Il sogno di un popolo è vivere libero

25 anni fa, il 2 settembre 1991, il Nagorno Karabakh-Artsakh dichiarava democraticamente e legalmente la propria indipendenza

Il sogno di un popolo è vivere libero. Essere artefice del proprio destino, poter decidere il proprio corso senza dover sottostare al giogo di un tiranno, non importa se cresciuto nella stessa terra o nemico invasore.

Quando nel 1921 al Nagorno (Montuoso) Karabakh, antica terra armena e cristiana, fu imposto da Stalin di sottostare all’autorità del soviet dell’Azerbaigian, turco e musulmano, per l’Artsakh (nome originario della regione) cominciò un lungo e difficile percorso di privazione. La libertà di poter essere se stessi, armeni in terra armena, fu combattuta da quell’odio azero che nei decenni a seguire tanti lutti provocherà.

Mai domi, mai sfiorati dall’ipotesi di rinnegare la propria cultura, la propria tradizione o il proprio credo religioso, gli armeni hanno saputo affrontare fra le aspre montagne del Caucaso meridionale le tante difficoltà che la storia e la politica ha purtroppo riservato loro per buona parte del Novecento.

Ma quel desiderio di libertà mai si sopì; rimase a covare sotto la cenere del regime sovietico e quando quest’ultimo cominciò a vacillare sotto i colpi dell’autodeterminazione dei popoli, riprese vigore ed entusiasmo. Le piazze si riempirono con centinaia di migliaia di persone, a Yerevan come a Stepanakert, i pugni al cielo urlarono l’armenità del Karabakh.

E quando il momento fu propizio, quando gli azeri si staccarono dall’Urss dimenticandosi che la legge avrebbe permesso all’oblast armeno di scegliere – democraticamente e legalmente – un’altra strada, ecco che arrivò infine la dichiarazione di indipendenza. Il sogno diveniva realtà, il popolo sceglieva il proprio destino.

Dal 2 settembre 1991 sono passati venticinque anni; cinque lustri caratterizzati purtroppo da altre sofferenze e dolore, ma anche dalla gioia della rinascita. Alle scelte democratiche gli azeri risposero nel 1992 con la guerra che decretò una nuova loro sconfitta, ancora di recente hanno cercato invano con la violenza delle armi di distruggere la libertà del Nagorno Karabakh, provocando altri lutti e distruzioni, ma senza scalfire l’orgoglio di un popolo.

Migliaia di giovani sotto i venticinque anni non hanno per loro fortuna conosciuto l’orrore del giogo azero e, anno dopo anno, aumenta sempre di più la percentuale di popolazione che è nata e vive in uno stato libero, indipendente e armeno.

Alla repubblica del Nagorno Karabakh rivolgiamo il nostro pensiero e formuliamo i migliori auguri per questo felice anniversario. Prima o poi arriverà anche il riconoscimento internazionale, ad oggi negato solo per ragioni politiche, economiche ed energetiche, ossia il petrolio azero e la forza dissuasiva turca.

Gli armeni dell’Artsakh attendono con fiducia quel pronunciamento che non è stato negato al Kosovo (per quanto scosso da scontri etnici nel nord del paese tra serbi e albanesi) o al Sudan del Sud dove una guerra civile produce ogni anno migliaia di morti. Per questi nuovi stati la comunità internazionale non ha esitato e li ha accolti, più o meno a braccia aperte, nel suo consesso diplomatico. Il Nagorno Karabakh, invece, ancora attende. Ma prima o poi, ne siamo certi, un suo rappresentante siederà all’ONU.

Viva il Nagorno Karabakh-Artsakh, libero, armeno e indipendente!

UN BREVE RIPASSO STORICO…

Quando il soviet azero decide di staccarsi dall’Urss con la dichiarazione del 30 agosto 1991 si dimentica della legge del 7 aprile 1990 (“Norme per la secessione di una repubblica dall’Unione Sovietica”): il testo normativo prevedeva che nel caso di fuoriuscita di una repubblica dall’Unione, le eventuali repubbliche autonome o gli oblast etnicamente ben definiti potevano scegliere democraticamente se seguire la repubblica secessionista o rimanere in seno all’Urss.

Sicché dopo il pronunciamento azero, a Stepanakert il soviet armeno si ritrova, servito su un vassoio d’argento, il pass per l’autodeterminazione che giunge pochi giorni dopo, il 2 settembre. Il 21 settembre sarà l’Armenia a lasciare l’Urss.

La decisione del Nagorno Karabakh viene ovviamente contestata dalla nuova repubblica di Azerbaigian; a Baku si accorgono del clamoroso autogol politico e provano a rimediare emanando una legge che toglie autonomia alla regione. Ma la Corte costituzionale sovietica, il 26 novembre, dichiara che l’Azerbaigian non ha più alcun potere al riguardo. Il 10 dicembre si tiene (sotto i missili Grad sparati dagli azeri sulla popolazione) un referendum che conferma la dichiarazione di settembre; il 26 dicembre si svolgono elezioni politiche e il 6 gennaio 1992 viene ufficialmente proclamato il nuovo Stato. Poche settimane più tardi gli azeri scateneranno una guerra che dopo quattro anni si concluderà con la loro disfatta.

APPROFONDIMENTI

La legislazione sovietica alla base dell’autodeterminazione del Nagorno Karabakh

Un parallelo tra Nagorno Karabakh e Kosovo

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