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Comunicato del ministero degli Affari esteri della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) a seguito dell’attacco azero odierno:

”L’infiltrazione del gruppo di sabotaggio azero nel territorio dell’Artsakh e l’attacco agli agenti di polizia dell’Artsakh è un’altra flagrante violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che indica che la parte azera sta cercando di avviare un’escalation della tensione. In precedenza, il 2 e la notte tra il 2 e il 3 marzo, unità delle forze armate azere di stanza nei territori occupati delle regioni Askeran, Martakert e Martuni della Repubblica dell’Artsakh avevano violato anche il cessate il fuoco stabilito dalla Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020.

Il 5 marzo, verso le 10:00, un gruppo di sabotaggio delle forze armate azere ha attraversato la linea di contatto e ha attaccato un veicolo del dipartimento passaporti e visti della polizia della Repubblica dell’Artsakh. A seguito di questo attacco, tre agenti di polizia disarmati sono stati uccisi e un altro è rimasto ferito. Un’analisi preliminare delle circostanze dell’uccisione di agenti di polizia consente di considerare le azioni della parte azera come un crimine di guerra.

Va notato che questi attacchi sono stati effettuati immediatamente dopo i colloqui sullo sblocco del corridoio Lachin tenutisi il 1° marzo tra rappresentanti dell’Artsakh e dell’Azerbaigian. Attraverso le sue azioni, Baku dimostra apertamente il suo rifiuto dei negoziati come mezzo per trovare soluzioni a qualsiasi problema.

Sullo sfondo del blocco di oltre 80 giorni dell’Artsakh, volto a creare deliberatamente condizioni di vita insopportabili per la sua popolazione, una grave escalation della situazione, con conseguenti vittime, dimostra ancora una volta i veri obiettivi dell’Azerbaigian e la sua intenzione di completare il pulizia etnica dell’Artsakh. Apparentemente, la mancanza di misure adeguate da parte della comunità internazionale volte a fermare gli atti illeciti a livello internazionale dell’Azerbaigian è stata percepita dalle autorità di questo paese come una carta bianca per commettere nuove atrocità.

Chiediamo ancora una volta alla comunità internazionale nel suo insieme e alle parti coinvolte nella risoluzione del conflitto Azerbaigian-Karabakh in particolare di riconsiderare i loro approcci e adottare misure efficaci ai sensi del diritto internazionale per fermare la politica terroristica e genocida dell’Azerbaigian”

ATTACCO AZERO, TRE POLIZIOTTI ARMENI UCCISI

Gli azeri tornano a uccidere. Lo hanno fatto questa mattina colpendo un pulmino con a bordo quattro agenti della polizia doganale, uccidendone tre e ferendo il quarto.

Il piccolo veicolo percorreva una strada sterrata, in territorio della repubblica di Artsakh, sul fianco opposto della vallata dove corre la strada del corridoio di Lachin che è bloccata dal 12 dicembre scorso dall’Azerbaigian con il conseguente isolamento di 120.000 armeni della regione che non possono entrare o uscire dal Nagorno Karabakh.

Aliyev ha lanciato quindi un chiaro segnale: nessun percorso alternativo, neppure su una stretta strada sterrata di montagna, può essere utilizzato. Alla faccia della propaganda di regime che sostiene che non vi sia alcun blocco nel collegamento.

I soldati hanno invaso il corridoio di Lachin (che teoricamente dovrebbe essere sotto controllo delle sole forze di pace russe), sono entrati in Artsakh e hanno colpito il veicolo che lentamente procedeva verso un posto di controllo di frontiera. Il mezzo è stato crivellato di colpi.

Il ministero della Difesa dell’Azerbaigian si è immediatamente affrettato a spargere fake news sull’accaduto sostenendo che il mezzo trasportava armi e non si è fermato al loro alt. Le foto del piccolo veicolo smentiscono, non ne avevamo dubbi, la versione azera e confermano la tesi dell’agguato. Lo hanno osservato da lontano mentre percorreva lo sterrato, sono scesi rapidamente verso la strada e lo hanno selvaggiamente colpito. Il video, ripreso da telecamere di sorveglianza oppure da altre postazioni di controllo, mostra chiaramente la dinamica di quanto accaduto.

