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In Azerbaigian si sono intensificati vari annunci a favore dell’utilizzo della strada attraverso la città di Aghdam dell’Azerbaigian per fornire aiuti umanitari al Nagorno Karabakh-Artsakh.

Ultimo in ordine di tempo a rilasciare dichiarazioni al riguardo è stato Hikmet Hajiyev, assistente del presidente dell’Azerbaigian e capo del dipartimento per le questioni di politica estera dello staff presidenziale. Hajiyev ha affermato che l’utilizzo di questa strada è il primo passo sulla via della “reintegrazione degli armeni del Karabakh”.

Ora ci domandiamo per quale ragione una popolazione di 120.000 persone che da otto mesi è cinta in stato di assedio e che da un paio di mesi sta soffrendo la fame a la carenza di ogni genere di prodotto dovrebbe trovare la propria salvezza da coloro che l’hanno ridotta in queste condizioni.

Gli armeni dell’Artsakh non stanno soffrendo la fame (è di ieri la notizia del primo decesso ufficialmente riconducibile alla malnutrizione) a causa di una carestia o di avverse condizioni climatiche. Lo stato in cui versa la gente a Stepanakert e nell’area rimasta sotto controllo armeno dopo l’attacco azero del 2020 è unicamente riconducibile a una politica genocidiaria messa in atto da una delle peggiori dittature al mondo, dichiaratamente armenofoba, il cui unico obiettivo è una pulizia etnica dell’area.

Perchè, scegliendo la strada di Aghdam, dovrebbero infilarsi nella bocca del carnefice?

La posizione dell’Azerbaigian è in effetti chiara: far morire di fame la popolazione (che peraltro da mesi è senza gas, con pochissima elettricità e ora anche con carenze idriche) per spingerla nelle fauci di Baku o ancora meglio costringerla ad andare via.
Aprire la strada di Aghdam vorrebbe dire staccare definitivamente il Nagorno Karabakh dall’Armenia, un salto indietro nella storia di oltre tre decenni ma con una situazione persino peggiorativa dell’epoca sovietica perchè a quel tempo per lo meno il Nagorno Karabakh aveva uno status speciale (Oblast’ Autonomo) che oggi Aliyev gli nega.

Qualsiasi soluzione che non preveda la riapertura incondizionata dela passaggio attraverso il corridoio di Lachin non può essere presa in considerazione.

(nella foto: K. Hovannisyan, morto per malnutrizione, carenza di proteine e calorie il 15 agosto 2023)

Il ministero degli Esteri della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) ha rilasciato il seguente comunicato:

“Attribuiamo grande importanza agli appelli fatti al più alto livello dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea, dal Consiglio d’Europa e da altri rispettati attori internazionali per l’immediata revoca da parte dell’Azerbaigian del blocco illegale del Corridoio Lachin. Allo stesso tempo, è evidente che tali appelli non hanno alcun impatto sulla leadership dell’Azerbaigian, che, in un clima di impunità e completa mancanza di responsabilità, continua la sua politica di genocidio e sottopone alla fame 120mila persone dell’Artsakh, creando insopportabili condizioni di vita per loro.

Nei loro comunicati e negli appelli effettuati periodicamente da strutture internazionali, organizzazioni e singoli Stati, tutti nessuno escluso hanno preso atto del blocco illegittimo del Corridoio Lachin e hanno sottolineato la necessità di ripristinare la libertà di movimento lungo il corridoio. Tuttavia, non vengono prese misure specifiche ed efficaci in questa direzione. Nel frattempo, la catastrofe umanitaria e la crisi dei diritti umani nella Repubblica dell’Artsakh peggiorano ogni giorno che passa.

Le recenti dichiarazioni provenienti dall’Azerbaigian sulla possibilità di utilizzare percorsi alternativi per la presunta consegna di aiuti umanitari all’Artsakh dimostrano ancora una volta che Baku sta usando il blocco come arma e mezzo per esercitare pressioni sulla popolazione dell’Artsakh. Le autorità azere sfruttano la sofferenza delle persone e la catastrofe umanitaria che hanno creato per raggiungere i loro obiettivi politici. Tali azioni e comportamenti dell’Azerbaigian devono essere fermamente respinti dalla comunità internazionale come disumani.

A questo proposito, ancora una volta, esortiamo con forza tutti gli stati interessati, le organizzazioni internazionali e gli altri attori a passare dalle parole ai fatti per porre fine ai crimini internazionali commessi dall’Azerbaigian contro l’Artsakh e il suo popolo. Ricordiamo che la prevenzione del genocidio è un obbligo erga omnes, che richiede ad ogni Stato uno sforzo attivo e continuo per prevenire la commissione di tali crimini.

La fine della catastrofe umanitaria in corso e della crisi dei diritti umani nella Repubblica dell’Artsakh è una vera sfida per l’efficacia degli attori internazionali coinvolti. Siamo convinti che, in conformità con i loro impegni, siano in grado di affrontare una violazione così evidente ed eclatante dell’ordine internazionale da parte dell’Azerbaigian e prevenire il crimine di genocidio. Altrimenti ogni appello alla pace e alla normalizzazione sarà slegato dalla realtà e privo di ogni sostanza e prospettiva”.

Stepnakert, 5 agosto 2023