SEGNALI DI TREGUA, MA GLI AZERI SPARANO ANCORA. GLI SFORZI DEI MEDIATORI INTERNAZIONALI PER FAR CESSARE LE OSTILITA’

Le parti raggiungono un’intesa per fermare i combattimenti ma poche ore dopo gli azeri ricominciano i tiri verso il territorio armeno. Le minacce del presidente turco Erdogan e i miliziani dell’Isis a fianco dell’esercito di Baku

Segui QUI tutti gli aggiornamenti

Deboli segnali di tregua giungono dal Nagorno Karabakh dove dalla mattina del 2 aprile le forze armene fronteggiano il tentativo di invasione degli azeri che con un consistente spiegamento di uomini e mezzi hanno invano cercato la soluzione militare del contenzioso nonostante gli appelli al dialogo dei mediatori internazionali.

Nella serata di martedì 5 aprile la situazione vede il pressoché totale arretramento degli azeri alle posizioni iniziali oltre la linea di contatto. La penetrazione di sabato scorso nel territorio del Nagorno Karabakh è stata annullata dall’esercito di Difesa del NK che ha circondato le ultime sacche di resistenza azera.

Il bilancio dei caduti è ancora approssimativo; nella giornata è circolata la notizia che gli azeri avessero perso quasi duemila uomini, cifra probabilmente esagerata; di certo è che i caduti dell’Azerbaigian sono svariate decine, un conteggio più corretto parla di oltre duecento, mentre quelli armeni (ufficialmente 26) dovrebbero aggirarsi intorno ai settanta uomini. Decine i feriti. Gli azeri nelle loro incursioni hanno perso almeno trenta carri armati, due elicotteri, diversi veicoli e armamenti (lanciafiamme multipli TOS e lanciarazzi Grad) oltre a sette droni.

La ritirata dalle zone occupate dagli azeri ha evidenziato scene di crudeltà come la strage dell’anziana famiglia Khalapyan sui cui corpi si sono accaniti gli assassini, forse terroristi dello Stato Islamico visto che si sono moltiplicate le voci e le prove di guerriglieri provenienti da Rakka coinvolti nelle operazioni militari al fianco degli azeri.

Parallelamente alla ritirata dal territorio armeno, i militari dell’Azerbaigian hanno cominciato a colpire gli insediamenti civili con razzi sparati da oltre confine, fortunatamente senza arrecare nuove vittime alla popolazione; nella notte Baku ha utilizzato anche lancia razzi “Smerch”con gettata di cento chilometri. Alla minaccia di colpire la capitale del Nagorno Karabakh Stepanakert, Yerevan ha risposto avviando l’Osce delle conseguenze irreparabili di un tale atto criminale.

Dall’Armenia e dalla Diaspora armena sono giunti molti volontari per unirsi all’Esercito di difesa del Nagorno Karabakh; ma ad oggi il supporto logistico dell’Armenia è stato limitato e il piccolo esercito del NK è riuscito a fronteggiare da solo l’avanzata azera ricacciando indietro gli occupanti e dimostrando, dopo lo sbandamento iniziale per l’effetto sorpresa, di avere ottime capacità di combattimento e soprattutto una motivazione (la difesa della libertà della propria patria) che ai nemici manca.

Mentre l’Osce annuncia l’arrivo il 9 aprile dei co-presidenti russo e francese nella regione e riunisce a Vienna tutti i Paesi membri del gruppo di Minsk, mentre tutta la comunità internazionale lancia appelli alla fine delle ostilità, gli azeri hanno nuovamente ripreso lanci di razzi non solo verso la regione di Martakert ma anche, fatto grave perché estende la portata del conflitto, verso la regione di Tavush nell’Armenia nord orientale dove ieri sera un soldato armeno è stato ferito.

Gli Stati Uniti intanto chiedono di riaprire il negoziato sulla base del Processo di Minsk mentre destano preoccupazione in tutta la comunità internazionale le minacciose dichiarazioni del presidente turco Erdogan.