Perchè siamo preoccupati per i beni culturali armeni in Artsakh

Si moltiplicano gli appelli all’Unesco perchè faccia sentire forte la sua voce e intervenga per la protezione dei beni armeni. Apparentemente potrebbe sembrare solo una questione di supremazia territoriale da parte azera: vincono la guerra e distruggono tutto ciò che rappresenta il nemico.

In realtà c’è una ideologia di fondo, la stessa che ha portato i turchi a cancellare le tracce armene nell’Armenia storica.

Poichè la narrazione azera è che nella regione gli armeni sono arrivati solo da poco, ecco che cercano di eliminare tutto ciò che possa riferirsi alla civiltà armena ed essere datato più indietro nei secoli. Hanno provato far passare le chiese e i monasteri armeni come appartenenti al popolo degli albani del Caucaso ma con scarso successo; hanno distrutto migliaia di katchkar a Julfa.

Ecco perchè gli azeri sono pericolosi. Riceviamo e volentieri pubblichiamo una “lettera aperta all’Unesco” inviataci da un nostro lettore che ringraziamo per la sensibilità dimostrata.

Spettabile UNESCO,

A seguito dell’intesa per la cessazione delle ostilità dello scorso 9 novembre, il Governo dell’Armenia ha concordato il ritiro delle proprie forze dislocate a difesa delle popolazioni armene dalla regione dell’Artsakh / Nagorno-Karabakh e la consegna di diversi distretti all’Azerbaigian.

Lì, in mezzo ai boschi, inerpicati sulle montagne vi sono secoli, millenni di storia. I conventi e le chiese di pietra dell’Artsakh testimoniano la millenaria presenza armena nella regione e fanno parte del patrimonio culturale di questo popolo.

Mi rivolgo a voi come Istituzione che ha a cuore la cultura, la sua custodia e la sua trasmissione alle generazioni future: questi punti di riferimento della storia e dell’identità armena rischiano di sparire per sempre, a causa del nuovo scenario che si è venuto a creare.

Il motivo è semplice. La loro esistenza è sufficiente a smontare, senza alcun dubbio, l’indifendibile versione del Governo dell’Azerbaigian, secondo cui gli armeni sono presenti nella regione da solamente 200 anni. Una tesi che viene propugnata come unica e indiscutibile verità ai giovani azeri nei libri di storia che sono costretti, loro malgrado, a studiare.

Negare la presenza millenaria degli armeni nella regione equivale a commettere il duplice crimine di dipingerli come invasori di terre altrui, fomentando quindi l’odio nelle menti degli azeri, e di declassare la ricchissima e antica storia armena al livello di menzogna e fantascienza.

La colpa dei conventi e delle chiese armene incastonati tra le montagne dell’Artsakh consiste nel contraddire tramite la loro mera presenza la propaganda del presidente azero Aliyev e del suo Governo. Se non verranno prese misure per fermarli, costoro non esiteranno a realizzare il triste scenario profetizzato da George Orwell nel suo libro, 1984: ”tracciare la storia dell’intero periodo sarebbe stato assolutamente impossibile, dal momento che una versione dei fatti diversa da quella esistente non era mai stata citata, né per iscritto, né a voce”.

Continua Orwell: “giorno per giorno, minuto per minuto la storia veniva aggiornata. In questo modo, si creavano le prove documentali necessarie a dimostrare che ogni dichiarazione del Partito era corretta. […] La storia non era nient’altro che un palinsesto, e come tale veniva cancellata e riscritta tutte le volte che fosse necessario farlo. In nessun caso sarebbe stato possibile, una volta effettuata la correzione, provare che alcuna falsificazione fosse mai avvenuta”.

Le nostre paure non sono infondate, ma traggono origine dallo spaventoso precedente di Djulfa. Questo crimine, rimasto inspiegabilmente impunito, ha comportato la distruzione delle migliaia di khachkar presenti nella zona. I khackhar non sono solamente croci scolpite nella roccia. Sono testimonianze di una presenza millenaria, quella armena, e rappresentano con ogni probabilità il simbolo più armeno di tutti.

Della distruzione delle migliaia di khackhar di Djulfa siete ampiamente a conoscenza, dato che questi reperti storici di inestimabile valore erano stati dichiarati protetti proprio dall’UNESCO, e avevate realizzato diversi appelli per la loro protezione. Tali appelli furono platealmente ignorati dalle autorità azere.   

Purtroppo, come i tragici eventi delle ultime settimane hanno dimostrato, gli odiosi crimini contro gli armeni saranno destinati a ripetersi, se non verranno prese delle azioni concrete e credibili dalle istituzioni che ne hanno la responsabilità.  

Il patrimonio culturale rappresenta l’origine delle comunità. Sono parole vostre, ben visibili nel vostro sito. Su questo siamo tutti d’accordo: le comunità non sarebbero tali se non avessero un proprio patrimonio comune in cui riconoscersi, e grazie a cui spiegare la propria origine e la propria storia.

UNESCO, vi chiedo di fare il possibile per garantire la protezione e la salvaguardia del ricchissimo patrimonio culturale armeno, sparso per le montagne dell’Artsakh, prima che arrivino i bulldozer e la dinamite. La sua distruzione sarebbe una catastrofe non soltanto per il popolo armeno, ma per tutto il genere umano.

La protezione del patrimonio culturale degli armeni è una condizione necessaria e non negoziabile per la loro sopravvivenza come comunità.

(Guido Colantonio)