Così il dittatore dice no alla pace in Karabakh

Sorprendenti (ma ci saremmo stupiti del contrario…) dichiarazioni di Aliyev che chiude la porta in faccia ai negoziatori internazionali. La pace si allontana?

Confessioni del dittatore azero, Ilham Aliyev, al magazine Haqqin.az. Il padre-padrone dell’Azerbaigian, fresco reduce dal plebiscitario referendum che ha prolungato il suo mandato presidenziale di altri due anni, ammette che al tavolo dei negoziati  vengono fatte pressioni per un pubblico riconoscimento della repubblica del Nagorno Karabakh. «Siamo pressati» dichiara Aliyev che pure aggiunge di non poter rivelare altri particolari delle trattative per rispetto delle regole diplomatiche di riservatezza.

Dunque arriva una buona notizia dal Caucaso meridionale. I mediatori internazionali, Gruppo di Minsk in primo luogo, hanno capito che solo la riconosciuta indipendenza dell’Artsakh può essere la via da percorrere per una risoluzione pacifica della controversia. Né potrebbe essere diversamente.

La brutta notizia è invece il rifiuto dell’Azerbaigian ad accettare tale suggerimento.  «Fino a che siamo al potere, l’Azerbaigian mai acconsentirà a ciò» tuona Aliyev che ribadisce la teoria dell’integrità territoriale come unica ipotesi di soluzione negoziale. E considerato che tra lui e il padre la famiglia è da trenta anni  alla guida di Baku e che il primogenito fra qualche anno sarà pronto per la successione, ecco che questa dichiarazione  suona come un secco rifiuto a qualsiasi soluzione di pace.

E dire che lo stesso azero si era detto turbato da una recente dichiarazione del Segretario di Stato USA, John Kerry, che aveva affermato  che i leader di Armenia e Azerbaigian non sono ancora pronti  alla risoluzione del conflitto. «Accusare l’Azerbaigian di una mancanza di volontà di risolvere il conflitto è quanto meno sfacciataggine» aveva commentato a caldo  il presidente azero; salvo ribadire qualche giorno più tardi  il suo rifiuto alla trattativa.

Solo un folle o qualcuno con poca conoscenza della materia potrebbe mai pensare di portare  il Nagorno Karabakh sotto amministrazione azera. Dopo tutto l’odio armenofobo esibito negli ultimi anni dagli azeri, mutilazioni e decapitazioni di civili e soldati armeni, teste mozzate esibite da tronfi soldati di Baku addirittura premiati per il eroico gesto, pensare che la popolazione del Nagorno Karabakh possa essere amministrata dal regime dell’Azerbaigian è appunto follia o ignoranza.

Non sappiamo a quale categoria appartenga il dott. Antonciro Cozzi, laureato Luiss e analista per il think-thank  filo turco-azero “Nodo di Gordio”, che a Baku, a fine settembre, in una allegra rimpatriata fra amici del regime di Aliyev, ha scodellato la incredibile teoria dell’autonomia del Nagorno Karabakh in stile Trentino Alto Adige. Evidentemente troppo caviale fa male alla digestione e spinge a proporre  simili baggianate condite, così ci relaziona il noto Domenico Letizia nella sua corrispondenza dal Caspio, da una ricostruzione storico-politica del conflitto che denota quanto meno scarsa conoscenza della materia e un  appiattimento sulle posizioni nazionaliste del padrone di casa.

Il popolo del Nagorno Karabakh osserva dall’alto della propria cultura e fierezza. Non vogliono la pace? Peggio per loro!

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