

L’Eurocamera approva la risoluzione sulle violazione dei diritti umani in Azerbaijan (Ansa, 13 mar)

L’Armenia conferma: conclusi i negoziati con l’Azerbaigian, pronti a firmare l’accordo di pace (Nova, 13 mar)

Armenia – Dopo l’Artsakh Baku chiede a Pashinyan altri territori (Assadakah, 13 mar)

Armenia: “pronti alla pace”. Ma Baku processa i leader armeni catturati (Pagine Esteri, 14 mar)

Storico: Armenia e Azerbaigian raggiungono un accordo di Pace (Scenari economici, 14 mar)

Pace nel Caucaso meridionale, ma a che prezzo? (ISPI online, 14 mar)

Armenia. Nagorno Karabakh: un accordo di pace fragile con Azerbaigian (Notizie geopolitiche, 15 mar)

Armenia e Azerbaijan finalizzano il trattato di pace (Osservatorio Balcani Caucaso, 18 mar)

APRILE

Perché non ci sono armeni in Karabakh? (Osservatorio Balcani Caucaso, 2 apr)

L’Armenia vuol fare la pace con l’Azerbaigian e sogna di entrare in Europa (Lifegate, 3 apr)

Il possibile accordo di pace tra Azerbaigian e Armenia: fine delle ostilità? (IARI, 13 apr)

L’Armenia è in trappola? (IARI, 21 apr)

L’Armenia gioca contro il tempo (IARI, 22 apr)

Il revisionismo storico ai danni della Chiesa Armena (Informazione cattolica, 26 apr)

MAGGIO

Armenia e Azerbaijan: tregua fragile, diplomazia energetica e sfide geopolitiche (Geopolitica, 16 mag)

Armenia, tensioni in aumento (Osservatorio Balcani Caucaso, 20 mag)

Ad Aliyev mancava solo la scusa delle “radici cristiane” per massacrare gli armeni (Tempi, 21 mag)

Armenia e Azerbaigian firmano la pace (La stampa, 23 mag)

Yerevan, navigare tra UE e Mosca (Osservatorio Balcani Caucaso, 28 mag)

Briciole di pane (Riforma, 30 mag)

Armenia-Azerbaijan, 30 anni di conflitto: cosa cambia nella Regione del Caucaso (La riviera, 31 mag)

GIUGNO

Armenia, una casa gratuita al confine (Osservatorio Balcani Caucaso, 6 giu)

Armenia pronta alla pace con l’Azerbaigian: la comunità internazionale saprà sostenerla? (Difesa online, 6 giu)

Il premier armeno vuole cacciare il capo della Chiesa: “Ha procreato” (Agenzia Nova, 10 giu)

In data 19 dicembre, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla continua repressione della società civile e dei media indipendenti in Azerbaigian e sui casi di Gubad Ibadoghlu, Anar Mammadli, Kamran Mammadli, Rufat Safarov e Meydan TV, (2024/2994(RSP).
Il testo di questa risoluzione comprende anche un passaggio dedicato ai prigionieri di guerra armeni ancora illegalmente detenuti in Azerbaigian.

Il Parlamento europeo,

– vista la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificata dall’Azerbaigian,

– visti l’articolo 150, paragrafo 5, e l’articolo 136, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che dal 2023 le autorità azere hanno intrapreso una repressione sistemica nei confronti della società civile, dell’opposizione politica, dei difensori dei diritti umani, della comunità LGBTI+ e dei media indipendenti, che si è intensificata in occasione della COP29;

B. considerando che in Azerbaigian vi sono oltre 300 prigionieri politici e 23 prigionieri di guerra armeni, compresi leader dell’ex Repubblica autoproclamata del Nagorno-Karabakh;

C. considerando che Gubad Ibadoghlu, prigioniero politico e finalista del premio Sacharov 2024, rimane agli arresti domiciliari; che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che le sue condizioni di salute sono critiche e richiedono un ricovero ospedaliero e un intervento chirurgico cardiaco urgente;

D. considerando che il leader della società civile Anar Mammadli è in custodia cautelare dall’aprile 2024 sulla base di accuse false e che la sua salute è peggiorata a causa della mancata assistenza sanitaria;

E. considerando che all’inizio di dicembre 2024 le autorità azere hanno arrestato i giornalisti di MeydanTV Aynur Ganbarova, Aytaj Ahmadova, Khayala Agayeva, Natig Javadli e Aysel Umudova, come pure i giornalisti Ramin Jabrayilzade e Ahmad Mukhtar; che tali autorità hanno inoltre arrestato il vicedirettore della scuola di giornalismo di Baku Ulvi Tahirov, il leader politico Azer Gasimli e il difensore dei diritti umani Rufat Safarov; che tutti gli arrestati devono rispondere di accuse infondate di matrice politica;

F. considerando che l’attivista ambientale Kamran Mammadli è stato attaccato dalle guardie di sicurezza in occasione della COP29 ed è soggetto a un divieto di viaggio;

G. considerando che i diritti umani dei prigionieri sono sistematicamente violati attraverso la detenzione in condizioni disumane, la tortura e vessazioni specifiche nei confronti delle prigioniere politiche, tra cui Nargiz Absalamova;

1. condanna con forza le continue violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime azero e oggetto di denunce, comprese le violazioni delle libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, come pure l’abuso del sistema giudiziario penale con finalità politiche;

2. esorta le autorità azere a porre fine immediatamente alla repressione nei confronti di tutti i gruppi di dissidenti e a rilasciare senza condizioni tutti i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli attivisti politici e di altro tipo perseguiti sulla base di accuse false di matrice politica nonché a fare cadere tutte le accuse nei loro confronti;

3. chiede che le autorità revochino immediatamente il divieto di viaggio nei confronti di Ibadoghlu, ritirino incondizionatamente tutte le accuse nei suoi confronti e gli consentano di ricevere cure urgenti all’estero; deplora il fatto che Ibadoghlu non sia stato autorizzato a partecipare alla cerimonia del premio Sacharov o a collegarsi a distanza;

4. invita l’Azerbaigian a revocare le indebite restrizioni nei confronti dei media indipendenti allineando le sue leggi sulla registrazione e il finanziamento dei gruppi non governativi e dei media alle raccomandazioni della Commissione di Venezia; chiede alle autorità di porre fine alla repressione di MeydanTV, ToplumTV, Abaz Media e Kanal13;

5. chiede che siano imposte sanzioni dell’UE, nel quadro del suo regime globale di sanzioni in materia di diritti umani, ai funzionari azeri responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui Fuad Alasgarov, Vilayat Eyvazov e Ali Naghiyev;

6. insiste sul fatto che qualsiasi accordo di partenariato tra l’UE e l’Azerbaigian, anche in materia di energia, deve essere strettamente subordinato al rispetto dei diritti fondamentali e al rilascio di tutti i prigionieri politici; invita la Commissione a sospendere il memorandum d’intesa del 2022 su un partenariato strategico nel settore dell’energia;

7. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all’alto rappresentante/vicepresidente e agli Stati membri nonché al Presidente, al governo e al parlamento dell’Azerbaigian.