L’aggressione azera: la guerra dei quattro giorni (aprile 2016)

Nella notte tra il primo e il 2 aprile 2016, le forze armate azere sferrano un improvviso e violento attacco contro tutta la linea difensiva della repubblica del Nagorno Karabakh utilizzando un ingente numero di mezzi terrestri trasporto truppe, decine di carri armati, numerosi elicotteri e centinaia di soldati.

In quelle stesse ora sia il presidente dell’Armenia (Sargsyan) che quello dell’Azerbaigian (Aliyev) sono a New York per partecipare a una sessione dell’Onu sulla sicurezza nucleare. Alcuni osservatori internazionali, anche in Italia, hanno legato l’attacco azero alla decisione di Aliyev di coprire con tale azione le notizie sul coinvolgimento della sua famiglia nell’affaire denominato “Panama Papers”: la pubblicazione dei nomi avverrà il 3 aprile mentre infuriano i combattimenti e la cronaca è occupata dalle gravi vicende belliche.

 

STRATEGIA DI ATTACCO

Le forze azere di aggressione concentrano l’azione nel settore nord orientale e in quello meridionale, mentre scarsa attività viene rilevata nella porzione centrale del confine fra i due stati. L’Esercito di difesa del NK fiuta la trappola e mantiene comunque un forte presidio in quella fascia: la capitale Stepanakert si trova a trenta chilometri di distanza ed è facilmente raggiungibile da una forza di invasione lungo la piana di Askeran. Le postazioni di difesa di prima linea a nord e sud sono dunque costrette ad arginare da sole l’avanzata nemica in attesa che la seconda e la terza linea intervengano. Dal territorio dell’Azerbaigian piovono razzi Smerch a lunga gittata mentre l’Azerbaigian impiega droni esplosivi di fabbricazione israeliana.

L’Armenia si mobilita e centinaia di volontari (anche reduci della guerra di liberazione dell’Artsakh) raggiungono la zona degli scontri. Dalla Turchia il presidente Erdogan proclama il pieno sostegno all’Azerbaigian e il rischio di un allargamento del conflitto su scala regionale con il coinvolgimento anche di altre nazioni è molto forte.

ANDAMENTO DEL CONFLITTO

Gli azeri penetrano a nord e occupano il villaggio di Talish; alcuni drappelli riescono ad avvicinarsi all’insediamento di Mataghis che è sottoposto comunque a bombardamenti. Missili anche sul capoluogo regionale Martakert. All’estremo sud viene occupata l’altura di Leletepe.

Dopo lo sbandamento iniziale della prima linea, le forze di resistenza armene lanciano la controffensiva e ricacciano oltre la linea di confine gli invasori ai quali rimangono solo pochi chilometri quadrati nel settore nord orientale e la citata altura a sud. Decine di carri armati vengono distrutti e due elicotteri abbattuti.

Il 5 aprile, sotto la spinta della Russia e l’appoggio degli altri Paesi del Gruppo di Minsk, le parti raggiungono un accordo per sospendere ogni belligeranza. Nei giorni successivi si susseguono azioni azere di provocazione che provocano ulteriori vittime ma progressivamente la tensione scema.

BILANCIO DEL CONFLITTO

Il bilancio del conflitto non è preciso, in assenza di dati certi. L’attacco azero di aprile avrebbe provocato 90 vittime fra le fila armene e alcune centinaia fra quelle avversarie. Numerosi i cittadini del Nagorno Karabakh rimasti colpiti dall’aggressione. Fra i primi a cadere un bambino di dodici anni ucciso dalle schegge di un razzo azero sparato contro la scuola del suo villaggio nella regione di Martuni. Altri civili vengono brutalmente ammazzati nel villaggio di Talish. Decine di soldati azeri rimangono sul campo colpiti nel vano tentativo di penetrare nel territorio armeno.

VIOLAZIONI DEI DIRITI UMANI

Nel corso della loro azione le truppe azere, rinforzate da combattenti provenienti da territori controllati dall’Isis, si lasciano andare ad azioni brutali verso civili e militari armeni. Molti corpi vengono torturati e mutilati, alcuni soldati armeni vengono decapitati e la loro testa portata in trionfo. Tali imprese vengono esaltate dai media e dalle istituzioni azere.

Nel dicembre 2016 l’Ombudsman della repubblica del Nagorno Karabakh pubblica un secondo rapporto nel quale vengono evidenziati trentuno casi di acclarata brutalità e violazione dei diritti umani nonoché delle convenzioni internazionali.

QUI IL RAPPORTO SULLE BRUTALITA’ AZERE