L’Italia si è dimenticata del popolo armeno?

L’altro giorno abbiamo pubblicato sulla nostra pagina FB un post sulle dichiarazioni, a nostro avviso di dubbia interpretazione, dell’ambasciatore italiano a Baku.

Ci pare ora opportuna una libera riflessione sulla nostra rete diplomatica nella regione con la premessa, fondamentale, che non stiamo a disquisire sulle singole persone ma vogliamo semplicemente informare sulla situazione delle rappresentanze italiane in Armenia e Azerbaigian. Né tanto meno è nostra intenzione dar vita a ragionamenti politici che esulano dal nostro perimetro di valutazione.  E però:

  1. L’ambasciata italiana in Armenia è priva da alcuni mese del titolare. L’amb. Del Monaco, infatti, il 2 ottobre è stato nominato rappresentante dell’Osce a Tirana e l’ambasciata italiana, oltretutto in un momento così delicato, è rimasta priva del suo rappresentante che agli inizi di novembre ha salutato ufficialmente il premier Pashisnyan. Perché questo lungo buco diplomatico in un momento così delicati per gli equilibri politici nella regione?
  2. Perché sulla pagina FB dell’ambasciata italiana in Azerbaigian c’è la foto della torretta del Quirinale con a fianco la bandiera azera (sic!), mentre sulla pagina della sede in Armenia compare la foto della Farnesina? Quasi tutte le pagine delle rappresentanze diplomatiche italiane hanno la foto della loro sede che, ovviamente, è sita in ville o palazzi di prestigio. Passi per la Farnesina, ma che cosa sta a significare una (brutta) foto della torretta quirinalizia (con tanto di vessillo del presidente) a fianco della bandiera azera (c’è anche quella europea, ma questo è più comprensibile visto che facciamo parte dell’Unione). Tra l’altro l’ambasciata ha da ottobre una nuova bella sede e farebbe bene a pubblicizzarla.
  3. Attesa la situazione di sede vacante in Armenia, è normale che l’attività su FB della nostra ambasciata sia praticamente ridotta a zero? Che non sia stato rilasciato in questi mesi un solo commento sulla situazione, un solo messaggio di vicinanza al popolo armeno che, tra Covid e guerra, ha vissuto e sta vivendo momenti molto difficili? Un post a novembre (i saluti dell’ambasciatore a Pashinyan), tre a dicembre (telefonata fra ministri Esteri, visita Sottosegretario Di Stefano e catalogo culturale), niente nel 2021…
  4. È evidente la sperequazione con l’attività su FB della sede a Baku: due post a novembre, undici a dicembre, cinque a gennaio… Diciotto in tutto anche di carattere politico. In Armenia tutto fermo?
  5. Perché dalle istituzioni italiane non giungono messaggi di solidarietà alla popolazione armena che possano in qualche modo riequilibrare una politica di evidente vicinanza alle posizioni turco-azere? L’arte della diplomazia permette di poter sostenere una posizione senza automaticamente scontentare un’altra. C’è il problema dei prigionieri di guerra, la preservazione del patrimonio culturale e religioso armeno nei territori ora controllati dall’Azerbaigian: non si riesce a concepire un diplomatico messaggio di vicinanza, magari rilanciando qualche post di organizzazioni internazionali come l’Unesco?

Queste sono note scritte da cittadini italiani ai quali così appare la situazione della nostra rete diplomatica nella regione da una semplice carrellata su questo social.

Sostenitori della causa del Nagorno Karabakh-Artsakh e contrari alla dittatura azera, siamo consapevoli dei delicati equilibri internazionali che il nostro Paese deve mantenere nonché dei legami economici ed energetici (che tuttavia non possono annullare i valori di democrazia e libertà che stanno alla base della nostra Costituzione nonché del consesso europeo del quale l’Italia fa parte e che devono essere sempre tenuti presenti anche quando si fanno affari…).

Tuttavia, questa è la situazione che ci si presenta davanti; non conosciamo retroscena diplomatici e politici ma ci pare che il trattamento riservato alle due parti in causa sia sbilanciato a favore di una piuttosto che dell’altra.

Ci sembra che in nome degli affari si parteggi per una dittatura che è agli ultimissimi posti nel “Freedom press index” 2020 e riempie le prigioni con giornalisti e oppositori politici; un Paese, l’Azerbaigian, che ha scatenato una guerra in piena pandemia nonostante l’appello del Segretario delle Nazioni Unite e non ha esitato a infiltrare nel Caucaso, alle porte della nostra Europa, mercenari jihadisti tagliagole; che ha permesso che chiese cristiane venissero bombardate e profanate; che tiene ancora oggi centinaia di soldati armeni prigionieri di guerra infischiandosene degli appelli internazionali, che  rifiuta di accogliere la missione Unesco per la verifica della situazione dei monumenti armeni nei territori occupati.

Questo ci sembra, da profani cittadini: che l’Italia non stia capendo quanto è pericoloso l’asse turco-azero e la rinnovata idea di un nuovo impero ottomano. E come l’Armenia possa essere l’ultimo baluardo da difendere a tutti i costi.

Ci piacerebbe che l’Italia si dimostrasse un po’ più vicina alla nazione armena e desse concretezza alle parole del presidente Mattarella in occasione della sua visita in Armenia due anni fa.

A volte basterebbe anche un semplice post sui social per provare a dare un segnale…