Terza settimana di guerra. Un’analisi del conflitto

Si era aperta con una tregua fittizia e si conclude con una nuova tregua concordata per la mezzanotte del 18 ottobre. La terza settimana di guerra ha maggiormente evidenziato l’andamento sul campo di battaglia.

Innanzitutto, emerge con chiarezza l’intento azero di fare tabula rasa della regione. Non solo la capitale ma la maggior parte degli insediamenti civili vengono pesantemente bombardati. Danni alle infrastrutture ma anche e soprattutto alle civili abitazioni.

Il dato che l’Ombudsman dell’Artsakh comunica è che quasi il 60% ella popolazione è fuggito. Chi rimane e non combatte vive negli scantinati al riparo dai missili.

In tre settimane di guerra viene distrutto quanto era stato costruito in trenta anni di autodeterminazione. Non si hanno notizie precise sul palazzo del parlamento e su quello presidenziale o sull’università ma le immagini dei reportage dalla capitale sono emblematiche. Le sirene antiaeree suonano con sempre maggiore frequenza e le detonazioni accompagnano lo scandire delle ore.

Le operazioni militari sul campo si concentrano prevalentemente a sud (Fizuli, Jibrayl, verso Hadrut) e a nord. La situazione non è chiara ma da quanto si può capire gli armeni hanno arretrato alcune linee difensive preferendo arroccarsi in posizioni più idonee.

Ecco allora che arrivano i video del ministero della difesa azero che mostrano suoi soldati in penetrazione in alcuni villaggi nel settore meridionale e settentrionale.

A sud, la “liberazione” riguarda alcuni piccoli insediamenti praticamente disabitati e che erano rimasti diroccati dalla guerra di trenta anni prima; al nord pare che sia a Talish che a Mataghis le truppe azere siano entrate. Però non è dato sapere se ci sono rimaste; la mancanza di ulteriori prove documentali da parte del comando lascia ipotizzare che non vi sia uno stazionamento fisso.

Ciò è sostanzialmente spiegato dalla diversa natura che sta assumendo il conflitto: a parte una battaglia definita di violentissima intensità con mezzi blindati nel settore settentrionale il 13 ottobre, una buona parte delle attività militari non sono più condotte con carri armati e scontri frontali. Nel momento in cui le forze armate azere lasciano la pianura e cercano di salire per le colline e le montagne dell’Artsakh devono necessariamente cambiare strategia.

Ecco dunque operazioni con gruppi di incursori che avanzano ma senza occupare stabilmente alcune porzioni del territorio armeno. L’esercito di difesa dell’Artsakh sovente adotta la tattica di indietreggiare, far avanzare il nemico e poi colpirlo. Questa strategia rallenta sicuramente la tabella di marcia azera che riesce a ottenere poco dagli scontri. Tra l’altro ogni avanzata dovrebbe avere le spalle coperte con postazioni di rifornimento (di armi e carburante) ma sovente queste finiscono nel mirino della artiglieria armena.

Detto questo, è innegabile che nella terza settimana di guerra gli azeri abbiano conquistato posizioni. Lo ammette il presidente della repubblica Harutyunyan ma anche il premier armeno Pashinyan in un appassionato messaggio indirizzato alla nazione il 14 ottobre.

Non è però dato sapere quanto territorio sia stato lasciato agli azeri. Secondo alcuni analisti, dopo venti giorni di guerra, Baku avrebbe conquistato stabilmente una superficie pari al 2,5% dell’intero Stato; ovvero circa 250 chilometri quadrati, soprattutto nel settore meridionale.

Il 18 ottobre alle ore 00:00 locali entra dunque in vigore una nuova tregua umanitaria.

Riguardo alla situazione sul campo è significativa una dichiarazione che viene rilasciata circa 45 minuti dopo l’inizio del cessate-il-fuoco da parte del portavoce del presidente dell’Artsakh Vahram Poghosyan: egli assume che se l’Azerbaigian osserva il cessate il fuoco umanitario, l’Esercito di difesa dell’Artsakh sarà pronto a fornire un corridoio umanitario alle truppe azerbaigiane assediate.

Il che lascia supporre che in effetti vi siano sacche di incursori azeri penetrati nel territorio armeno rimasti isolati e quindi assediati. Questa comunicazione, rilasciata come detto poco dopo l’entrata in vigore della tregua umanitaria, fornisce una visione della situazione sul campo negli ultimi giorni di guerra.