Nelle stesse ore si registrano nuove violazioni azere del cessate il fuoco nella regione di Martuni con una cinquantina di agricoltori armeni che sono stati costretti ad abbandonare il lavoro nei campi perchè presi di mira dal fuoco dei soldati nemici.

Questo “tiro al contadino”, cominciato da qualche giorno, non è casuale: con il blocco della strada (che continua nonostanbte la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia) gli azeri vogliono impedire agli armeni di coltivare nei campi proprio nel periodo post invernale quando ricominciano le attività agricole. Ennesimo segnale che l’Azerbaigian non vuole la pace ma solo la pulizia etnica della regione.

IL COMUNICATO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DELL’ARTSAKH

Doppia sconfitta per l’Azerbaigian davanti alla Corte Internazionale di Giustizia (Tribunale internazionale dell’Aja, organo giudiziario delle Nazioni unite) che ha accolto il ricorso dell’Armenia e respinto quello di Baku contro Yerevan.

Nella prima sentenza, i giudici (tredici e due) hanno statuito che l’Azerbaigian adotti tutte le misure in suo possesso per consentire la libera circolazione di uomini e merci lungo la strada del corridoio di Lachin che gli azeri bloccano dallo scorso 12 dicembre isolando di fatto 120.000 armeni dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).

L’istanza contraria sollevata dal procedimento azero contro l’Armenia è stata bocciata all’unanimità.

Di fronte a tale condanna ora tutti si interrogano se il regime di Aliyev ottemperà a quanto indicato dai giudici dell’Onu oppure farà spallucce disinteressandosi del provvedimento e proseguendo con il blocco criminale che sta portatndo la popolazione della regione in piena crisi umanitaria.

Il “partner affidabile” dell’Unione europea disarrenderà la sentenza o aprirà finalmente la strada ripristinando il diritto alla vita della popolazione?

IL TESTO DELLE DUE DECISIONI DELLA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA

“L’AIA, 22 febbraio 2023.
La Corte internazionale di giustizia, organo giurisdizionale principale delle Nazioni Unite, ha emesso oggi il suo Ordine sulla Richiesta di indicazione di misure provvisorie adottate dalla Repubblica di Armenia nel caso relativo all’applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Armenia c. Azerbaigian).

Nella sua Ordinanza, che ha efficacia vincolante, la Corte indica il seguente provvedimento provvisorio:

Con tredici voti contro due,
la Repubblica dell’Azerbaigian, in attesa della decisione finale del caso e in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di razzismo, discriminazione, adotti tutte le misure a sua disposizione per garantire la circolazione senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni.

FAVOREVOLI: Presidente Donoghue; Vicepresidente Gevorgian; Giudici Tomka, Abramo, Bennouna, Xue, Robinson, Salam, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant; Giudice ad hoc Daudet;

CONTRO: Giudice Yusuf; Giudice ad hoc Keith”z

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“L’AIA, 22 febbraio 2023.
La Corte internazionale di giustizia, organo giurisdizionale principale delle Nazioni Unite, ha emesso oggi il suo Ordine sulla Richiesta di indicazione di misure provvisorie adottate dalla Repubblica dell’Azerbaigian nel caso relativo all’applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Azerbaigian c. Armenia).

Nella sua ordinanza, che ha efficacia vincolante, la Corte:

All’unanimità,
respinge la richiesta di indicazione di misure cautelari presentata dalla Repubblica di Azerbaigian il 4 gennaio 2023″

Da due mesi l’Azerbaigian, ricorrendo ad azioni criminali e terroristiche, tiene sotto blocco circa 120.000 persone dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh), con l’obiettivo di attuare la pulizia etnica nell’Artsakh. Il presidente di quest’ultimo, Arayik Harutyunyan, ha rilasciato un commento al riguardo.

