Ma quali ribelli!

In queste ore tutti i media, anche radio televisivi stanno coprendo la notizia dei combattimenti in Nagorno Karabakh (Artsakh). Non sempre l’informazione è corretta, e per etichettare gli armeni della regione vengono usate varie espressioni quali “indipendentisti”, “secessionisti” e “ribelli”.

Possiamo pure convenire eventualmente sul primo termine.

Quanto al secondo invece, l’unica “secessione” fu quella della RSS Azera dall’Unione Sovietica a fine agosto 1991; la oblast autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO), in virtù della legislazione sovietica allora esistente (“legge 7 aprile 1990, “Norme per la secessione delle repubbliche dall’Urss”), rimase nell’Unione e – dopo conferma della Corte costituzionale di Mosca (nov. 1991), referendum  ed elezioni politiche (dic. 1991) proclamò il nuovo Stato (6 gen. 1992). Gli armeni dell’Artsakh non sono dunque giuridicamente dei “secessionisti”

Assolutamente fuori luogo il termine “ribelli utilizzato da alcuni media”: ribelli di che cosa?

Da quasi trenta anni la repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) è uno Stato de facto con proprie istituzioni, regolari elezioni politiche, un livello di democrazia sicuramente più elevato di quello azero.

L’Azerbaigian reclama quel territorio che non ha mai fatto parte ufficialmente della repubblica azera post Urss e alla quale fu donato da Stalin nel 1921.

Ribelle” significa letteralmente “colui che riprende la guerra” ma le vicende del Caucaso meridionale ci dimostrano chiaramente che non sono gli armeni a volere la guerra contro un nemico che oltretutto spende miliardi di petrodollari per acquistare sempre più moderni e micidiali armamenti; e anche “colui che non vuole sottomettersi all’ordine precostituito” che, come abbiamo visto, non è certo quello che vorrebbe imporre Baku che non ha alcun diritto su quel territorio.

E’ necessario che i media facciano bene attenzione nell’uso dei termini perché utilizzare quelli della propaganda azera significa dare manforte al regime di Aliyev.

Lo deve fare, se non altro, per solidarietà di categoria professionale visto che l’Azerbaigian nella classifica Freedom press index figura al 167° posto su 180 nazioni e le carceri di Aliyev sono piene di colleghi giornalisti.