Sono passati quasi dieci anni ma Manuel Saribekyan ha avuto giustizia. La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato all’unanimità l’Azerbaigian per la morte del ventenne del villaggio di Ttujur (Armenia nord orientale).
La corte ha dichiarato all’unanimità che ci sono state violazioni dell’articolo 2 (diritto alla vita) e dell’articolo 3 (divieto di tortura e maltrattamenti) della Convenzione europea sui diritti umani.
La corte ha riscontrato in particolare che i richiedenti Mamikon Saribekyan e Siranush Balyan (genitori del ragazzo) avevano sporto una istanza denunciando il fatto che il loro figlio, Manvel Saribekyan, era morto a seguito delle azioni violente di altri, in particolare del personale del dipartimento di polizia militare di Baku, dove si trovava in custodia. Gli esponenti rifiutavano di accettare come veritiera la versione degli eventi delle autorità azere secondo le quali il giovane si era tolto la vita da solo impiccandosi.
La CEDU ha obbligato l’Azerbaigian a pagare congiuntamente ai ricorrenti 60.000 euro per danni non patrimoniali e 2.200 euro per costi e spese.
Manvel Saribekyan, 20 anni, residente nel villaggio armeno di Ttujur (prossimo al confine con l’Azerbaigian), si era inavvertitamente smarrito nel territorio azero a causa delle cattive condizioni meteorologiche (fitta nebbia) l’11 settembre 2010. Fu catturato dagli azeri e tradotto a Baku. E’ morto in una cella della polizia militare il 5 ottobre 2010, venti giorni dopo la cattura.
Fu torturato e ucciso.
(nella foto il giovane fotografato “in posa” dalle autorità azere con il volto tumefatto, forse già senza vita; poco dopo sarà trovato “suicidato”)