“Questo blocco illegale contraddice tutte le norme del diritto internazionale e gli obblighi assunti dall’Azerbaigian, compresi quelli nell’ambito della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020.

Il blocco, basato sulla politica statale azera di odio razziale contro gli armeni, è onnicomprensivo: priva 120.000 cittadini dell’Artsakh dell’accesso naturale a cibo, energia, assistenza sanitaria e altri beni e servizi vitali, ed è, quindi, un grave, attacco deliberato e massiccio al diritto alla vita e ad altri diritti dei nostri compatrioti.

Dal 20 gennaio, per risolvere la grave carenza di cibo causata dal blocco, il governo dell’Artsakh è stato costretto a limitare l’accesso al cibo introducendo buoni: un chilogrammo di riso, grano saraceno, pasta, zucchero e olio vegetale a persona al mese, la cui portata sarà ampliata nel prossimo futuro.

L’Azerbaigian ha esacerbato la crisi umanitaria nell’Artsakh interrompendo le forniture di elettricità e gas in condizioni invernali rigide.
A causa di problemi con il riscaldamento e l’alimentazione, tutti gli asili, le scuole primarie e secondarie del Paese sono stati chiusi, privando circa 20.000 bambini e adolescenti del Paese dell’opportunità di ricevere un’istruzione. Anche il lavoro di molte imprese economiche è stato sospeso, lasciando disoccupati migliaia di cittadini.
La costruzione di circa 3.700 appartamenti e case destinati a persone sfollate con la forza dai territori occupati dall’Azerbaigian, così come altri lavori di costruzione, è stata interrotta.
Gli interventi chirurgici programmati nelle istituzioni mediche sono stati annullati, mettendo a repentaglio la salute e la vita di circa 600 cittadini.

Siamo grati al Comitato internazionale della Croce Rossa e alla missione di mantenimento della pace della Federazione Russa per i loro sforzi per garantire il trasferimento di circa 90 persone in condizioni di salute critiche in Armenia, per riunire decine di famiglie separate e per trasportare la quantità minima di cibo in Artsakh che ci permette di prevenire la carestia nel paese. Tuttavia, la situazione rimane insopportabile tra la grave carenza di cibo, medicine e altri beni di prima necessità, la continua interruzione delle forniture di gas ed elettricità, la separazione di migliaia di famiglie, il collasso dell’economia e altre condizioni di crisi.

Accogliamo con favore i chiari appelli delle autorità esecutive e legislative di molti Paesi, nonché delle organizzazioni internazionali, all’Azerbaigian affinché revochi immediatamente e incondizionatamente il blocco. Tali richieste e posizioni, tuttavia, sono inefficaci nelle condizioni di fanatica e odiosa intransigenza dell’Azerbaigian.

Questo è il motivo per cui la comunità internazionale deve agire, come ha fatto in altre regioni quando ci sono segnali premonitori di genocidio.

Facciamo appello principalmente alla Russia, agli Stati Uniti e alla Francia, che co-presiedono il Gruppo di Minsk dell’OSCE, nonché a tutti i membri della comunità internazionale, affinché adottino congiuntamente o individualmente misure efficaci per aprire la strada della vita dell’Artsakh e prevenire nuovi crimini.

In tale contesto, li esortiamo a imporre sanzioni contro tutti gli autori e sostenitori di crimini contro il popolo dell’Artsakh e lo stato dell’Azerbaigian, tra le altre sanzioni, vietando loro di entrare nei loro territori e congelando i loro beni mobili e immobili nelle loro Paesi.

Il tentativo di pulizia etnica da parte dell’Azerbaigian del popolo dell’Artsakh è conforme al concetto legale di crimini contro l’umanità (erga omnes). La sua prevenzione è un obbligo morale, legale e politico vincolante per tutti i firmatari della Carta delle Nazioni Unite.

Pertanto, è dovere di ogni membro della comunità internazionale fare del proprio meglio per proteggere il popolo dell’Artsakh e la sua vita dignitosa nella propria patria“.